e
sudici. Quella mattina io non mi sentivo bene e gli dissi: «Cash, sono
mezzo ammalato, e non posso lavorare: vorrei tornare nella mia cella e
buttarmi sul letto.» Egli mi rispose: «Lavora, lavora, italiano, se non
vuoi che ti getti in faccia queste patate.» Gli replicai: «Guardatene!»
Egli, allora, si avvicinò, e, dandomi uno schiaffo, disse: «Credi forse di
farmi paura perchè sei italiano?» Acciecato dalla rabbia, esasperato
dagli insulti e dallo schiaffo, io gli scagliai una tazza sulla testa.
L'irlandese mi si gettò addosso e col coltello mi menò un colpo che
parai, riportando una leggera ferita alla mano destra. Guardate. (E
mostrò la mano che conservava la cicatrice.) Appena vidi il sangue,
brandii io pure il coltello e glielo ficcai nel cuore. Dico la verità, io:
perchè negare?
--Erano lunghi quei coltelli?
--No, erano i coltellucci con cui si mondavano le patate. Anzi non avrei
mai creduto di poter con uno di quelli causare una ferita mortale.
La County Jail, cioè la prigione della contea in cui Cornetta stava
rinchiuso a White Plains, era un edifizio quadrato di tre piani, in pietra
grigia. Le quattro muraglie esterne, che invece di finestre avevano
alcune strette feritoie, formavano una specie di cinta coperta della vera
prigione di due piani, che sorgeva di dentro, come un edifizio affatto
separato dal tetto e dai muri che lo circondavano.
Cornetta si trovava al secondo piano, in una cella di quattro metri su tre,
nella quale non penetrava che una luce scialba, e che conteneva un
materasso appeso a due catene, un piccolo water closet in un angolo, un
secchio d'acqua, un bicchiere di latta e una tavoletta infissa nel muro,
ad uso di scaffale, su cui giaceva un polveroso volume del Nuovo
Testamento: sulla parete di fronte alla porta erano incollati i ritratti di
Lincoln e di Arthur.
Cornetta aveva un viso solcato da brutte rughe, la carnagione giallastra
e gli occhi chiari, senza espressione: era di statura ordinaria e mentre
prima si sbarbava e teneva i capelli tagliati corti, durante il secondo
processo se li era lasciati crescere alla nazarena.
Prima della sentenza si mostrava fermamente convinto che non sarebbe
stato condannato a morte.
--A morte, io?--diceva sbarrando gli occhi. Ma giammai! Non sapete
che --ho tirato a colui per difendermi? Non capite che stavo per uscir di
--prigione quando avvenne la lite? No, no: chiunque nei miei panni
--avrebbe fatto altrettanto. Dovevo farmi ammazzare come una pecora?
--Potevo subire in pace tutti gli insulti di cui quell'uomo mi --colmava?
Quando sentì che era stato condannato a morte, montò su tutte le furie:
tentò da principio di suicidarsi tagliandosi la gola con un pezzo di ferro
acuminato che aveva strappato dalla porta della cella; ma, sorpreso
nell'atto, non si produsse che una leggera ferita. Allora egli annunziò la
sua determinazione di voler sfuggire alla forca lasciandosi morir di
fame. E per cinque giorni non si cibò e invano i custodi lo tentarono
presentandogli dei piatti appetitosi. Lo si dovette nutrir per forza.
Man mano che si avvicinava il giorno fatale, la ragione di Cornetta
vacillava. Il condannato ora piangeva e implorava le guardie di salvarlo,
ora rideva e diceva che dovevano metterlo in libertà.
Quando mancavano sei giorni soli a quello fissato per l'esecuzione, io
andai a rivederlo, insieme con un suo conoscente e benefattore, il
negoziante Aliano di New-York.
Cornetta appariva tutto cambiato e non ci riconobbe. Mentre la prima
volta s'era confessato reo, quel dì negava tutto.
--Vi apparecchiate dunque al gran passo?--disse Aliano.
--Che passo?--fece Cornetta stralunando gli occhi.
--Eh! l'avvocato vostro tenta gli ultimi sforzi per salvarvi; ma c'è ben
poca speranza: è meglio che vi rassegniate e che vi prepariate.
--Ma che prepararmi!--gridò drizzandosi e torcendosi le mani.--Io non
devo morire: sono innocente!
--Eppure fareste molto meglio se vi preparaste da uomo e da cristiano.
--Mio caro Antonio--piagnucolò Cornetta, asciugandosi col fazzoletto
le lagrime che non uscivano--io ti giuro che sono innocente; io non
aggio ucciso alcuno.
--Mi dispiace di sentirvi parlare così: vi credevo più franco e più forte.
--Come?--disse il condannato, cambiando improvvisamente tuono e
maniere.--Voi venite dunque a trovarmi per insultarmi? Invece di
difendermi, voi prendete la parte dei miei assassini? Se continuate a
dire che sono reo, vi faccio arrestare!
E mostrò i pugni al buon Aliano, con uno sguardo feroce.
Aliano, persuaso che il disgraziato aveva l'intelletto turbato, gli offrì
una manata di sigari. Cornetta li rifiutò con piglio sdegnoso e villano.
Stavamo per uscire, quando il direttore del carcere, Duffy, sottosceriffo
ci disse:
--Domandatategli un po', if you please, che cos'è quella lettera che ha
ricevuto giorni fa.
--Quella lettera?-esclamò Cornetta.--Non voglio mostrarla. Nessuno
deve sapere ciò che contiene.
--Come?--disse il Duffy.--Io non voglio misteri. Ho in consegna
quest'uomo, ne sono responsabile e devo vedere quella lettera appunto
perchè la cela.
Invitato reiteratamente
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