Orlando Furioso | Page 9

Ludovico Ariosto
un baleno;
ma non arriva dove i calci apposta:
misero
il cavallier se giungea a pieno!
che nei calci tal possa avea il cavallo,

ch'avria spezzato un monte di metallo.
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Indi va mansueto alla donzella,
con umile sembiante e gesto
umano,
come intorno al padrone il can saltella,
che sia duo giorni o
tre stato lontano.
Baiardo ancora avea memoria d'ella,
ch'in
Albracca il servia già di sua mano
nel tempo che da lei tanto era
amato
Rinaldo, allor crudele, allor ingrato.
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Con la sinistra man prende la briglia,
con l'altra tocca e palpa il
collo e 'l petto:
quel destrier, ch'avea ingegno a maraviglia,
a lei,
come un agnel, si fa suggetto.
Intanto Sacripante il tempo piglia:

monta Baiardo e l'urta e lo tien stretto.
Del ronzin disgravato la

donzella
lascia la groppa, e si ripone in sella.
77
Poi rivolgendo a caso gli occhi, mira
venir sonando d'arme un
gran pedone.
Tutta s'avvampa di dispetto e d'ira,
che conosce il
figliuol del duca Amone.
Più che sua vita l'ama egli e desira;
l'odia
e fugge ella più che gru falcone.
Già fu ch'esso odiò lei più che la
morte;
ella amò lui: or han cangiato sorte.
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E questo hanno causato due fontane
che di diverso effetto hanno
liquore,
ambe in Ardenna, e non sono lontane:
d'amoroso disio l'una
empie il core;
chi bee de l'altra, senza amor rimane,
e volge tutto in
ghiaccio il primo ardore.
Rinaldo gustò d'una, e amor lo strugge;

Angelica de l'altra, e l'odia e fugge.
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Quel liquor di secreto venen misto,
che muta in odio l'amorosa
cura,
fa che la donna che Rinaldo ha visto,
nei sereni occhi subito
s'oscura;
e con voce tremante e viso tristo
supplica Sacripante e lo
scongiura
che quel guerrier più appresso non attenda,
ma ch'insieme
con lei la fuga prenda.
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- Son dunque (disse il Saracino), sono
dunque in sì poco credito
con vui,
che mi stimiate inutile e non buono
da potervi difender da
costui?
Le battaglie d'Albracca già vi sono
di mente uscite, e la
notte ch'io fui
per la salute vostra, solo e nudo,
contra Agricane e
tutto il campo, scudo? -
81
Non risponde ella, e non sa che si faccia,
perché Rinaldo ormai
l'è troppo appresso,
che da lontan al Saracin minaccia,
come vide il
cavallo e conobbe esso,
e riconohbe l'angelica faccia
che l'amoroso
incendio in cor gli ha messo.
Quel che seguì tra questi duo superbi

vo' che per l'altro canto si riserbi.
CANTO SECONDO
1
Ingiustissimo Amor, perché sì raro
corrispondenti fai nostri desiri?


onde, perfido, avvien che t'è sì caro
il discorde voler ch'in duo cor
miri?
Gir non mi lasci al facil guado e chiaro,
e nel più cieco e
maggior fondo tiri:
da chi disia il mio amor tu mi richiami,
e chi
m'ha in odio vuoi ch'adori ed ami.
2
Fai ch'a Rinaldo Angelica par bella,
quando esso a lei brutto e
spiacevol pare:
quando le parea bello e l'amava ella,
egli odiò lei
quanto si può più odiare.
Ora s'affligge indarno e si flagella;
così
renduto ben gli è pare a pare:
ella l'ha in odio, e l'odio è di tal sorte,

che piu tosto che lui vorria la morte.
3
Rinaldo al Saracin con molto orgoglio
gridò: - Scendi, ladron, del
mio cavallo!
Che mi sia tolto il mio, patir non soglio,
ma ben fo, a
chi lo vuol, caro costallo:
e levar questa donna anco ti voglio;
che
sarebbe a lasciartela gran fallo.
Sì perfetto destrier, donna sì degna
a
un ladron non mi par che si convegna. -
4
- Tu te ne menti che ladrone io sia
(rispose il Saracin non meno
altiero):
chi dicesse a te ladro, lo diria
(quanto io n'odo per fama)
più con vero.
La pruova or si vedrà, chi di noi sia
più degno de la
donna e del destriero;
ben che, quanto a lei, teco io mi convegna

che non è cosa al mondo altra sì degna. -
5
Come soglion talor duo can mordenti,
o per invidia o per altro
odio mossi,
avicinarsi digrignando i denti,
con occhi bieci e più che
bracia rossi;
indi a' morsi venir, di rabbia ardenti,
con aspri ringhi e
ribuffati dossi:
così alle spade e dai gridi e da l'onte
venne il
Circasso e quel di Chiaramonte.
6
A piedi è l'un, l'altro a cavallo: or quale

credete ch'abbia il Saracin
vantaggio?
Né ve n'ha però alcun; che così vale
forse ancor men
ch'uno inesperto paggio;
che 'l destrier per istinto naturale
non volea
fare al suo signore oltraggio:
né con man né con spron potea il
Circasso
farlo a voluntà sua muover mai passo.

7
Quando crede cacciarlo, egli s'arresta;
E se tener lo vuole, o corre
o trotta:
poi sotto il petto si caccia la testa,
giuoca di schiene, e
mena calci in frotta.
Vedendo il Saracin ch'a domar questa
bestia
superba era mal tempo allotta,
ferma le man sul primo arcione e s'alza,

e dal sinistro fianco in piede sbalza.
8
Sciolto che fu il pagan con leggier salto
da l'ostinata furia di
Baiardo,
si vide cominciar ben degno assalto
d'un par di cavallier
tanto gagliardo.
Suona l'un brando e l'altro, or basso or alto:
il
martel di Vulcano era più tardo
ne la spelunca affumicata, dove

battea all'incude i folgori di Giove.
9
Fanno or con lunghi, ora con finti e scarsi
colpi veder che mastri
son del giuoco:
or li vedi ire altieri, or rannicchiarsi,
ora coprirsi,
ora mostrarsi un poco,
ora crescer inanzi, ora ritrarsi,
ribatter colpi e
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