Piccoli eroi | Page 8

Cordelia
picchiarsi e a prendersi per i capelli.
Maria li divise e rivoltasi a Carlo disse tranquillamente:
--Un eroe che batte un ragazzo più giovane di lui! Che vergogna!
Carlo rimase mortificato da quelle parole, ma tenne tutta la sera il broncio al fratello, il quale andava dicendo che, volere o non volere, avrebbe illustrato tutti gli avvenimenti e i tipi che gli sarebbero passati davanti durante le vacanze e i racconti che si sarebbero fatti intorno a lui. Se suo fratello voleva essere un eroe, egli aspirava alla gloria d'un grande artista e voleva esercitarsi a cogliere il vero che gli cadeva sott'occhi.

I RACCONTI DI MARIA.
I ragazzi non si dimenticarono la promessa di Maria e non la lasciarono in pace finchè non cercò il manoscritto. La sera dopo quando furono tutti radunati intorno alla tavola la supplicarono impazienti di incominciarne la lettura.
Aveva appena lette le prime parole, che entrò don Vincenzo assieme al professore Damiati.
--Continui pure,--dissero.
Maria voleva sospendere la lettura dicendo che erano storielle scritte per i ragazzi e non potevano interessare persone come loro.
Ma non ci fu verso, vollero che continuasse, altrimenti minacciavano di andarsene.
--Sono tutta confusa,--disse Maria,--di avere un simile uditorio, non so più dove sia rimasta,--soggiunse riprendendo il manoscritto.
--Incominci dal principio,--disse il professore,--vogliamo sentir tutto, e mentre Mario stava temperando la matita per illustrare il racconto, come diceva lui, tutti gli altri fecero silenzio per ascoltare la lettura di Maria.
Essa incominciò colla voce un po' tremante, ma chiara e armoniosa, a leggere il suo racconto.

LA FIGLIA DEL CANTONIERE.
Pierina era la figlia, del guardiano della casa cantoniera numero 6, posta presso ad un modesto villaggio, sulla via del Gottardo.
Fra i primi ricordi dell'infanzia, al primo risvegliarsi della sua intelligenza intorpidita, essa rammentava che parecchie volte al giorno, suo padre usciva con qualche cosa arrotolata oppure con un lanternino in mano, e pochi momenti dopo, si sentiva uno strepito, che pareva il terremoto e faceva scuotere fino dalle fondamenta la piccola casa, poi il rumore si affievoliva, finchè si dileguava in lontananza. Non sapeva che cosa fosse, ma quando usciva il padre, essa stava attenta, aspettando il solito rumore.
Una sera che il babbo era assente, ed essa un po' irrequieta, la mamma accese il lanternino, la prese fra le braccia e uscì sulla strada.
L'impressione che provò quella volta non la dimenticò più.
Vide lontano una massa scura, grande, gigantesca, con due occhi rossi infocati, che sbuffava e mandava lampi di fuoco, come un mostro fantastico, e quella massa nera veniva precipitosamente verso di loro come se volesse ingoiarle, stritolarle. Nascose la testa sulla spalla della mamma, chiuse gli occhi e si mise a gridare.
La mamma non si mosse: stette ferma al suo posto finchè il mostro fu passato e si sentì il rumore diminuire in lontananza e ad un certo punto cessare.
Pierina continuava a piangere e a tremare.
--Bisognerà bene che ti abitui al passaggio del treno, mia piccola paurosa,--le disse la madre riconducendola in casa.
E infatti s'abituò in breve a quel rumore, anzi quando cominciò a camminare e sentiva lo strepito della macchina, voleva correr fuori a veder il vapore, e avrebbe voluto toccarlo, e colle manine tese faceva festa al luccicore dell'ottone intorno alla locomotiva, seguiva cogli occhi la colonna di fumo, ed esclamava guardando in alto: bello! bello! In poco tempo, quell'oggetto che l'aveva tanto sgomentata era divenuto il suo divertimento, anzi, quando lo sentiva in distanza, correva sulla strada ferrata in mezzo alle rotaie, ballando e saltando dalla gioia.
E allora la sua mamma, tutta agitata, usciva a prenderla fra le braccia e le dava tante busse da farla strillare.
--Non devi andar sulla strada quando viene il treno, hai capito?--le diceva.
Ma Pierina non capiva nulla, soltanto sapeva che quando andava sulla strada per far festa al vapore, prendeva le busse che le facevano male, e un po' alla volta perdette l'abitudine d'andarci, e si contentò di salutare il treno dalla finestra o dalla corte, davanti alla casa.
Fattasi più grandicella, incominciò a frequentare la scuola del villaggio, e tutte le mattine quando vi si recava, sentiva nelle orecchie la voce della mamma che le diceva:
--Ricordati, prendi il sentiero della montagna, non passare lungo le rotaie.
--Oh mamma, non sono più una bimba,--rispondeva,--e non c'è pericolo che vada sotto al treno.
--In ogni modo sono più tranquilla se prendi l'altra strada; qualche volta ritornando colle amiche, chiacchierando, non si sa mai, una disgrazia è presto venuta, e noi siamo tanto abituati al rumore del treno che ci può venir addosso senza che ce ne accorgiamo.
Ormai Pierina era una cantoniera perfetta, e spesso quando i suoi genitori erano occupati, andava lei stessa, all'ora che passava il treno, a fare i segnali.
Il padre l'aveva istruita bene, perchè potesse far le sue veci e lo aiutasse, tanto più che la mamma doveva occuparsi d'un altro bimbo ancora in fasce e non poteva muoversi di casa. Il cantoniere prima
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