il mio amor proprio è molto irritato, così ho deciso di
vendicarmi collo spogliarti di ciò che hai di meglio in casa. Io voglio
essere pagato dei due talleri che ho imprestati a tuo nonno. Questo
malanno accaderà ben tosto, e tu avrai a rimproverarti di non averlo
impedito mentre lo potevi, giacchè era mia intenzione di assolvere il
debitore, se tu fossi stata docile a quanto ti veniva proposto.
Cecilia se ne andò tutta intimorita per la minaccia di Tribolo, pensando
con sorpresa al debito del nonno, che essa ignorava. Tuttavia non disse
nulla in casa, perchè delle afflizioni e dei guai ve n'erano abbastanza.
Da cinque o sei giorni la mancanza d'ogni cosa necessaria si faceva
crudelmente sentire. La madre si era alquanto ristabilita in salute, ma il
lavoro le era venuto meno. Antonio, per quanto s'ingegnasse, non
riusciva a procurarsi che pochi centesimi, e Cecilia riscuoteva la scarsa
mercede del suo lavoro in fine di settimana. Il freddo era rigoroso, e si
penuriava di legna, di vestito e di calzatura. Il pane a rigor di termine
mancava. Cecilia diventò pensierosa, taciturna, e sbandì affatto il riso
dalle labbra. La poveretta paventava di vedersi da un momento all'altro
sequestrata, per ordine di Tribolo, la poca roba buona che ancora
rimaneva in casa. Essa pensava che avrebbe potuto allontanare quella
nuova sventura, e rimediare in parte alle altre che travagliavano la sua
misera famiglia. Quantunque abborrisse da questa idea vergognosa,
pure doveva ascoltarla suo malgrado, perchè le assediava la mente in
casa, lungo la strada e durante il lavoro.
Una sera, verso la fine di gennajo, la fanciulla, tremante dal freddo e
colla fame in corpo, veniva dalle sue occupazioni ed entrava nella sua
squallida camera, sperando di scaldarsi un poco e di sedere alla povera
cena consueta. Non vi era nè fuoco nè cibo di sorta. I due fanciulli non
erano andati quel giorno alla scuola infantile per la molta neve caduta e
per le loro scarpe estremamente sdruscite. Laonde avevano perduta la
solita minestra dello stabilimento, e piangevano di fame. La madre, che
pativa per sè medesima e per essi, procurava di consolarli, dicendo loro
che la provvidenza non avrebbe tardato a venire. La provvidenza era il
nonno Antonio, che fino dal mattino lavorava a sgombrare le strade
della neve per guadagnarsi una lira dal Municipio. Cecilia stette seduta
alquanto in un angolo, col cuore angosciato e col capo nascosto in
grembo. Quivi si levò improvvisamente, e disparve della camera.
Quando rientrò, dopo cinque minuti, parve lieta ed espansiva, fece
coraggio alla madre, baciò i fratellini, e disse che il domani le cose
sarebbero andate meglio. Questo buon umore non durò che pochi
istanti per dar luogo al più tristo abbattimento. La fanciulla impallidì,
ricadde nel silenzio e, grado grado, passò dai sospiri al pianto. La
madre, stupefatta ed inquieta di tale contegno, si fece ad interrogarla
ora con dolce ed ora con severa insistenza, e venne a sapere la verità.
Cecilia, nella sua disperazione, era corsa da Tribolo per dirgli che il
giorno vegnente si sarebbe venduta all'uomo che la chiedeva. Qui ebbe
luogo tra la madre e la figlia una scena delle più commoventi. Nè l'una
nè l'altra non avevano più fame nè freddo, ma strettamente abbracciate
piangevano quelle lacrime sante che il pentimento di un obbrobrioso
consiglio, l'idea della virtù in pericolo, e l'orrore di una colpa non
ancora consumata fanno versare alle anime buone. La madre sentiva di
non aver mai tanto amato la sua figlia come in quel momento solenne
che la teneva ancor pura fra le braccia, e salva della caduta. La figlia
sentiva più vivo l'affetto verso la madre, perchè le aveva aperto gli
occhi e compatita del suo traviamento. Non vi era bisogno di
rimproveri, giacchè la fanciulla col rossore del viso, col tremito della
persona e colla voce spezzata dai singulti, manifestava abbastanza il
suo pentimento, e faceva credere che anche di proprio impulso avrebbe
rigettata quel reo partito preso in un istante di disperazione. Intanto
comparve Antonio mezzo intirizzito, ma tuttavia sorridente e contento
di poter deporre sulla tavola due grossi pani di mistura, alquanti pomi
di terra cotti, tre once di zucchero ed altrettante di formaggio. La carta
che involgeva lo zucchero non aveva nulla da invidiare per grossezza e
grandezza a quella che involgeva il formaggio. Sì l'una che l'altra
dovevano pesare un quarto della merce contenuta. I signori pizzicagnoli
e droghieri non si fanno scrupolo di vendere così la carta dieci volte più
del suo valore, e di affibbiarne la maggior parte ai poveretti che
sogliono comperare i generi al minuto.--Ecco qua, disse il buon vecchio
mostrando la provvigione, ecco qua la spesa fatta col guadagno delle
mie braccia, che hanno ammucchiato non poca neve. Domani e l'altro
vi sarà lo stesso impiego, giacchè non cessa
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