Opere | Page 9

Giovanni Berchet
degli egizi o de' caldei, ma quelle dei loro greci; siccome il Milton non cant�� le superstizioni omeriche, ma le tradizioni cristiane. Chi volesse poi soggiungere che, anche fra i poeti moderni seguaci del genere classico, quelli sono i migliori che ritengono molta mescolanza del romantico e che giusto giusto allo spirito romantico essi devono saper grado se le opere loro vanno salve dall'obblio, parmi che non meriterebbe lo staffile. E la ragione non viene [p.21] ella forse in sussidio di siffatte sentenze, allorch�� gridando c'insegna che la poesia vuole essere specchio di ci�� che commuove maggiormente l'anima? Ora l'anima �� commossa al vivo dalle cose nostre che ci circondano tuttod��, non dalle antiche altrui che a noi sono notificate per mezzo soltanto de' libri e della storia.
Allorch�� tu vedrai addentro in queste dottrine, e ci�� non sar�� per via delle gazzette, imparerai come i confini del bello poetico siano ampi del pari che quelli della natura, e che la pietra di paragone, con cui giudicare di questo bello, �� la natura medesima e non un fascio di pergamene; imparerai come va rispettata davvero la letteratura de' greci e de' latini, imparerai come davvero giovartene. Ma sentirai altres�� come la divisione proposta contribuisca possentemente a sgabellarti del predominio sempre nocivo della autorit��. Non giurerai pi�� nella parola di nessuno, quando trattasi di cose a cui basta il tuo intelletto. Farai della poesia tua una imitazione della natura, non una imitazione di imitazione. A dispetto de' tuoi maestri, la tua coscienza ti liberer�� dall'obbligo di venerare ciecamente gli oracoli di un codice vecchio e tarlato, per sottoporti a quello della ragione, perpetuo e lucidissimo. E riderai de' tuoi maestri che colle lenti sul naso continueranno a frugare nel codice vecchio e tarlato, e vi leggeranno fin quello che non v'�� scritto.
Materia di lungo discorso sarebbe il voler parlare all'Italia della divisione suaccennata; ed importerebbe una anatomia lunghissima delle qualit�� costituenti il genere classico e di quelle che determinano il romantico. A me non concede la fortuna n�� tempo n�� forze sufficienti per tentare una siffatta dissertazione, perocch�� il ripetere quanto hanno detto in ci�� i tedeschi non basterebbe. Avvezzi a vedere ogni cosa complessivamente, eglino non di rado trascurano di segnare i precisi confini de' loro sistemi; e la fiaccola, con cui illuminano i passi altrui, manda talvolta una luce confusa. Ma poich�� in Italia, a giudicare da qualche cenno gi�� apparso, non v'ha difetto intero di buona filosofia, io prego che un libro sia composto finalmente qui tra noi, il quale non tratti d'altro che di questo argomento, e trovi [p.22] modo di appianar tutto, di confermare nel proposito i gi�� iniziati, di rincorare i timidi e di spuntare con cristiana carit�� le corna ai pedanti.
Ben �� vero che a que' pochi del mestiere, a' quali pu�� giovare per le opere loro una idea distinta del genere romantico, questa, io spero, sar�� gi�� entrata nel cervello loro, merc�� l'acume della propria lor mente. Ma perch�� voi altri giovinetti siete esposti alla furia di tante contrarie sentenze, e la verit�� non siete in caso di snudarla da per voi, �� bene che qualcuno metta in mano vostra ed in mano del pubblico un libro che vi scampi dal peccato, pur s�� frequente in Italia, di bestemmiare ci�� che s'ignora.
Intanto che il voto mio va ricercando chi lo accolga e lo secondi; intanto che, irritati dalla novit�� del vocabolo ?romantico?, da Dan fino a Bersabea si levano a fracasso i pedanti nostri, e fanno a rabbuffarsi l'un l'altro e a contumeliarsi e a sagramentare e a non intendersi tra di loro, come a Babilonia; intanto che la divisione per cui si arrovellano �� per loro pi�� mistica della pi�� mistica dottrina del Talmud; vediamo, figliuolo mio, quali effetti ottenessero i poeti che la immaginarono.
Posti frammezzo a un popolo non barbaro, non civilissimo, se se ne riguarda tutta la massa degli abitanti e non la sola schiera degli studiosi, i poeti recenti d'una parte della Germania dovevano superare in grido i loro confratelli contemporanei sparsi nel restante d'Europa. Ma della fortuna della poesia loro tutto il merito non �� da darsi alla fortuna del loro nascimento. L'essersi avveduti di questa propizia circostanza e l'aver saputo trarne partito, �� merito personale. E a ci�� contribu��, del pari che l'arguzia dell'ingegno, la santit�� del cuore.
Sentirono essi che la verissima delle muse �� la filantropia, e che l'arte loro aveva un fine ben pi�� sublime che il diletto momentaneo di pochi oziosi. Per��, avidi di richiamare l'arte a' di lei principi, indirizzandola al perfezionamento morale del maggior numero de' loro compatrioti, eglino non gridarono, come Orazio:
Satis est equitem nobis plaudere;
[p.23] non mirarono a piaggiare un Mecenate, a gratificarsi un Augusto, a procurarsi un seggio al banchetto dei grandi; non ambirono i soli battimani d'un branco di
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