una scampanellata... per chiamar la
cameriera col flacon del sale volatile. Si voltò anche a guardare la porta
ch'egli aveva testè serrata, ma, dietro ai vetri, non passò la più lieve
ombra.
Allora Giuliano diede un'energica crollata di spalle, si mise con passo
risoluto per la lunga infilata delle sale, raggiunse l'anticamera, e scese
allegro la scala di marmo, salutando beffardamente il paffuto angiolo di
stucco bianco che, recando sempre fra le mani il tulipano di vetro del
lume a gas, s'era tante e tante volte veduto passare davanti quel
bellissimo giovane.
La novella, la grande novella del giorno, fu pronta a percorrere tutta
Torino. In capo a qualche ora, nessuno dell'high life cittadina ignorava
che il Duca Giuliano Lantieri aveva riacquistata la sua libertà.
Allo spettacolo del Regio, quella sera, ci fu nei palchetti e nelle
poltrone un po' d'irrequietezza. Molti cannocchiali erano appuntati, non
già verso il palco scenico, dove Mignon chiedeva dolcemente in
italiano, col pensiero di Goethe e colla musica di Thomas: Kennst du
das Land?; ma bensì verso un palco in seconda fila, occupato da una
splendida figura di donna non più giovanissima, ma di quelle che hanno
il privilegio di percorrere nella vita due o tre giovinezze consecutive.
La Baronessa Olga, benchè russa, era bruna di capelli. Era vigorosa,
non molto grande, con delle forme splendide, e una fisonomia affatto
straniera, non bella forse, ma ricca d'un certo fascino irritante. Aveva il
naso piccolo, un po' camuso, una bocca quasi da mora, grande, sana,
ridente, con dei denti che parevano quasi fulgidi nella loro bianchezza
di smalto e all'ombra di quelle labbra tumide, violenti di forma, di
colorito, d'espressione.
Dirimpetto a lei, al posto spesso occupato da Giuliano, brillava
l'insipida figura d'un Viscontino francese. Furono osservate varie cose:
primo, che la Baronessa Olga era più bella che mai; secondo, che aveva
una toilette nuova; terzo, che serbava quella tal aria serena, di buon
umore, che la rendeva adorabile; quarto, che aveva precisamente i modi,
la maniera di guardare delle altre sere; quinto, che il suo palco fu
affollatissimo. Giuliano, quella sera, venne in teatro, s'adagiò nella sua
poltrona, andò a far visite nei palchi delle signore di sua conoscenza.
Non andò nel palco della Baronessa, ecco tutto.
Ma al Fiorio, dopo il teatro, quante se ne dissero!... Tutti sapevano il
perchè di quella rottura... era un motivo frivolo, dietro il quale si celava
forse un reciproco senso di stanchezza. Generalmente, si approvava
Giuliano e la sua ribellione. La Baronessa aveva qualche anno più di lui,
e, a dir vero, viaggiava troppo. Un signore, autorità vecchia, ma
incontestata, di quel formidabile palazzo di giustizia, fu il solo a
sostenere che Giuliano aveva fatto uno sproposito, enorme. Gli altri
insistevano: diavolo! si sapeva positivamente che la Baronessa aveva 6
o 7 anni più di Giuliano. Ma il vecchio si ostinava. Ne avesse dieci o
quindici di più! era pur sempre la sola donna che Giuliano potesse
amare.
--Perchè, perchè?--chiesero tutti a una voce.
--Ah!--rispose il vecchio con uno di quei sorrisi brevi, che alla lunga
dovrebbero corrodere le labbra che li recano, tanto sono acri, incisivi,
mordaci.
--Povero Giuliano!--disse qualcuno--cosa farà ora?
E fu la fine.
Giuliano non fece nulla di straordinario per celebrare l'era della sua
riacquistata indipendenza. Si vide più festeggiato, più accolto, più ben
voluto che mai. Passò un carnevale delizioso, si divertì, fu amabile,
evitò ogni laccio, si congratulò molto con sè stesso, e accompagnò a
teatro due o tre volte la sua vecchia mamma. Un giorno, un'idea
bizzarra gli passò per la mente: «Se prendessi moglie?»
Ma la scacciò subito subito, come una tentazione.
Ora aveva la sua libertà e voleva goderla.
Goderla, ma come? Se avesse avuta una gran fortuna, ecco, sarebbe
andato a Parigi! E invece suo padre gli aveva lasciato un patrimonio
discreto, ma nulla più, e lui stesso, sicuro, un po' aveva speso... si sa.
Divini quei tre anni nei lacci della baronessa Olga! ma era proprio una
cosa curiosa il vedere quanto alla Baronessa Olga piacessero i dolci, le
statuine di Saxe, le tazze di vieux Vienne, le rose durante l'inverno, le
camelie in estate, i viaggi in primavera e in autunno, e le gite in tutte le
stagioni. Eh! non c'era che dire, in quel patrimonio s'era fatto una gran
buca! Come colmarla? E qui l'idea della dote tornò in campo; odiosa, a
dir vero, nella sua arcigna fisionomia d'espediente. Il Duca la mandò
via risoluto; ma quella passò soltanto l'uscio, e si celò dietro un battente,
aspettando.
La libertà... celeste cosa! Ma, un giorno, Giuliano andò sulle furie con
sè stesso, perchè uscendo alla sera, senz'avvedersene s'era messo per la
via che conduceva alla dimora della Baronessa. Provò un gran dispetto,
imbizzì colla forza cieca dell'abitudine. No.... diavolo, no.... E in quel
giorno fu del parere
Continue reading on your phone by scaning this QR Code
Tip: The current page has been bookmarked automatically. If you wish to continue reading later, just open the
Dertz Homepage, and click on the 'continue reading' link at the bottom of the page.