crudel della contesa
Fra le varie contrade Itale spegni,
E
ferva ognuna al comun bene intesa!
E dell'alma Penisola i bei regni
Di dura signoria non giaccian preda,
Ne' di plebei sovvertitori ingegni!
Ad ogni alta virtù l'Italo creda!
Ogni grazia da Dio l'Italo speri!
E
credendo e sperando ami, e proceda
Alla conquista degli eterni veri.
LE CHIESE.
Altaria tua! Domine virtutum.
(_Ps_. 83, p. 4 ).
Oh di preghiera e verità e conforto
E sublimi pensieri amate case,
Case di Dio! sin da' primi anni a voi
Con rispettosa tenerezza il
guardo
Io rivolger godea, come a ricovro
Di prole addolorata entro
riposta
D'ottimo padre stanza, a' filïali
Lamenti sempre ascoltator
benigno.
Lunghe l'infanzia mia tenner vicende
D'infermità e mestizia. A me
d'intorno
Giubilavano vispi e saltellanti,
E di bellezza angelica
festosi,
I pargoletti di que' giorni, ed io,
Nato robusto al par di lor,
caduto
In rio languor vedeami, ed in secreti
Indicibili spasmi; e
spesse volte
Morte ponea sovra il mio crin l'artiglio,
Ma per gioco
ponealo, e mi sdegnava.
Così che pur ne' dì quando men egro
Io
strascinava il corpicciuolo, e lieta
La voce uscìa dalle mie smorte
labbra,
Tra i floridi compagni, ascosamente
Spesso mie brevi gioie
interrompea
La pietà di mia fral, misera forza;
Ed impeti frequenti
allor d'angoscia
Il petto mi premean, sicch'io fuggiva
A nasconder
mie lagrime solinghe;
E quei che mi scopriano indi piangente
Per
ignota cagion, mi dicean pazzo.
Salve, o gotici, begli archi del
Tempio
Che di Saluzzo è gloria! Archi, ove m'ebbi
Alle mistiche
fonti il nome caro
D'un tra i vati gentili, onde graditi
Sonaron carmi
per le patrie valli.
Palpiti d'esultanza erano i miei
Quando me
tenerello a quell'angusta
Chiesa portava a' dì festivi il pio
Braccio
materno; e ricordanza vive
In questo cor della speranza arcana
Che
molcea i mali miei, quando su quelle
Antiche, venerande are il mio
ciglio
Supplicemente ricercava Iddio.
E salve, o tempio di men
nobil foggia,
Ma parlante a me pur dolci memorie,
In Pinerol, città
seconda, ov'io
Riposai le mie inferme ossa crescenti!
Là nelle
vespertine ombre, al chiarore
Della lampada santa, io colla madre
E
col fratel pregava la pietosa
Degli Angioli Regina e degli afflitti,
Ed
in secreto a lei mi cordogliava
De' malefici influssi, onde a' miei nerbi
Strazio era dato, ed al mio cor tristezza,
Ed aïta io chiedeale, ovver
la tomba.
Ma l'infantil querela uscìa con sensi
D'aumentata fiducia,
e allevïarsi
In me sentìa l'affanno, e sentia l'alma
Di pensier
fecondarmisi e d'amore.
Nelle tue, Pinerolo, aure dilette
L'adolescenza mia fu di soavi,
Religïosi gaudii confortata;
E indelebile è in me l'ora solenne,
Quando, trepido il sen, mossi all'altare
Tra drappelletto di fanciulli il
grande
Atto a compir, di confermar col proprio
Conoscimento le
promesse auguste,
Che di virtù magnanima al battesmo
Pronunciarono labbra altre per noi.
Oh nobil rito! oh santo olio! oh possente
Grazia del Crisma! oh
simboli che tanto
A sublimi desiri alzan la mente!
Con pompa veneranda il Pastor santo
Presentasi all'altare, e a lui
corona
Fan suoi pii Sacerdoti in aureo ammanto.
Celestiale armonia nel tempio suona
Di cantici divoti, e di pietate
Palpita il core a ogni gentil persona;
E più alle madri che nel vel celate
Delle viscere lor sui cari frutti
Tengono le pupille innamorate,
Scongiurando che a Dio s'elevin tutti.
«Re del ciel che noi madri volesti
Di que' giovani spirti diletti,
Nel
dolore li abbiam benedetti
Pria che i cigli schiudessero al dì;
Nel
dolore li abbiamo allattati,
Custoditi li abbiam nel dolore:
Ah, per
essi t'offriamo, o Signore,
Tutto ciò che nostr'alma patì!
Il tuo spirto divino discenda
In que' teneri ingegni inesperti:
Li
fortifichi, li alzi, li accerti
Della Croce per l'arduo cammin.
Oggi
intendano e intendan per sempre
Che non nacquero a ignobile cura,
Che son enti d'eccelsa natura,
Che la palma celeste è lor fin!
Il tuo spirto divino addolcisca
Que' germogli del sesso più forte:
Non paventin perigli, nè morte,
Ma li tempri alto senso d'amor!
Il
tuo spirto divino sostenga
Que' germogli del sesso più amante:
Sieno spose, o sien vergini sante,
Ma in bell'opre virile abbian cor!
E delle accolte, lagrimose madri
Col tacit'inno pe' figliuoli amati
Il
secreto consuona inno de' padri;
Sebbene i maschi petti ammaestrati
Da esperïenza e fantasie più
meste,
Veggan su que' fanciulli or sì beati
Minacciose adunarsi, atre tempeste.
«Giovin'alme, or v'assecura
Quella pace che gustate
E all'Altissimo
giurate,
Immutabil fedeltà:
Ma non conscii voi tocca l'aurora
D'un'età di prestigi e di guerra,
Che vi chiama, vi sprona, v'afferra,
Vi strascina, a qual meta non sa!
Ah, noi pur dal Crisma santo
Confermati esultavamo,
E spogliar
l'antico Adamo
Era saldo in noi desir!
Ma spuntato quel tempo
tremendo
Che i mortali a cimento conduce,
Spesse volte falsissima
luce
In rei lacci ne fece languir.
Più gagliardi, più assistiti
Da invisibili portenti
Voi non domino i cimenti,
Voi più traggano a
virtù:
Una stirpe formate di prodi
Che agli esempi vigliacchi
s'involi,
Che la Chiesa gemente consoli,
Ch'altre stirpi consacri a
Gesù»!
Mentre de' genitori i voti accesi
Sorgono per la prole benedetta,
Stanno i fanciulli all'alta pompa intesi,
E ciascun d'essi palpitando aspetta
Lo Spirto Santo e la percossa,
donde
L'alma a patir per nobil opre è eletta.
All'unzïone, al tocco, alle profonde
Del Vescovo parole, il giovin
core
Con proposti magnanimi risponde.
Mai paventato non avea il Signore,
Come il paventa in quest'istante, e
mai
Non avea per Lui tanto arso d'amore!
Nessun dica al fanciul: «Tu obblïerai
Questo gran dì»: più non
possibil crede
Volgere a colpa affascinati i rai:
Trasmutato a quel
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