procreare altri infelici...
Tutti i sogni ridenti che aveva portati da Gradate erano dileguati;
pareva che gli avessero steso dinanzi un velo nero fitto.
Vedeva sè stesso debole, steso in una poltrona, e la sua bella sposa
dimagrita, curva sulla culla d'un bimbo moribondo, in una casa
malinconica...
Piangeva un pianto silenzioso, desolato; piangeva la sua salute perduta,
le sue speranze morte, il suo amore...
--Dovrò confessar tutto alla Maria ed a sua madre. Non voglio
ingannarle. In coscienza non potrei farlo. Se accetta di dividere la mia
vita di sventura...
Quella scena triste tornò a passargli dinnanzi al pensiero; e la Maria era
vestita a bruno, ed il bimbo moriva...
--Se accetta? Ma son io che non debbo accettare il suo sacrificio. Son io
che debbo rinunciare a sacrificare una povera giovane, a mettere al
mondo dei bimbi malati, ad eternare la disgrazia che pesa sulla mia
famiglia...
Sonò il tocco dopo mezzanotte. Alla metà di settembre le nottate
cominciano ad essere fredde. Marco sentì un brivido percorrergli le reni,
ed un impeto di tosse gli scosse un momento il petto. Crollò il capo,
come per dire: «Ecco, sono andato.»
Poi prese un foglio di carta e si mise a scrivere. La penna scorreva,
scorreva nervosamente, le righe si coprivano con grande rapidità, ed
intanto i singhiozzi lo scotevano tutto, e tratto tratto qualche lagrima
cadeva sul foglio. Si asciugava gli occhi perchè non ci vedeva più, e
tirava via a scrivere, a scrivere. Era un addio disperato, tragico, alla sua
sposa. Non doveva vederla più, ed esser forte. La sua coscienza glielo
comandava; voleva obbedire coraggiosamente, pel bene di lei. Poi
cominciava a dirgliene la ragione. E si fermava a piangere su quelle
morti immature, su quelle tombe, e s'inteneriva, e s'abbandonava a
ricordare i suoi sogni di felicità svaniti per sempre, a fare grandi
proteste d'amore e di devozione malgrado tutto, fino alla morte, alla sua
morte solitaria...
Traverso i vetri chiusi della finestra si vedeva già il bianco dell'alba che
non pareva ancora luce, e Marco non aveva finito di scrivere, e
piangeva sempre. Continuò ad accumulare le pagine, triste, desolato, ed
ogni volta che la brezza mattutina, gli dava un brivido, provava come il
terrore della morte.
Quando, più tardi, entrò nella camera della sua mamma, la povera
donna fu impaurita, tanto era pallido in viso, cogli occhi cerchiati e
profondamente mesti.
--Che cosa ti accade, Marco? Per carità! gridò balzandogli incontro.
Egli si lasciò andare come morto sopra una sedia, e cedette ancora ad
un impeto di pianto. Poi, facendosi forza, vergognoso di quell'atto di
debolezza, si asciugò gli occhi, cercò di rinfrancare la voce, e disse:
--Non è nulla, mamma; non istò male per ora; soltanto, sento una
sensazione di freddo in mezzo alle scapole, ed ho un po' di tosse...
La mamma si fece bianca bianca, ed un'espressione di inesprimibile
angoscia le alterò il volto. Aveva udite tante volte quelle parole!
--Ma da quando hai la tosse? domandò tutta tremante. Da quando ti è
venuto questo male?
--Chi lo sa? È il nostro male di famiglia; ne portiamo il germe
nascendo... Ma questo non importa, soggiunse Marco sedendo accanto
alla signora Bellazio, che a quel discorso era caduta sulla sedia in una
profonda desolazione. Non importa ch'io viva qualche anno più o meno.
Quello che mi affligge è di non averci pensato, avanti di contrarre
un'impegno colla Maria... Io non ho diritto di prender moglie per
trasmettere ai figli la disgrazia che ha colpiti tutti noi...
E le disse la sua risoluzione, tornando a commuoversi.
--Staremo fra noi, mamma. Mi assisterai tu come hai assistiti gli altri,
ed almeno non avremo rimorsi...
Le preghiere, le persuasioni della madre non valsero a nulla; era così
convinto di dover morire che si sentiva già staccato da tutto; studiava in
sè i sintomi del male, e vedeva coll'immaginazione il quadro della sua
fine.
Tutto quello che la signora Bellazio potè ottenere fu che non prendesse
una risoluzione prima d'aver parlato col medico.
Lei non poteva credere che Marco fosse malato.
--Sei sempre stato forte, andava ripetendo. È la prima volta che dici
d'aver la tosse. E poi, non rassomigli a nessuno de' tuoi fratelli, nè al
babbo, poveretto. Rassomigli a me che sono robusta. Ma che! Ma che!
Tu non hai nulla...
Il tempo incalzava. Si chiamò il medico il giorno stesso; il dottor
Andreoni, un vecchio che aveva assistiti tutti i figli ed il marito della
signora Bellazio. Egli fece una lunga oscultazione, esaminò il giovane
minutamente, e si mostrò soddisfatto del suo stato.
--Non solo non ha la menoma lesione ai polmoni, disse, ma non ha
nessuna disposizione ad averne. Ha un bel torace ampio, e
l'apparecchio respiratorio non potrebbe essere meglio costituito. Stai di
buon animo, figliolo. Potrai morire di qualsiasi male, perchè tutti si
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