Speranze e glorie; Le tre capitali | Page 9

Edmondo de Amicis
quali, per l'indole della loro educazione e per i pregiudizi connaturati
allo stato presente della società, rifuggirebbero dal lavoro meccanico; e
s'avrà allora un proletariato borghese non meno temibile, benchè men
numeroso, anzi più potente e più attivo perchè più colto, di quel della
plebe. Ma egli è già tale, e non più legato che da un così tenue vincolo
di tradizione e d'interesse con la classe superiore, che è diventato in
qualche paese una delle forze più vive del socialismo, un focolare
spaurevole di malcontento e di ribellione acceso nel seno stesso della
borghesia. Che se per ora, e fra noi specialmente, si fa meno avvertire,
perchè è sparso e dubitante e perchè, trovandosi i suoi elementi in più
diretta dipendenza dai privilegiati della fortuna, corrono maggior
pericolo d'esser segnati e buttati sul lastrico, lasciate che scemino i suoi
timori e ingrandiscano le sue speranze con l'allargarsi del socialismo
nella moltitudine, nel parlamento e nella stampa, e vedrete come leverà
il grido delle rivendicazioni, senza che gli si possa negare il diritto di

levarlo. Non date dunque ascolto a chi vi dice che la quistione sociale
non è che una quistione operaia ed agricola: il che sarebbe già qualche
cosa, mi sembra; no, è la quistione di tutti, fuorchè di un pugno di
ciechi e di sordi.
Altri vi dicono:--A che pro occuparvi della quistione sociale? Essa è
antica come il mondo. Non mutano che i nomi: invece di schiavi, servi;
invece di servi, salariati; i vinti della lotta darwiniana hanno sempre
empito il mondo delle loro querele. Il socialismo rimarrà nello stato
permanente di spauracchio e di freno all'individualismo prevaricatore, e
sarà bene; ma null'altro. La miseria del maggior numero, come disse il
Thiers, è nel piano della Provvidenza.--Domandate prima di tutto a
costoro se la Provvidenza abbia mai fatto vedere al Thiers o ad altri il
suo piano. Quanto alla teoria del Darwin, contentiamoci di domandare
se le leggi della lotta fra le razze inferiori s'abbiano da riferire
all'umanità, nella quale i vinti, che invece di sparire, si moltiplicano,
non avrebbero che da unirsi, e lo possono, perchè i vincitori svaniscano
come un nuvolo di polvere nell'uragano. Dicono:--la quistione è antica
quanto il mondo.--E sia concesso. Ma quel che non è antico quanto il
mondo è il grado a cui è pervenuto lo svolgimento del principio
dell'uguaglianza, che è il fatto più generale, più costante, più ribelle a
ogni umana opposizione che si conosca nella storia. Quel che non è
antico come il mondo è la coscienza acquisita dell'uguaglianza civile e
politica, che fanno sentire più profondamente che mai le disuguaglianze
economiche; è la cultura maggiore che acuisce nelle moltitudini tutti i
patimenti dell'animo derivanti, dallo spettacolo delle troppo grandi
disparità delle classi; è la _miseria relativasmisuratamente cresciuta
col moltiplicarsi delle ricchezze e dei raffinamenti sensuali della vita in
un piccolo numero; è il decadimento progressivo di quello spirito
religioso di rassegnazione che faceva sopportare i mali presenti con la
speranza di una ricompensa futura; è, infine, un clero di tutte le chiese
che, sollecitando delle riforme sociali, ossia riconoscendo che ai mali
della terra c'è rimedio, fa comprendere agli sfortunati, se non con le
parole, col fatto, che non si può pretendere da loro l'antica
rassegnazione.
Sì, la quistione sociale sarà antica come il mondo. Ma quello che è

nuovo è la gigantesca potenza accumulatasi con l'oro in mano di
cittadini privati, che s'alzano come sovrani in mezzo a popoli liberi,
che posseggono parti della loro patria vaste come Stati, che tengon
nella propria borsa la sorte di centinaia di migliaia d'uomini, che
possono turbare a vantaggio proprio gl'interessi d'un'intera nazione e
corrompere scopertamente moltitudini e poteri. Quello che è nuovo è
che di fronte a questi monarchi della ricchezza, e alle loro strapotenti
federazioni, che allargano intorno a sè come una landa sinistra la
servitù morale e il salariato, siano sorte delle società di settecento mila
lavoratori, delle «Unioni di mestieri» numerose come popoli e
organate come eserciti, che in tutte le città dei paesi civili, chiamati a
raccolta dalla grande industria, si vadano agglomerando i proletari in
battaglioni e in reggimenti, che s'intendono, si disciplinano, e
s'affratellano. Quello che è nuovo pure è che si raccolgano congressi
operai ai quali intervengono i delegati di diciannove nazioni,
rappresentanti cinque milioni di lavoratori; che vi sian paesi dove venti
città si dichiarino in favore del «socializzamento» della terra; che nel
paese più colto e più potente d'Europa si mandino al Parlamento
quaranta campioni della nuova idea, con maggior numero di voti che
non ne raccolga alcun altro partito della nazione; quello che è nuovo è
un accordo internazionale di agitatori che con una parola d'ordine
lanciata da Parigi a Sidney e da Berlino a Nuova York fa nello stesso
giorno dell'anno disertar gli opifici a nove milioni di

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