Storia di unanima | Page 2

Ambrogio Bazzero
nella cripta al chiarore delle torcie. A Ferrara, entrando nella celletta di Sant'Anna, mi accorsi ch'egli tremava di commozione, e pallido lo vidi uscire dal carcere ove fu chiuso il povero amante di Parisina. E intanto preveniva nuove emozioni desiderando, sognando Venezia e i quadri del suo Tintoretto, sul quale aveva due anni prima scritto il suo prediletto dramma.
Non so dire se pi�� dell'arte egli amasse la libera natura, Fin da fanciullo ebbe sotto gli occhi i malinconici dintorni del suo Limbiate e i grandi boschi di pino silvestre che coprono una vasta zona dell'alto Milanese, luoghi di caccia una volta e di sontuose villeggiature, oggi ingiustamente abbandonate. Per quei boschi, nati nell'ingrato solco della sodaglia, i sentieri si avviluppano in un inestricabile labirinto di selve, fra eserciti agglomerati di conifere, sottili, diritte, vicine, che quasi si toccano, che tolgono la luce del cielo o la lasciano solamente biancheggiare fra ciuffo e ciuffo pallidamente. E scendono e salgono le viottole in un mare di eriche e di felci. Stride la gazza, passa a volo, e va squassando le ali a posarsi sull'orlo d'un laghettone, in cui la piova del bosco si riversa in uno stagno viscido e giallastro che dorme nel silenzio verde della pineta. Tu vai e vai per miglia e per ore e non trovi che solchi, avvallamenti e nuovi eserciti di pini scaglionati su una vetta, talch�� ora ti pare d'essere a un valico alpino, ora in un parco reale, ora in un deserto. Non una voce odi, non un fiato, se non �� quello del vento che passa al disopra: o tutto a un tratto lo scoppio aspro d'un fucile e il frascare d'un cane. Vai ancora. Il bosco si schiarisce.
Al di l�� scorgi un non so che di bianco. �� un cimitero abbandonato, sepolto nel verde, dove vorresti sdraiarti tutto supino, colle mani in croce, e chiudere gli occhi, e dormire, dormire nel seno molle della madre terra.
Fra questi boschi era solito errare il giovinetto colla mente accesa dai tanti romanzi storici che noi tutti in quegli anni abbiamo avidamente cercati. E il bosco a lui pareva d'un subito che si popolasse di cavalieri erranti, armati di ferro, di donzelle bionde e di tutti i pi�� bei fantasmi che uscivano soltanto al tocco degli antichi liuti.
I boschi non soffrono d'anacronismo e a chi le chiama bene vengono incontro anche le vergini amadriadi.
Il romanticismo vinceva negli anni che corrispondono alla giovinezza d'Ambrogio Bazzero le sue ultime battaglie, accompagnando il frastuono delle battaglie vere per la patria. Tutti abbiamo avuto, qual pi�� qual meno, qualche castello nel cuore e una spada di Toledo nel pugno. I pi�� giovani, i pi�� timidi erano i pi�� leggieri alle immaginazioni. Il Bazzero, d'ingegno facile, senza le noiose distrazioni del bisogno, con un'anima semplice, con tanto medioevo appiccato alle pareti del suo studio, pot�� meglio di molti altri ricreare quel mondo morto intorno a s��. N�� lo ricreava per sola vaghezza d'antiquario, come si disse, ma perch�� gli pareva che in quel mondo astratto i suoi sottili ideali respirassero meglio che nell'aria grossa della realt�� pregna di cose. Da questo raccoglimento usc�� il suo Buondelmonte, l'Angelica Montanini e l'Ugo, in cui la conoscenza dei tempi e dei costumi �� cos�� ricca e precisa e i rapporti cos�� studiati nella lontananza dei tempi, che il lettore moderno, sorpreso dal gran numero delle evocazioni rimane confuso, e accusa d'oscurit�� e di confusione un'arte che ha il difetto di essere troppo minuziosamente precisa.
Ma chi ha tanta pazienza di rileggere e d'aspettare che l'impressione si snodi trova cento luoghi d'ammirare e finisce col sentire in s�� la forza e l'anima dei tempi. Nell'Ugo specialmente, romanzo che stanc�� lo stesso autore, l'impressione finale �� propriamente quella di sentirsi sotto il peso cupo del pi�� cupo secolo della nostra storia, il decimo.
Chi pi�� di tutti sentiva il fascino di queste risurrezioni era l'autore, quando si svegliava dalla sua meditazione con tutte le prove vive e parlanti intorno a s�� dell'opera sua.--Chi pu�� capire la potenza di certe mie pagine?--scriveva nel libro dell'Anima, in un sincero abbandono con s�� stesso; non fa meraviglia, quindi, che al vedere gli amici suoi impassibili o indifferenti, il pubblico non curante, la critica scempia e ingiusta, provasse tanto dispetto da buttar via la penna, da chiudere i libri negli scaffali, da maledire le sue armi, le sue notti perdute. Erano i mesi dello sconforto: poi ritornava da capo, e avrebbe vinta la partita, son certo, se la morte non avesse voluto vincere prima di lui.
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Di questi scritti che non fanno parte del presente volume, e che bene o male appartengono gi�� al pubblico da molti anni, dir�� soltanto quel che importa per la migliore conoscenza dello scrittore, augurando che la devozione di chi volle raccolti questi primi fogli consigli a
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