Manfredo Palavicino o I Francesi e gli Sforzeschi | Page 6

Giuseppe Rovani
ed ha un bel gridare il prete che ci comanda) puoi stare ben certo, come se lo dicesse il Tell, che mai non disse una menzogna al mondo, che noi non si combatterà, e i signori Francesi potranno benissimo restar serviti.
--E a che ora si uscirà domani di città, caporale?
--Oggi per le ventiquattro abbiamo a trovarci in castello tutti quanti.
--Questo lo so.
--Se poi fioccheranno denari, domani, prima dell'alba, si uscirà.
--E se i denari non ci fossero?
--Si troveranno.
--Trovarli... è presto detto. Ma io so che la cassa ducale è stramenzita affatto.
--Non c'è altri che il duca forse?... Quel che il duca non sa fare, lo farà bene la città, e lo farete voi.... Non è la prima volta. Intanto prenditi i tuoi due testimoni, che oggi o domani me li avrai a restituire in altro modo.
Qui il caporale si alzò, e con lui gli altri svizzeri, che volgendo uno sguardo sprezzatore a quel crocchio di persone per mezzo alle quali avevano a passare, si tolsero di là. Nè ad un attento osservatore sarebbe sfuggito con che mal'occhio li guardava dal canto suo la moltitudine, memore delle concussioni che il cardinale di Sion aveva insolentemente esercitate su tutti quanti i cittadini milanesi per pagare e satollare que' suoi Svizzeri affamati, ne' quali, dopo la vittoria di Novara, era la superbia cresciuta a dismisura, e verso i cittadini milanesi si comportavano come padroni, e peggio.
Il Burigozzo, come que' cinque furon partiti.
--E così, disse a chi gli stava intorno, siete capaci ora, che la storia della paga sia quale ve l'ho narrata io stesso stamattina? Mettetevi dunque in memoria che il Burigozzo non dice mai cosa in fallo.
--Sta a vedere che tu ne saprai più del Morone e del prete soldato....
--Io non so nulla; ma avete sentito... però la storia della paga mi dà a pensare....
--Attendi a vendere il tuo bucherame e la tua acquavite, e non darti un pensiero al mondo di tutte queste cose, che già è lo stesso....
Ma il Burigozzo non dava retta a queste parole, e continuava come parlando fra sè:
--Messer Bernardino Corio, che mi vuol bene e che si degna intrattenersi con me qualche volta, mi diceva un tal giorno, che codesta città nostra, la quale non è ampia gran fatto, pure ha i suoi duecentomila e più cittadini.
--Adesso c'è la storia dei duecentomila.
--Sicuro il mio Carl'Ambrogio, c'è, e ci dev'essere anche la storia dei duecentomila, perchè, dico io, è tal cosa che non fa molt'onore, che in tanto popolo non ci sia da mettere insieme quindici o venti migliaia di uomini... e questi Svizzeri che, a saziarli, ci vuole un bue per ogni quattro, rimandarli al loro Cantone, dove c'è la Cervogia e il formaggio di capra.
--Sin qui non pare che tu pensi male.
--E non ci sarebbe allora gran bisogno di paghe, e il duca non si troverebbe ora tanto allo stretto.
--In quanto a ciò, s'egli è a sì duro punto, suo danno.
--Capisco cosa vuoi dire tu! Se l'eccellentissimo signor duca invece di regalare avesse venduto, non mancherebbero le paghe.
--Qui sta il punto, Burigozzo, e la tua storia dei duecentomila non ci ha a che fare gran fatto. Domando io se al Morone c'era bisogno di regalare la contea di Lecco, Vigevano al cardinale, la Ghiarra d'Adda al Lampugnano: terre che rendono pan d'oro e fiorini a staia... e so cosa dico!
--Manco roba, manco affanni, dice il proverbio, e pare che il duca l'abbia intesa così.
--Ma pur troppo non avrà ad intendere questo solo; e a questo re che se ne viene con tanta brava gente, e più bravo lui di tutti, come dicono, e non ha ventun'anni, converrà bene ch'ei dia luogo o si rechi in villeggiatura.
--Pure se quelli che contano in paese fosser tutti della tempra del Palavicino, e d'altri pochi, il duca non si troverebbe in così pericolose acque; ma no, tutti a rovescio, e l'altro dì il conte Besozzo e il Gabaloita e il marchese Birago e il Sacramoro e altri troppi se ne uscirono di città, e chi è tra le stoppie e le pozzanghere ci pensi.... E davvero ch'io mi chiamo assai fortunato di vestir questo saio piuttosto che le vesti ducali, le quali in questo momento devono al certo bruciare le carni di chi le porta....
Qui s'interruppe, e con lui tacquero tutti quanti trovavansi sulla piazza. I muggiti dei leoni del serraglio ducale, espandendosi in quella del palazzo per tutta la piazza, avevano imposto quel generale silenzio. E tutte le teste involontariamente si volsero colà. All'orologio della Torre de' Mercanti suonavano le ventiquattro. Poco dopo scomparvero tutte le guardie dinanzi al palazzo del duca e tutte le porte si chiusero....
Rechiamoci ora a vedere se in questo momento le vesti ducali bruciassero davvero le carni di Massimiliano Sforza, come ha detto il Burigozzo.

CAPITOLO II
è una sala vastissima quella che ci si apre
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