mai: ho paura. Ma
come diventava smorta quando cominciava il temporale come tremava
quando suo padre parlava di metterla in sella; che sgomento nei suoi
occhioni amorosi quando egli aveva la crudeltà di pretendere ch'ella
assistesse in giardino ad un esercizio di tiro colla carabina Flaubert!
Decisamente Camilla non aveva in sè la stoffa di un'amazzone. E il
Principe, dopo essersene un po' stizzito, finiva collo scusarla,
considerando che già.... veramente era un po' delicatina.
Ora anzi stava meglio di prima a furia di cure e d'aria d'Astianello, ma
non era proprio il caso di tormentarla nè per l'ardire, nè per l'amore allo
studio. Tutte cose che verrebbero poi a tempo debito. E se non
verrebbero... nemmen più tardi... poco male!
Il Principe, un po' per gusto proprio, un po' per la bambina, passava
buona parte dell'anno ad Astianello. Quella gran libertà della campagna,
la sovranità assoluta ch'egli vi esercitava, si confacevano al suo
carattere di feudatario benigno. Si sa; ogni tanto una scappatina o a
Parigi o a Torino, o a Firenze per rifarsi un po' della solitudine. Bene
spesso un'invasione d'amici alla villa; qualche grande caccia che vi
riuniva delle gaie brigate, occasioni gradite d'esercitare una ospitalità
larga, franca, veramente opulenta nella stessa sua semplicità. Nessun
cerimoniale, s'intende, nessun sussiego, tutto schietto, alla mano, un po'
all'antica, abbondanza eccessiva, una buona dose di sperperi e d'abusi,
ma lieta anche questa, quasi consacrata dall'abitudine e dalla gratitudine.
Una moltitudine di persone di servizio, per far poco o nulla, ma per
scialare allegramente alle spalle del padrone che ignorava molto e
tollerava assai, ed era oggetto, da parte di quanti se la godevano alle sue
spese, d'una specie di culto, grossolano forse, ma se non altro sincero.
La villa era bellissima, vecchia, ma d'un'architettura già emancipata
dallo stile greve e freddamente monumentale del più delle sue
contemporanee. S'alzava in mezzo al giardino su un rialzo di terreno
che componeva una vasta spianata tutta coltivata a fiori. Di fronte alla
facciata principale, si stendeva un viale di antichi ipocastani che
facevan capo ad un'ampia cancellata e all'entrata della villa. Il viale
costeggiava a destra il vastissimo fabbricato delle scuderie, a sinistra il
giardino.
I fabbricati rustici dipendenti dalla villa, rimanevan colati dietro un
folto boschetto di cipressi e celavano alla lor volta l'immediata
vicinanza delle prime case del villaggio. Ond'è che bene spesso, un
contadino, di ritorno dai campi o che avesse premura, si metteva
francamente pel viale e passava rasente alla villa senza che nessuno ne
facesse caso. Il cancello d'entrata era sempre aperto durante il giorno. Il
giardino era, come dissi, ricchissimo di fiori. Sulla spianata, a ridosso
della facciata principale, una doppia gradinata, bipartendosi
lateralmente da una fontanina, saliva, sino alla terrazzina del primo
piano, mettendolo così in comunicazione diretta col giardino. Quelle
due scalinate avevano una fisonomia gentilmente teatrale d'idillio, colle
loro barocche ringhiere ammantate da fitte diramazioni di rosai, di
serenelle, di caprifoglie; era come un'invasione di fiori, intenti a dar la
scalata alla casa.
Peccato che la finestra del terrazzino fosse sempre chiusa!
Dietro c'era una bellissima stanza da letto, tutta parata in raso celeste.
Quella era la camera matrimoniale del Principe e la Milla v'era nata ma
egli non ci metteva mai piede, nè permetteva che alcuno l'abitasse.
Milla dimorava in un'altr'ala della casa. Aveva anch'essa uno stanzone
grande e ricco e il suo piccolo lettuccio pareva ancor più piccolo in
quella severa vastità d'ambiente. Ma, come a correggere l'esiguità di
quel lettuccio di bimba, accanto a questo s'accampava maestoso l'ampio
letto ove stendevansi pudicamente ogni sera, l'ossea carcassa e le forme
allampanate della rispettabile Miss Rhoda Spring, la governante inglese
della Principessina. A dire vero, Miss Spring non faceva grande onore
al suo poetico nome. La primavera di quella degna signora era da più
anni compiuta ed era difficile persino il ricordo delle mammolette e del
ritorno delle rondini davanti a quella formidabile persona, così
maestosamente, così intrepidamente brutta. Con tutto questo Miss
Spring era un angiolo insulare di zitellona, buona, ingenua,
candidissima; ma nel villagio e nella tenuta non godeva le simpatie
dell'universale. Abituati a stimare altamente le razze di cavalli inglesi e
a pregiare sovra ogni altra, le puledre venuto dall'Irlanda, quella brava
gente non poteva capacitarsi come una compaesana, per esempio, di
Lady Rowena (quella famosa morellona che aveva portato via il premio
all'Esposizione di Roma) potesse essere così brutta, e avere dei piedi
cosiffatti, e una faccia smorta, che pareva il muso d'una cavalletta. Il
male era che, per l'appunto, il Principe aveva scritto a un suo amico a
Dublino di mandargli una cavalla così e così. Infatti avevano viaggiato,
si può dire, di conserva, ma, giungendo, non avevano incontrato per
nulla lo stesso aggradimento. Il che non vuol dire però, che non
avessero entrambe fatta, ciascuna a modo suo, eccellente
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