del cielo,
Cui straniera fu sempre sventura,
Santa invidia portaro all'anelo
Che per Dio può con gioia morir.
Dal suo abisso l'eterno perduto
Leva il capo, e con perfido ghigno
Grida:--Vieni, o tu forte caduto!
A me vieni, io de' forti son re!
E il
fellon nega un Dio salvatore;
Ma il mortale a quell'empio risponde:
--Sento ignota virtù nel dolore,
Ciò mi svela che il Provvido v'è!
Sì, v'è Dio, l'adorabile, il forte!
Fatto l'uom a sua immagine avea:
Ei
dell'uom meritevol di morte
Fessi immagine, e a sè il rïunì.
Oh
magnanimo, a tanta bassezza
Sceso sei per restarne vicino!
Più non
nuoce, no, morte, se spezza
L'incantesmo che a te ne rapì.
Oh mio Dio! più di morte, crudele
È il dolor che dividemi il core,
Ma il dolor convertì l'infedele,
Anco i giusti migliora il dolor.
Vero
è il fatto, innegabil, tremendo:
Non v'è in terra virtù senza pianto.
Ecco il seno: ah! ch'io t'ami piangendo!
Ecco il lacera, il lacera ancor!
Benchè al misero umano intelletto
Sollevar non sia dato quel velo,
Onde piace a colui ch'è perfetto
Di sue vie le cagioni coprir,
Pur
traspar sapïenza divina,
Tra la nube dell'alto mistero,
In quel lutto
che l'anime affina,
In quel Dio che per noi vuol morir;
In quel nobile amor d'un fratello
Che patisce per empi fratelli;
In
quel gran, di giustizia, modello
Che ad un tempo è increato e mortal!
In quel senno che sembra follia,
Ed è stimolo a somme virtudi,
Che qual ombra fugò idolatria,
Che fra tutti i nemici preval!
LA CROCE.
Confidite: ego vici mundum!
(_Ioh_. c. 16.)
E chi ingannato non sariasi quando
All'inesperto giovane intelletto
Tal si volgea drappello venerando
Per alta fama ed eloquente affetto,
Che virtù promettendo, ed appellando
A sublimanti indagini ogni
petto,
Dicea: «Siam nati a illuminar la terra,
A tutte ipocrisie
movendo guerra!»
Qual età vide mai zelo cotanto
D'ardenti ingegni, or concitati all'ira
Contro menzogna, or concitati al pianto
Sulle stoltezze in che il
mortal delira?
Sì che spesso il lor dir quel grido santo
Parea che il
cielo a' suoi profeti ispira,
Onde riscosse da letargo indegno,
Movan
le genti di giustizia al regno!
Tonerà in quanti secoli fien dati;
Alla palestra degli spirti umani,
Tonerà il giusto contro i danni oprati
Da' fratelli perversi e dagl'insani;
E quel tonar perenne i cor bennati
Da ignobil opra tener può
lontani,
E più li infiamma od infiammar dovria
A sacrifizi, a onore,
a cortesia.
Ma sciagura sui popoli e sui regi
Quando frammisti a nobili pensieri
Potentissima scuola alza dispregi
Sovra la fonte degli eterni veri!
Sciagura sugli stessi animi egregi
Che allor di luce esser vorrian
forieri!
Del vaneggiar d'illustre scuola tersi
Arduo a loro medesmi è
rimanersi.
Ed in simile tempo io son vissuto!
Famosi audaci avean deriso l'are,
E affascinata dallo scherno astuto
Prendea quelli la turba a
idolatrare;
Bello parve ostentar disdegno arguto
Verso chi preci a
Cristo osasse alzare,
E più d'un per viltà vituperava
Quell'Evangel
ch'ei pur nel cor portava,
Io dentro al cor portava l'Evangelo,
Nè bestemmie contr'esso unqua
avventai;
Ma perchè s'irrideano e preci e zelo,
Non curanza di Dio
spesso mostrai,
E agguagliato agli immemori del cielo,
Plausi e
piaceri e vanità anelai;
E pur nell'alma ognor udia una voce,
Che
dicea: «Dove vai? Riedi alla Croce!
«Riedi alla Croce! mi dicea; sì sforza
Calunnia indarno di tenerla a
vile:
La Croce sol gl'indegni fochi ammorza,
La Croce sol fa l'uom
grande e gentile,
La Croce sol dà all'intelletto forza
Di diventare
all'Uomo Iddio simìle;
Se ipocriti talor stanno a' suoi piedi,
Non
fuggirla perciò: gemine, e riedi!
«La Croce altro non è ch'alta dottrina
Di generosi e giusti sacrifici;
La forza d'affrontar doglie e rovina
Per giovare a' tuoi cari e a' tuoi
nemici;
L'ardir congiunto ad amistà divina;
La virtù che nel cielo ha
sue radici.
Chi per la Croce, ov'ei non sia demente,
Meraviglia ed
ossequio e amor non sente?
«E se tu vedi ciò ch'ell'è, se l'ami,
Perchè di lei vilmente arrossirai?
Perchè, se il travïato empia la chiami,
All'impudente voce arriderai?
Di lui spregia e compiangi i ghigni infami,
Nè incodardir, sotto agli
obbrobrii mai:
Della Croce magnanimo seguace,
Dimostra quanta
in abbracciarla hai pace.
«Dimostra che la Croce a chi davvero
Suoi pregi indaghi, scema ogni
amarezza;
Dimostra col tuo oprar, non esser vero
Ch'ella guidi a
torpore ed a fiacchezza;
Dimostra che alto fa l'uman pensiero,
Che a
tutti i grandi e forti atti lo avvezza;
Dimostra che se ride all'ignorante,
Pur del nobil sapere è sempre amante!
«Pari ad ogni miglior vantata scuola
La Croce insegna dignità ed
amore;
Ma in lei sol v'è possanza di parola
Che inforzi, e persüada,
e appuri il cuore;
Unica le angosciate alme consola,
Unica abbellir
puote anco il dolore:
Ogni scuola miglior tituba e illude,
Dubbii ed
error la Croce sola esclude».
Tal mi sonava in cor voce gagliarda,
Or è gran tempo, e s'io non
l'obbedìa,
Del mio spirto esitanza era infingarda,
E di rapidi, lieti
anni malìa;
La retta via scernendo, io la bugiarda
Con secreti
rimorsi ognor seguìa:
Mesto or che tanto resistessi al vero,
Miro la
Croce--e in sue promesse io spero!
GLI ANGELI.
Qui facis angelos tuos spiritus.
(_Ps_. 103).
Con un sol cenno, è ver, l'Onnipossente
Può governar gl'innumerati
mondi,
Scevro d'ausilio di creata mente;
Ma più degno è di lui ch'ami e fecondi
L'universo d'angelici Intelletti,
Di cui l'opra sue grandi opre secondi.
Ei così volle, e spirti a lui soggetti
Adempion suoi decreti in ogni
loco,
Quali a premiar, quali a
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