miscela di latte e farina d'orzo; afferr�� colla sinistra il becco d'una gallina, e v'introdusse il bocchino del tubo; poi, premendo col piede un pedale, mise in moto una pompa, che mand�� la razione voluta dalla caldaia nello stomaco della bestia.
--Ecco, disse togliendo il tubo e passando ad operare il pollo della cella seguente. Per otto ore questa gallina �� provveduta.
--Non manger�� altro? domand�� il cuoco stupefatto.
--Ha avuta la sua misura rispose il pollaiolo. Guardate; ?Centilitri venticinque?; ed accenn�� una lastra di latta con quella cifra incisa, infissa sulla parete esterna della cella. Ogni pollo aveva la sua razione indicata a quel modo, come la dieta dei malati sui letti dell'ospedale.
Ce n'erano di grassissimi, immersi in una specie di sonnolenza ebete, come ghiottoni assorti nella beatitudine del chilo. Soltanto quando la macchina girava sul perno, ciondolavano stupidamente sulle gambe, sproporzionate al peso del corpo, socchiudevano gli occhi un momento, poi ricadevano nel loro sopore.
C'erano dei capponi dagli occhi ardenti come brace, che si scotevano tutti in uno sforzo supremo per tirar su una gamba sotto l'ala. Ma la catena era ben salda, ed i due piedi dovevano rimanere immobili sul fondo della prigione; ed i capponi gorgogliavano una specie d'imprecazione e gli occhi fosforescenti mandavano lampi.
La gallina invece, la pollastrella ch'era stata cibata per la prima, aveva la testina fine, i movimenti del collo ondulati, le penne lucenti, ed il suo corpo, floridamente arrotondato dall'assoluto riposo e dalla nutrizione conveniente, non era ancora deformato dalla pinguedine.
Appena il pollaiolo ebbe finito di nutrirla, diede una scossettina al capo, allung�� il collo per ingollare del tutto il latte a la farina d'orzo che le avevano messo in corpo, poi guard�� in gi�� avidamente come cercando qualche cosa da beccare.
Ma era ad un piano alto; c'erano molte celle sotto la sua, per cui il pavimento rimaneva lontano, ed in quella semi-oscurit�� non le riusciva di vederlo. Dubitando forse de' suoi occhi, sperando nel buio, spinse due o tre volte il becco in gi��, pi�� in gi��, quanto glielo permise la legatura dei piedi; ma non tocc�� nulla, e si ritrasse.
Il cuoco si fece pi�� accosto, e guard�� nella cella. La gallina s'era accovacciata, e rimaneva immobile cogli occhi chiusi come se dormisse. Ma, traverso le palpebre sottili, l'occhio si moveva, ed un pigol��o sommesso e lieto accompagnava il suo respiro.
Tratto tratto apriva gli occhi, poi li richiudeva in fretta, come premurosa di ripigliare il filo d'un sogno caro. Forse, nell'ardore del desiderio giovanile, si figurava di razzolare nello spazio sterminato d'un'aia; sognava, in quel beato dormiveglia, la vita rumorosa d'un cortile rustico; una ressa di tacchini, di anatre, di oche, di polli che s'incrociavano, si urtavano, vociavano alto, e le liti dei galli, che facevano accorrere ed ammutolivano di sgomento, la folla del pollame.
Due o tre volte le sfugg�� una voce gongolante, un ohhh! gutturale e prolungato, e mostr�� un momento gli occhi ridenti di gioia. Chi sa che non rivedesse colla fantasia da gallina, gli sciami di piccioni bianchi, turchini, violetti, i bei polli volanti nell'aria, che scendono nei cortili a narrare le vastit�� azzurre dell'orizzonte, devastano in fretta e in furia il becchime e ripartono a volo. E le aiuole verdi, e la delizia di aprirsi un varco nella frescura dell'insalata ancora bianca, del prezzemolo tenerello, delle fragole bagnate di rugiada, come nei labirinti d'una foresta, e l'emozione viva d'affrontare la granata dell'ortolana, o di scansarla dietro i cavoli grandi!.. Solo chi �� nato per vivere all'aperto, nell'infinita libert�� dei campi, pu�� immaginare che visioni di verde, d'azzurro, di sole, potevano balenare a quegli occhi chiusi! Ed il galletto innamorato che segue la gallina colla testa alta, e la cresta rosseggiante, che le si pianta dinanzi con una gambina alzata, assorto in ammirazione fissandola cogli occhi sanguigni...
Ad un tratto s'ud�� sorgere dal cortile d'un pollaiolo accanto la voce giuliva d'un galletto libero:
--Chicchirichi!!!
La gallina si rizz�� d'un balzo; le penne le si gonfiarono intorno, la cresta si fece scarlatta, e, tutta fremente di gioia, sporse il capino dalla cella, e voltando il collo a scatti di qua e di l��, guard�� nel vuoto cogli occhi dilatati, come se vedesse gli orti, l'aia, il gallo; e, dal fondo del cuore, mise fuori anch'essa una voce acuta, giubilante come una risata:
--Chicchirich��iiii!!!
--?Gallina che canta da gallo, temporale o disgrazia? disse il cuoco, il quale, malgrado i suoi vent'anni di vita cittadina, non aveva dimenticati i proverbi del basso Novarese dov'era nato; e se ne and�� canticchiando fra i denti una vecchia canzone burlesca:
?Senza galletto, la mia gallina O poverina--come far��...?
Ma le dava un'intonazione malinconica, allentava le cadenze, pareva che cantasse il Miserere; e fin�� la strofetta con un sospiro, poi cammin�� a lungo in silenzio, borbottando solo di tratto in tratto: Poveretta!
Giunto a casa, depose le provviste in cucina, poi sal�� finch�� c'erano scale, alle

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