un baleno;
ma non arriva dove i calci apposta:
misero
il cavallier se giungea a pieno!
che nei calci tal possa avea il cavallo,
ch'avria spezzato un monte di metallo.
75
Indi va mansueto alla donzella,
con umile sembiante e gesto
umano,
come intorno al padrone il can saltella,
che sia duo giorni o
tre stato lontano.
Baiardo ancora avea memoria d'ella,
ch'in
Albracca il servia già di sua mano
nel tempo che da lei tanto era
amato
Rinaldo, allor crudele, allor ingrato.
76
Con la sinistra man prende la briglia,
con l'altra tocca e palpa il
collo e 'l petto:
quel destrier, ch'avea ingegno a maraviglia,
a lei,
come un agnel, si fa suggetto.
Intanto Sacripante il tempo piglia:
monta Baiardo e l'urta e lo tien stretto.
Del ronzin disgravato la
donzella
lascia la groppa, e si ripone in sella.
77
Poi rivolgendo a caso gli occhi, mira
venir sonando d'arme un
gran pedone.
Tutta s'avvampa di dispetto e d'ira,
che conosce il
figliuol del duca Amone.
Più che sua vita l'ama egli e desira;
l'odia
e fugge ella più che gru falcone.
Già fu ch'esso odiò lei più che la
morte;
ella amò lui: or han cangiato sorte.
78
E questo hanno causato due fontane
che di diverso effetto hanno
liquore,
ambe in Ardenna, e non sono lontane:
d'amoroso disio l'una
empie il core;
chi bee de l'altra, senza amor rimane,
e volge tutto in
ghiaccio il primo ardore.
Rinaldo gustò d'una, e amor lo strugge;
Angelica de l'altra, e l'odia e fugge.
79
Quel liquor di secreto venen misto,
che muta in odio l'amorosa
cura,
fa che la donna che Rinaldo ha visto,
nei sereni occhi subito
s'oscura;
e con voce tremante e viso tristo
supplica Sacripante e lo
scongiura
che quel guerrier più appresso non attenda,
ma ch'insieme
con lei la fuga prenda.
80
- Son dunque (disse il Saracino), sono
dunque in sì poco credito
con vui,
che mi stimiate inutile e non buono
da potervi difender da
costui?
Le battaglie d'Albracca già vi sono
di mente uscite, e la
notte ch'io fui
per la salute vostra, solo e nudo,
contra Agricane e
tutto il campo, scudo? -
81
Non risponde ella, e non sa che si faccia,
perché Rinaldo ormai
l'è troppo appresso,
che da lontan al Saracin minaccia,
come vide il
cavallo e conobbe esso,
e riconohbe l'angelica faccia
che l'amoroso
incendio in cor gli ha messo.
Quel che seguì tra questi duo superbi
vo' che per l'altro canto si riserbi.
CANTO SECONDO
1
Ingiustissimo Amor, perché sì raro
corrispondenti fai nostri desiri?
onde, perfido, avvien che t'è sì caro
il discorde voler ch'in duo cor
miri?
Gir non mi lasci al facil guado e chiaro,
e nel più cieco e
maggior fondo tiri:
da chi disia il mio amor tu mi richiami,
e chi
m'ha in odio vuoi ch'adori ed ami.
2
Fai ch'a Rinaldo Angelica par bella,
quando esso a lei brutto e
spiacevol pare:
quando le parea bello e l'amava ella,
egli odiò lei
quanto si può più odiare.
Ora s'affligge indarno e si flagella;
così
renduto ben gli è pare a pare:
ella l'ha in odio, e l'odio è di tal sorte,
che piu tosto che lui vorria la morte.
3
Rinaldo al Saracin con molto orgoglio
gridò: - Scendi, ladron, del
mio cavallo!
Che mi sia tolto il mio, patir non soglio,
ma ben fo, a
chi lo vuol, caro costallo:
e levar questa donna anco ti voglio;
che
sarebbe a lasciartela gran fallo.
Sì perfetto destrier, donna sì degna
a
un ladron non mi par che si convegna. -
4
- Tu te ne menti che ladrone io sia
(rispose il Saracin non meno
altiero):
chi dicesse a te ladro, lo diria
(quanto io n'odo per fama)
più con vero.
La pruova or si vedrà, chi di noi sia
più degno de la
donna e del destriero;
ben che, quanto a lei, teco io mi convegna
che non è cosa al mondo altra sì degna. -
5
Come soglion talor duo can mordenti,
o per invidia o per altro
odio mossi,
avicinarsi digrignando i denti,
con occhi bieci e più che
bracia rossi;
indi a' morsi venir, di rabbia ardenti,
con aspri ringhi e
ribuffati dossi:
così alle spade e dai gridi e da l'onte
venne il
Circasso e quel di Chiaramonte.
6
A piedi è l'un, l'altro a cavallo: or quale
credete ch'abbia il Saracin
vantaggio?
Né ve n'ha però alcun; che così vale
forse ancor men
ch'uno inesperto paggio;
che 'l destrier per istinto naturale
non volea
fare al suo signore oltraggio:
né con man né con spron potea il
Circasso
farlo a voluntà sua muover mai passo.
7
Quando crede cacciarlo, egli s'arresta;
E se tener lo vuole, o corre
o trotta:
poi sotto il petto si caccia la testa,
giuoca di schiene, e
mena calci in frotta.
Vedendo il Saracin ch'a domar questa
bestia
superba era mal tempo allotta,
ferma le man sul primo arcione e s'alza,
e dal sinistro fianco in piede sbalza.
8
Sciolto che fu il pagan con leggier salto
da l'ostinata furia di
Baiardo,
si vide cominciar ben degno assalto
d'un par di cavallier
tanto gagliardo.
Suona l'un brando e l'altro, or basso or alto:
il
martel di Vulcano era più tardo
ne la spelunca affumicata, dove
battea all'incude i folgori di Giove.
9
Fanno or con lunghi, ora con finti e scarsi
colpi veder che mastri
son del giuoco:
or li vedi ire altieri, or rannicchiarsi,
ora coprirsi,
ora mostrarsi un poco,
ora crescer inanzi, ora ritrarsi,
ribatter colpi e
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