minacciose, divenuto il primo periodo d'un dramma del quale s'ignoravano gli episodii futuri e s'intuiva la fine.
--Non spaventarti,--disse Emilia con la voce tronca.--Non �� nulla.... Sai che non pu�� essere nulla.... Mando a chiamare il medico...
Roberta era caduta sul divano, e nell'ombra dell'angolo si vedevan l'abito turchino a merletti bianchi, il volto cereo ed ovale. Le braccia erano abbandonate lungo il corpo. Sotto l'atteggiamento incerto, covava il terrore di chi aspetta un nuovo segno infallibile: ella attendeva un altro colpo di tosse, un rigurgito di sangue, la rottura d'una arteria, che la soffocasse in un lago di sangue; poich�� nessuno meglio di lei conosceva tutte le possibilit�� spaventose d'una soluzione certa.
--S��bito dal medico; venga s��bito; lasci qualunque cosa.... Hai capito?--ordin�� Emilia alla cameriera accorsa.--S��bito, s��bito, s��bito.... Vuoi andare a letto, Roberta? Ti aiuter��' io.... Fatti coraggio....
E mentre parlava riprendendo il suo posto innanzi alla sciagura, si irrigidiva per resistere alla tentazione di fuggire, mandando grida laceranti.... Piegarsi, prosternarsi brutalmente alla fatalit��, piangere fino al torpore e sentire il tempo uguale, infinito, passare su di lei e sopra le cose, doveva essere una volutt�� divina.
Ella non era creata per tener fronte alle avversit��: con la morte del marito dopo un anno di matrimonio e con la prima malattia di Roberta, due volte una ribellione di inerzia era nata in lei; il bisogno di sfuggire a s�� medesima e all'azione, era divampato cos�� furibondo, che le era avvenuto d'inginocchiarsi a pregare perch�� fosse mutata in una statua dal gesto eterno, dalla insensibilit�� eterna....
Ma si riprese per quello stesso spirito di rivolta, il quale d'ora in ora aveva forme cos�� diverse; allung�� le mani alla sorella e l'aiut�� ad alzarsi, riuscendo a sorriderle.
Sulla soglia della sua camera, Roberta si arrest�� un istante sotto un nuovo attacco del male; il fazzoletto si arross��, una sottil bava sanguigna le scese lungo la connessura delle labbra, si ruppe.... Allora, sciogliendosi dalle mani d'Emilia, la fanciulla corse al letto, strapp�� gli abiti, slacci�� i cordoni delle sottovesti, gett�� ogni cosa a terra, fu pronta, e si ricover�� tra le coltri, dicendo febbrilmente:
--Vedi, che �� proprio il male? Vedi, che bisogna morire?... Non parlare, hai capito? Non dir nulla.... Il medico, non lo voglio.... Va via, anche tu....
Emilia rimase in piedi presso il letto, fisicamenta assorta nei romori della tempesta, che dalle sbarre delle gelosie proiettava il suo livido ghigno nella camera.
Cos��, spoglia d'ogni attraenza materiale degli abiti, Roberta era l'ammalata.
Sotto l'epidermide bianca, una miriade di piccoli punti rossi, qua diffusi e l�� raccolti in nucleo, segnava la persistenza del morbo; il seno, questa gloria incomparabile del sesso e della giovanezza, era crivellato dai nuclei rossastri e s'affondava, invece di protendersi esuberante.... Di quel corpo virgineo avvolto fra le lenzuola, non rimaneva attenta, vivente, perspicace, se non la testa coi capelli biondi e disordinati; ma anc��ra sotto la pelle della fronte e sulle guance, comparivano le piccole macchie rosse incancellabili. Gli occhi erano d'un azzurro vitreo, le labbra tumide, i denti bianchissimi, il profilo netto e puro, quasi ellenico. Il resto delle sue forme non aveva linea e valore, se non corretto dalle mani scaltre delle cucitrici e lusingato dai colori festevoli o ingenui delle stoffe.
Per la camera semioscura aleggiava un profumo indefinito d'acque odorose; i mobili modesti delle case d'affitto variamente ricoperti e senza stile, parevano l'avanzo di diversi addobbi; il letto solo in mogano lucidissimo era elegante e nuovo. Sui tavolini, sui divani, s'ammucchiavano i libri rilegati o sciolti, una collezione di romanzi, da Walter Scott agli ultimi autori russi, che Roberta leggeva senza posa e senza scelta, fino ad averne l'emicrania.
Ella era anc��ra la fanciulla tipica, angariata e deliziata dai sogni un po' umoristici del romanticismo; si costruiva in testa una favola di principi e di re, si assegnava una parte nella favola, mutava e rimutava gli episodii, vivendo, con qualche residuo dei preconcetti acquei di collegio, in assoluto ritardo, in voluta contraddizione con tutto quanto era vita intorno a lei.
Emilia, seduta a fianco del letto, tenendo fra le sue una mano di Roberta, stava sempre attenta ai romori esterni, poich�� nella camera era piombato un silenzio di malattia, che la riconduceva a dieci mesi prima, richiamando a galla i terrori, le stanchezze, le disperazioni di quei giorni.
Fuori, a levante e a ponente, i lampi gareggiavano; sulla casa il tuono si trascinava con lunga eco; di momento in momento, la camera era infiammata da una vampa lividiccia, cui seguiva il crepitio secco d'una scarica elettrica. Roberta si drizzava a sedere, guardava Emilia negli occhi, e ricadeva sui guanciali.
In quei passaggi di pesante angoscia, esse comprendevano, o chiaramente o vagamente, che n�� per loro n�� per altri la vita non aveva indulgenze, che i benigni non esistevano, e che la lotta non era solo in grandi giorni di battaglia, ma in tutti i meschini giorni dell'anno,
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