o a suddito?
LANCIOTTO.
...A fratello.--
Rispondi, Paolo. Se tua sposa fosse
Colei; se alcuno
a te il suo cor rapisse,
E se quei fosse il tuo più dolce amico...
Un
uom che, mentre ti tradia, stringevi
Come più che fratello al seno
tuo...
Che faresti di lui?--Pensavi.
PAOLO.
Io sento
Quanto ti costa l'esser mite.
LANCIOTTO.
Il senti?
Fratello, il senti quanto costa?--Il nostro
Padre nomasti. Ei
mite era co' figli,
Anche se rei credevali.
PAOLO.
Tu solo
Succedergli mertavi. E che mai dirti?
Oh, come atterri la
baldanza mia!
Anch'io talor magnanimo mi credo:
Al par di te nol
son.
LANCIOTTO.
Di': se tua sposa
Fosse?
PAOLO.
Francesca? Ah, d'un rival pur l'ombra
Non soffrirei.
LANCIOTTO.
Se un tuo fratello amarla
Osasse?
PAOLO.
Più non mi sarìa fratello.
Guai a colui! Lo sbranerei col mio
Pugnal,
chiunque il traditor si fosse.
LANCIOTTO.
Me pure assal questo desio feroce,
E trattengo la man che al brando
corre:
Credilo, a stento la trattengo. Ed osi
Del tuo delitto convenir?
Sedurre
La sposa altrui, del tuo fratel la sposa!
PAOLO.
Meno crudel saresti, or se col brando
Tu mi svenassi. Un vil non son.
Sedurre
Io quel purissimo angiolo del cielo?
Non fora mai. Chi di
Francesca è amante
Un vil non è: lo foss'ei stato pria,
Più nol
sarebbe amandola: sublime
Fassi ogni cor, dacchè v'è impressa quella
Sublime donna. Io perchè l'amo, ambisco
D'esser uman, religïoso e
prode:
E perch'io l'amo, assai più forse il sono
Ch'esser non usan nè
guerrier nè prenci.
LANCIOTTO.
E inverecondo più d'ogn'uom tu sei.
Vantarmi ardisci l'amor tuo?
PAOLO.
Se iniquo
Fosse il mio amor, tacer saprei, ma puro
È quanto
immenso l'amor mio. Morire
Mille volte saprei pria che macchiarlo.--
Nondimen... veggio di partir la forte
Necessità.--Per la tua donna al
tuo
Fratel rinuncia... ed in eterno!
LANCIOTTO.
Iniquo
Non è il tuo amore? E misero in eterno
Tu non mi rendi?...
Obblierò ch'io m'ebbi
Un fratel caro: ma potrò dal core
Di
Francesca strapparlo? E il cor di lei
Non porterai teco dovunque?
Odiato
Vivrò al suo fianco. Nol dirà, pietosa,
Non mel dirà, ma ben
il sento; ah, m'odia,
E tu, fellone, la cagion ne sei.
PAOLO.
L'amo, il confesso... Ma Francesca, oh cielo
Di lei non sospettar.
LANCIOTTO.
Anco ingannarmi
Vorresti? Il pensier tuo scerno. Tu temi
Che un
giorno in lei mi vendichi, in Francesca,
Nella tua amante: e or più
desio men prendi
Che? d'immolarvi non ho dritto? io regno:
Tradito
sposo ed oltraggiato prence
Son io. Di me narri che vuoi la fama:
Di voi dirà: perfidi fur.
PAOLO.
La fama
Dirà: Qual colpa avea, se giovinetto
Paolo a Ravenna fu
mandato, ed arse
Pel più leggiadro de' terrestri spirti?--
E tu quai
dritti hai su di lei? Veduto
Mai non t'avea: sol per ragion di stato
La
bramasti in isposa. Umani affetti
Non diè natura anco de' prenci ai
figli?
Perchè il suo cor non indagasti pria
Di farla tua?
LANCIOTTO.
Che ardisci? aggiungi insulto
A insulto ancor? No, più non reggo.
(Mette mano alla spada.)
SCENA V.
GUIDO, FRANCESCA E DETTI.
FRANCESCA.
(Prima di uscire.)
Padre!
Stringer l'arme li veggio.
GUIDO.
(_Vuol prima trattener Francesca; quindi
si frappone tra Paolo e
Lanciotto._)
Ferma.--Ah, pace,
O esacerbati spiriti fraterni!
PAOLO.
Più della vita mi togliesti: poco
Del mio sangue mi cal, versalo.
FRANCESCA.
Il mio
Sangue versate: io sol v'offesi.
GUIDO.
Oh figlia!
LANCIOTTO.
Il sacro aspetto di tuo padre, o iniqua,
Per tua ventura ti difende.
Statti
Fra le sue braccia: guai s'ei t'abbandona!
Obblierò che regia
fu tua culla:
Peggio di schiava tratterotti. Infame
È l'amor tuo: più
d'una schiava è infame
Una moglie infedel... Questa parola
Forsennato mi rende. Io tanto amarti,
Tanto adorarti, e tu
spregiarmi?... Altero
Ho il cor, nol sai? tremendamente altero:
E
oltraggi v'han, che perdonar non posso.
Onor mel vieta... Onor? che
dissi? noto
Questo nome t'è forse?
GUIDO.
Arresta.
LANCIOTTO.
Io intendo,
Io dell'onor l'onnipossente voce:
Nè allorch'ei parla, più
altra voce intendo,
E vibro il ferro ovunque accenni.
FRANCESCA.
Ah padre!
Ei non m'uccide, uccidimi tu, padre!
LANCIOTTO.
Vaneggio?... Voi raccapricciate?...--Oh Guido!
Quando canute avrò
le chiome anch'io,
E vivrò nel passato, e freddamente
Guarderò i
vizi e le virtù mie antiche...
Anche allor rimembrando un'adorata
Sposa che mi tradia, tutta l'antica
Disperata ira sentirò nel petto,
Ed
imprecando fuggirò col guardo
Verso il sepolcro, onde mie angosce
asconda.
Ma non verrà quel dì. Verso il sepolcro
Mi precipita
l'empia oggi: del mio
Vicin sepolcro già il pensier l'allegra:
Di
calpestarlo essa godrà... Seco altri,
A calpestarlo verrà forse!
FRANCESCA.
Oh cielo!
Dammi tu forza, ond'io risponda.--Io sorda
Alle voci
d'onor... Se Paolo amai,
Vil non era il mio foco: Italo prence,
Cavalier prode, altro ei per me non era.
Popoli e regi lo lodavan. Tua
Sposa io non era... Ah, che favello? Giusto
È il tuo furor; dal petto
mio non seppi
Scancellar mai quel primo amor! E il volli
Scancellar
pur... Con quell'arcano io morta
Sarei, se Paolo or non riedea, tel
giuro.
PAOLO.
Misera donna!
FRANCESCA.
A lui solo perdona;
Non al mio amante, al fratel tuo perdona.
LANCIOTTO.
Per Paolo preghi? Oh scellerata!...Uscirne
Di queste mura ambi
credete? Insieme
Di riunirvi concertaste. Al padre
Di rapirti
fors'anco ei ti promise.
PAOLO.
Oh vil pensier!
LANCIOTTO
Io vil?--Partirà l'empia
Sì; ma più te mai non vedrà.--Di guardie
Si
circondi costui. Passo ei non muova
Fuor della reggia.
PAOLO.
Tanta ingiuria mai
Non soffrirò nel tetto mio paterno.
(Vuol difendersi.)
LANCIOTTO.
Tuo signor sono. Quel ribelle
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