Roberta | Page 9

Luciano Zuccoli
i bagni; ma
l'uomo tacque, sembrandogli stranamente che l'annunzio avrebbe preso
un significato d'intenzione.
--Siamo a Pieve,--egli disse, con un gesto alle case, dove la piccola
discesa moriva.--Vuole andare avanti?
--No; riposo un poco, e poi ritorno.
Emilia traversò la strada, scelse un rialzo coperto di spessa erba, verso
il mare, e sedette. Cesare restò in piedi, contemplandola.
--«Com'è bella!»--pensò fanciullescamente.
Per vent'anni di vita vera, e per dieci di professione medica, egli non
aveva conosciuto se non il piacere comune, e s'era fatta l'abitudine di
ricevere le lettere femminili che parlassero d'una voluttà testè morta, e
ne promettessero altre per la dimane. Dell'amore, nulla più gli era noto:
non gli ostacoli stimolanti, non i contrasti gravi, non alcuna delle
condizioni per le quali la necessità fisica si purifica. Egli aveva appena
assaggiato qua e là, gustosamente.
Ma in quell'ora, a fianco d'Emilia, Cesare cominciava a provare una
specie di deliziosa angoscia, turbato dal presentimento del destino.
--Sì, è molto tranquillo il villaggio,--egli soggiunse,--e ci si diventa
molto pigri. Io non mi occupo di nulla, e non trovo tempo di scrivere
agli amici.
--Io pure,--disse Emilia sorridendo,--non ho che abitudini d'ozio....
Essi erano perduti, dimenticati in fondo al paese. I treni passavano
frequentissimi, trascinando gente ignota a ignote fortune; ma in gran
parte procedevano oltre, e non rimaneva nell'aria se non l'eco d'un

fischio stridente, e qualche latteo globo di vapore.
A mezz'ora di cammino, a Nervi, la vita era già più intensa; la
rinomanza de' suoi alberghi e la bellezza della sua marina vi
chiamavano ogni anno una varia folla di stranieri, malati d'anima o di
corpo, o abituati a climi tepenti.
E intensissima, febbrile, tumultuosa, era la vita a Genova, dove Emilia,
per unica distrazione, si recava spesso con Roberta. Lasciata la carrozza,
le due sorelle andavano a passeggio per le grandi vie e per le viuzze
stipate di botteghe, quasi ad un viaggio d'esplorazione, su per le lunghe
salite, a capriccio, felici quando arrivavan da sole a qualche altura, che
dominasse la città, il porto, il mare ampio e multicolore. Non
conoscevano persona, a Genova; non capivano una parola dei dialetto
serrato ed aspro; godevano di sentirsi forestiere, e di passare a fianco
d'una folla che le ignorava; l'andirivieni della gente, il frastuono dei
carri, la sfilata fitta dei negozii, davan loro l'idea d'un gran mercato
sempre in tumulto; e diversamente che a Milano, ove sapevano a
memoria i nomi delle ditte principali, e credevano sapere tutte le
abitudini della città,--gustavano a Genova ogni volta qualche cosa
imprevista, e osservavano l'ansia della vita romorosa, estranee come a
uno spettacolo. Sul tardi riprendevano la carrozza per tornare a casa,
raccomandando al cocchiere di non frustar troppo. Esse temevano un
poco; ma la gita le divertiva appunto perchè le discese ripidissime, la
strada spesso parallela alla via ferrata, incutevano un'ombra d'attraente
pericolo. Qualche volta, il treno le sopraggiungeva, rapido e
formidabile; e il cavallo, fermo innanzi alle barriere, drizzava le
orecchie, volgeva la testa a guardare.
Era l'attimo più commovente della passeggiata; le giovani si
stringevano la mano, sorridendo. Il mare pompeggiava, solenne di
quieta potenza; le ville davano al paesaggio la nota leggiadra o
maestosa, incensando l'aria coi profumi dei giardini, e tagliando il cielo
puro coi ricami aggrovigliati o con le punte argute degli alberi. Di
frequente il sole era tramontato, e la carrozza saliva ancòra l'ultima
ascesa tra Nervi e Sant'Erasmo; i monelli sulle porte schiamazzavano;
qualche carro, con le ruote pesanti affondate nel terriccio, ingombrava
la strada, e nella penombra risonavano gli aizzamenti gutturali degli
uomini, i tintinnabuli dei muli e dei cavalli inarcati a trarre il veicolo.
Arrivavano a casa, le due sorelle, quando già i fanali modesti

fiammellavano sul verde cancello del giardino; correvano, salivan
presto le scale, trovavan l'uscio spalancato e la cameriera impaziente.
Sulla tavola lumeggiata da un'alta lucerna a colonna, la tovaglia, il
vasellame, le posate mandavano bagliori; e la serata cominciava, tutta
bella d'intimità. Non v'erano se non i radi colpi di tosse, che potessero
mettere sul volto d'Emilia una nube fugace....
--Vuole che torniamo?--disse a un tratto la donna, alzandosi e
incamminandosi.
Essi ripresero la via, involuti nella sensazione della complessa
irresponsabilità delle cose, la quale sovraneggiava ovunque.
--I suoi amici stanno a Milano?--riprese quindi Emilia, più audace
perchè rifletteva sempre troppo tardi.
--Quasi tutti,--disse Cesare.--Ma veri amici non ne ho: colleghi,
compagni di studii, conoscenze: legami, infine, che non resistono alla
lontananza....
Mandò un respiro di sollievo, perchè gli sembrava d'aver detto molto
con la parola legami.--«Avrà capito?»--si chiedeva, studiando sul viso
d'Emilia l'impressione della risposta.
Ed Emilia, che camminava con lo sguardo a terra, parve ergersi più
dritta, liberata da un peso invisibile; alzò gli occhi, incontrò gli occhi
del Lascaris, e si trattenne a forza per non sorridergli.
--«Com'è bella!»--ripensò questi, un po' umiliato di non trovare
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