La maggior parte dei bisognosi, a cui si offrissero danari in
prestito, accetterebbero sul momento senza pensare al come poterli
restituire. Costoro tirerebbero in lungo il debito fino all'infinito, colla
scusa sincera della propria impotenza a pagare, o coll'audace pretesto
che essi non avevano già domandato di farsi debitori. Antonio avrebbe
accettato un'elemosina, ma pensava che un prestito gli avrebbe turbata
la quiete e levato il sonno. Dopo alcuni giorni accadde che sua figlia si
ammalò in conseguenza del troppo lavoro, e dell'affanno sofferto per la
morte del marito. Egli si sentiva straziare l'animo al vederla priva di
cibi sostanziosi, con una coperta leggera sul letto e coi lenzuoli laceri,
perchè i buoni erano stati messi in pegno. Allora si ricordò dell'offerta
fattagli da Tribolo, e non potè resistere alla tentazione di giovarsene per
provvedere ai bisogni dell'ammalata. Contraendo questo debito, egli si
proponeva di nasconderlo alla famiglia, e di pagarlo quando avrebbe
radunata la somma col deporre in un salvadanajo ciò che potrebbe
spizzicare da' suoi eventuali guadagni. Ci voleva molto tempo a mettere
insieme due talleri soldo a soldo, ma egli si ricordava altresì di potersi
pigliar comodo alla restituzione. I due talleri furono sborsati da Tribolo
con un piacere, che Antonio non provò l'eguale a riceverli. E sì che il
buon vecchio vedeva in quelle monete il mezzo di confortare la sua
cara figlia. Giacchè non voleva dire d'averle avute in prestito,
bisognava che inventasse una favola per giustificare la loro provenienza.
Egli entrò dunque facendole ballare in mano, e dicendo tutto allegro
che la provvidenza gli aveva fatto vincere un ambo al lotto. Sì, un
ambo al lotto, replicò egli per dissipare l'incredulità della figlia. Io non
giuoco mai, è vero, ma questa volta mi venne l'inspirazione di giuocare
i numeri di un sogno, e la fortuna mi ha favorito. Grazie a tale fandonia,
l'ammalata si consolò, i lenzuoli furono disimpegnati, e per qualche
giorno v'ebbe in casa provvigione del necessario.
Cecilia, la nipote di Antonio, l'operaja alla fabbrica dei tabacchi è una
bella fanciulla, bionda di capegli, bianca di carnagione, e delicata di
forme come una figlia di nobile razza. Non dispiaccia alle contessine e
alle marchesine questa mia asserzione, e non l'abbiano per ardita e
profana, essendo una verità incontrastabile. Anzi vi sono contessine e
marchesine meno bianche e meno delicate di lei. Se vogliono
assolutamente aversene a male del paragone, pensino per calmarsi, che
Cecilia porta i zoccoli di legno ed una veste di cotone rattoppata, che
mangia pane bigio quando ne ha, e che lavora a fare quei sigari che per
avventura sono fumati dai galanti giovinotti che aspirano alle loro
grazie.
La venuta di Cecilia in questa casa aveva destato la curiosità, la
maraviglia e l'interessamento di tutti i pigionali. Uomini e donne
parlavano della giovinetta bionda, spiavano l'occasione di vederla, di
salutarla e di fare la sua conoscenza. Dire i pettegolezzi, i comenti e le
supposizioni fatte pro e contro di lei, sarebbe cosa impossibile. Della
sua bellezza tutti convenivano, e della sua virtù i buoni soltanto. Chi
era cattivo, la somigliava a sè stesso, per la sola ragione che abitavano
sotto il medesimo tetto. I buoni si consolavano di aver comune con lei
l'abitazione, parendo loro che la sua presenza ne avrebbe purificato
l'atmosfera infetta. I cattivi volgevano nell'animo pensieri e disegni
proprj della loro natura. Due mariuoli si proponevano di sedurla,
ciascuno per suo conto, e principiarono sfacciatamente le loro manovre.
Una vecchia peccatrice le sorrideva e cercava di amicarsela colla mira
di darla in braccio a qualche libertino che pagasse bene il servizio. I più
discreti si contentavano, incontrandola, di farle un vezzo villano, e di
dirle certe parolaccie che la facevano arrossire come una bragia. Povera
colomba, fra quali corvi era caduta!
Il più astuto e maligno di questi corvi era Tribolo, il quale per circuire
ed insidiare una preda nessuno lo superava. Non è già che egli fosse
invaghito di Cecilia, e che operasse per soddisfare una sua voglia
amorosa. Tribolo non aveva nessuna inclinazione per le donne, e
fossero pur belle come Venere, non gli destavano il più piccolo
desiderio. La sua grande ed unica passione, quella che gli teneva luogo
di tutte, era l'amore del danaro. Egli dunque insidiava Cecilia per
commissione altrui; era il bracco del cacciatore. Un ricco bottegajo dei
dintorni aveva veduto la fanciulla, e concepito un'ardente brama di
possederla a suo modo. Costui apparteneva alla specie di quegli
attempati libertini, che la morte soltanto può guarirli della lussuria.
Uomo dai quarantacinque ai cinquant'anni, grosso e tarchiato, colla
faccia salsedinosa e bernoccoluta, goffo di parole e di maniere, non
aveva altro mezzo di vincere una donna fuorchè quello delle monete.
Laonde tutte le sue conquiste erano fatte nella classe delle giovani
bisognose, e per mezzo ancora di torcimani, che parlassero in suo
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