Poesie e novelle in versi | Page 9

Ferdinando Fontana
vecchio quanto il Tempo!--è un'infinita?"Catena!... Tutto muore!... E nel Cr?ato?"Freme eterna la vita!..."
Tacque e passò.--Cadean le foglie a mille?Giallastre e secche; e dietro i tenui fusti?Biancheggiavan le mura delle ville;?E gli sfrondati arbusti
Parevan membra di bimbi malati?Usciti da mefitici ospedali;?Borea scopava coi buffi gelati?Le foglie nei v?ali;
E intorno, intorno, un susurro s'udia?Confuso e fioco, come il suon lontano?D'un'arpa, cui chiedesse un'armonia?Un'a?r?a mano.
Era un canto di grazie; era un concento?Che nel vespro nebbioso si perdea;?Le foglie e i fior caduti, a cento, a cento?Lo ripetean.--Dicea:
"Ave, o Signor, che ci desti la vita,?"Che loto ed aria quaggiù ci mettesti!?"Possente Iddio, la tua bontà infinita?"Fa che si manifesti!...
"Possente Iddio, ci manda un po' di piova!?"Possente Iddio, ci manda un po' di neve!?"E tien lungi l'April, che in forma nova,?"Aimè, mutar si deve!
"Deh!... Tien lungi l'Aprile!... Ave, o Signore!?"Noi siamo lieti della nostra sorte...?"L'April tien lungi, chè mutarci in fiore?"Vuol dir darci la morte!"
Milano, giugno 1875.
A FULVIO FULGONIO
O modesto filosofo,?Che giunto a quarant'anni,?Fra l'incessante turbine?Di miserie e d'affanni,?Vivi solingo e povero,?E nel tuo cor securo?Sotto l'usbergo del sentirti puro,
Di' qual è dunque il tramite?Che al sepolcro conduce?E cui conforta il raggio?D'inestinguibil luce??Dimmi, come si vincono?Queste umane tempeste,?Che fan le genti o torve, o tristi, o meste?
Verso la tomba scendere?Io ti contemplo, o amico,?Come l'ombra di Socrate,?Il grande savio antico;?Tu pure d'ogni infamia,?Con bocca altera e muta,?Bevesti in questo mondo la cicuta!
Deh!... Se una pia memoria?E un fervido entusiasmo,?Possono ancora emergere?Dall'umano m?asmo,?Lascia ch'io possa volgerti?Quell'arcana parola?Che sa dire chi soffre e che consola.
Sorridi ancora!... Passano?I secoli e le genti,?E le plebi, al barbaglio?Degli empi pl?udenti,?Tu non merchi gli applausi,?Ma sul tuo franco viso?Ami serbar l'impavido sorriso,
O modesto filosofo,?Spesse volte affamato,?Io mi faccio una gloria?Di camminarti allato!?O dolce amico, insegnami?A vivere securo?Sotto l'usbergo del sentirmi puro!
Agosto 1875.
LA CHIESETTA DEI MORTI
(A GIULIO CORSARI)
L'ho vista la chiesuola; essa è perduta?In mezzo ai campi come un eremita;?Ed è deserta, solitaria e muta,?Qual chi studia il problema della vita.
O teschi, o tibie, o stinchi ammonticchiati,?Macerie umane, chi vi mosse in terra??Insiem congiunti come v'han chiamati??Bécero, Truffaldino o Fortinguerra?
Sotto una rozza lapide sconnessa?Dorme il vecchio curato del villaggio;?Egli almen cogli offizii e colla messa?Il nome a questa età lasciò in retaggio!
Ma un teschio, posto là, sul cornicione?Con cent'altri, ridendo, par che esclami:?"Bel profitto davver, se le persone?"Deggion dir ti chiamavi_ e non _ti chiami!"
Ed è un teschio giallognolo e pulito?Siccome d'un nodar la pergamena,?Ed ha la nuca dal profilo ardito?E guarda in giù con un'occhiaja appena.
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è il mattino.--Sull'erba verde e folta?Scintillano le gocce di rugiada,?E il ritornello da lontan s'ascolta?D'un villano che passa sulla strada.
La Natura e il Lavoro!--E poi?--La testa?Poggiar sul cornicione d'una chiesa,?Coi passeri che intorno le fan festa?O col becco alle vuote orbite offesa!
E contemplare i proprii stinchi ignudi?In una nicchia, messi insieme a mille,?O (peggio ancora) un p?eta che sudi,?E cerchi un verso alzando le pupille...
Ei colla vita di cento persone,?(Che visser forse ognuna settant'anni)?Farà dieci quartine o una canzone.?Che l'udito ai viventi o strazii, o inganni!...
Poveri morti, perdonate!--Tutti?Amor vi concepì; tutti una madre?E un padre aveste; e amaste; e foste tutti?Sposo, figlio, fratello, amico o padre...
Per una strofa che dalla matita?Mi cade, voi viveste, ahimè, tant'anni!?Un sol mio verso è costato una vita!...?E una mia rima chissà quanti affanni?
Castelleone, agosto 1874.
A UNA DONNA INTELLIGENTE
Quand'io lessi i tuoi versi?Ho pensato alla gioja?Immensa e alla sventura?Di chi può amarti, o bella cr?atura.
Ho pensato all'arbitrio del destino,?Che ti formò col puro c?olino?Con cui formò il cervello dei veggenti:?Ho pensato al delirio?Di chi baciò i tuoi begli occhi lucenti;?All'angoscia di chi, dopo il delirio,?Vorrà, tremante, interrogarti il cuore,?E, forse, troverà lento e sbiadito.?Come un suono che muore,?L'amoroso battìto!
Strano connubio!... Donna e intelligenza!?I sogni, che s'incarnano?Nella gentil parvenza!?Strano connubio!... Intelligenza e donna!...?Lucifero che cela il ghigno orrendo?Sotto un pallido volto di Madonna!?Una bionda e leggiadra testolina,?Un gingillo da p?r sovra un guanciale,?Che scruta ed indovina?Il cupo abisso del Bene e del Male??Strano connubio!... Donna e intelligenza!...?Una mandòla, cui la man d'amore?Sa cercare una languida cadenza,?E a cui scuote le corde?Questo fantasma che sussulta e spia,?E bacia, e sferza, e morde,?E che gli umani chiaman: Poesia!
Quand'io lessi i tuoi versi?Ho pensato alla gioja?Immensa e alla sventura?Di chi può amarti, o bella cr?atura!
Io vorrei che alla mia donna adorata?Mormorasse un mortal detti d'amore,?Perch'io potessi trafiggergli il cuore?O morir di sua mano;?Ma, ginocchioni, il ciel supplicherei?Che tenesse lontano?Dal suo capo gentile?Il più spietato dei rivali miei,?Il Pensier, che solleva?Il tristo tentatore?Che un dì fe' perder Eva?E poi distrusse ogni sogno d'amore.
E s'io t'amassi, ti verrei dinanzi?Colle lagrime agli occhi e il viso bianco,?E, come un pellegrin d'affanni stanco,?Singhiozzando ai tuoi pie' mi getterei?E, baciandoli, o donna, io ti direi:
"Di non udir quaggiù che la mia voce,?"E d'esser sorda alle melòdi arcane?"Che vibrano nel tuo capo adorato;?"Perch'io temo che il sol della dimane?"Ti risvegli più fredda all'amor mio;?"Perch'io temo che i baci del Pensiero?"(Funestissimo Iddio)?"Ti
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