Ricordi di Parigi | Page 3

Edmondo de Amicis
sguardo
penetra fin nelle ultime sale delle botteghe straricche, fino ai comptoirs
lontani dei lunghi caffè bianchi e dorati, e nelle stanze alte dei
restaurants principeschi, e abbraccia a ogni leggerissimo cambiamento
di direzione, mille bellezze, mille sorprese, mille minuzie pompose,
una varietà infinita di tesori, di ghiottonerie, di giocattoli, di opere
d'arte, di bagattelle rovinose, di tentazioni di ogni specie, da cui non si
libera che per ricadervi dall'altra parte della strada, o per ricrearsi lungo
le due file senza fine di chioschi, scaccheggiati di tutti i colori
d'arlecchino, coperti d'iscrizioni e di figure grottesche, tappezzati di
giornali d'ogni paese e di ogni forma, che danno al vasto boulevard
l'apparenza bizzarra e simpatica d'una grande fiera letteraria
carnovalesca. E intanto dal boulevard Bonne nouvelle si entra nel
boulevard Poissonnière, e lo spettacolo si fa sempre più vario, più
ampio e più ricco. E s'è già percorsa una lunghezza di quattromila metri;
provando di più in più un vivo sentimento nuovo, che non è sola

meraviglia, ma una scontentezza confusa, un rammarico pieno di
desiderii, l'amarezza del giovinetto che si sente umiliato al suo primo
entrare nel mondo, una specie di delusione d'amor proprio, che si
esprime in occhiate pietose e stizzose sulla miseria del proprio bagaglio,
messo là alla berlina, sulla cassetta della carrozza, in mezzo a quel
lusso insolente.
E finalmente s'entra nel boulevard Montmartre, a cui fa seguito quello
degl'Italiani, quello delle Capucines, e quello della Madeleine.
Ah! ecco il cuore ardente di Parigi, la via massima dei trionfi mondani,
il grande teatro delle ambizioni e delle dissolutezze famose, dove
affluisce l'oro, il vizio e la follia dai quattro angoli della terra!
Qui è la pompa suprema, è la metropoli della metropoli, la reggia
aperta e perpetua di Parigi, a cui tutto aspira e tutto tende. Qui la strada
diventa piazza, il marciapiede diventa strada, la bottega diventa museo;
il caffè, teatro; l'eleganza, fasto; lo splendore, sfolgorìo; la vita, febbre.
I cavalli passano a stormi e la folla a torrenti. Vetri, insegne, avvisi,
porte, facciate, tutto s'innalza, s'allarga, s'inargenta, s'indora, s'illumina.
È una gara di sfarzo e di appariscenza che tocca la follia. V'è la pulizia
olandese, la gaiezza d'un giardino, e tutta la varietà di colori d'un bazar
orientale. Pare una sola smisurata sala d'un museo enorme, dove gli ori,
le gemme, le trine, i fiori, i cristalli, i bronzi, i quadri, tutti i capolavori
delle industrie, tutte le seduzioni delle arti, tutte le gale della ricchezza,
tutti i capricci della moda si affollano o si ostentano con una profusione
che sgomenta e una grazia d'esposizione che innamora. Le lastre
gigantesche di cristallo o gli specchi innumerevoli, le rivestiture di
legno nitidissimo che salgono fino a mezzo degli edifizi, riflettono ogni
cosa. Le grandi iscrizioni d'oro corrono lungo tutti i rilievi delle
facciate, come i versetti del Corano sulle pareti delle moschee. L'occhio
non trova spazio dove riposare. Da ogni parte brillano i nomi illustri nel
regno dei piaceri e della moda; i titoli dei restaurants, celebrati da
Nuova York a Pietroburgo; gli alberghi dei principi e dei Cresi; le
botteghe di cui si apre la porta colla mano tremante. Per tutto un lusso
aristocratico, provocante e sfacciato, che dice:--Spendi, spandi e
godi--e nello stesso tempo suscita e umilia i desiderii. Non vi è nessuna

bellezza monumentale. È una specie di magnificenza teatrale e
femminea, una maestà d'apparato, eccessiva, e piena di civetteria e di
superbia, che sbalordisce ed abbaglia come un immenso tremolìo di
punti luminosi; ed esprime appunto la natura della grande città opulenta
e lasciva, che lavora per furore di godimento e di gloria. Ci si prova una
certa soggezione. Non par di passare in un luogo pubblico, tanta è la
nitidezza e la pompa. La folla stessa vi passa con una certa grazia
contegnosa come per una grandissima sala, scivolando sull'asfalto,
senza rumore, come sopra un tappeto. I bottegai stanno dietro alle
colossali vetrine con una dignità di gran signori, come se non
aspettassero che avventori milionari. Persino le venditrici di giornali
dei chioschi sono atteggiate a una certa altezza letteraria. Par che tutti
siano compresi della sovranità del luogo, e che tutti si studino di
aggiungere colla propria persona una pennellata ben intonata al gran
quadro dei boulevards. Gran quadro davvero! E si possono accumulare
col pensiero, fin che si vuole, tutte le immagini sparse che se ne
ritrovano nelle nostre città più floride; ma non si riuscirà mai, chi non
l'abbia visto, nè a rappresentarsi lo spettacolo di quella fiumana vivente
che scorre senza posa tra quelle due interminabili pareti di cristallo, in
mezzo a quel verde e a quell'oro, accanto a quel turbinio fragoroso di
cavalli e di ruote, in quella strada ampissima di cui non si vede la fine;
nè a formarsi una giusta idea della figura che facevano là
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