d'Osmàn deliba il fiore De le belle Circasse. Alto e solenne
Officio è il vostro, e non indarno io chiamo Il vostro nume auspice a
me: voi soli Le riposte misure e voi sapete Le leggi e il rito, onde
s'ottien l'impero De l'occulte bellezze, e qual più giova Tener modo e
governo in sul tentato Mare de l'Arte, e quando ed in qual guisa Toccar
si dee la tuba o la chitarra, E metter l'ali al dorso e dar di sproni Al
Pegaso spumante, o nel tenace Fren moderarne a tempo i perigliosi
Impeti giovanili, ed a che segno E con che industria è depredar
concesso Del Meonio le carte, o del Tebano. Pèra colui, che al
necessario giogo Prova sottrar la temeraria nuca, E va a ruzzar
licenzïoso, come Selvatico puledro, per li campi De la sfrenata fantasia!
L'immensa Ira vostra ei subisca, e tutto a un punto Perda il pazzo sudor,
per cui tenea Seder primo in Parnasso. Armati ed irti D'alfabetiche cifre,
unitamente Sorgete, e contro a lui, contro a lui solo Tutti dal sapïente
arco scoccate I rettorici strali; onde il meschino, Travagliato da l'onta e
dal rimorso, Egro ed insano a riparar s'affretti Fra le mura d'un chiostro.
O, se più degno Sia di spregio che d'ira, alta, pesante Sul suo capo
ostinato onda si aggrevi Di silenzio e d'oblio. Gelide e mute Gli sfileran
dinanzi ad una ad una Le sdegnose gazzette; indifferenti Si chiuderan
su la sua faccia smorta D'Acadèmo le sale; e allor che, stanco D'urlar
strambotti contro al secol ladro, Povero e solo abbraccerà la morte, Non
fia che le supreme ore gli allegri L'aureo rabesco d'un qual sia diploma.
Saldo così su cardini d'acciaro Il tron vostro si gira, e vita e nome Dal
cieco umano folleggiar traete. Tal ne l'algide stalle, in fra le zampe
D'ardimentoso corridor, ritrova Cibo e sollazzo il piceo scarabèo; E,
quando fra le storte ànche ghermisce Il picciol globo del dorato fimo,
L'ali spiega da terra, e s'alza a sghembo A emular de l'audace aquila il
volo. S'incarnò adunque il mio Demonio. In terra Sorrideva l'aprile;
entro al suo petto Sorrideva l'amor. Sopra la cima Del Caucaso famoso,
onde s'appella La giapetica stirpe, egli fu visto Venir come in un sogno,
e star d'incontro A l'aurora nascente. Un invisibile Spirto, qual di
canora aura, fremea Per le fibre del mondo, e più lucenti Dava al ciel
gli astri ed a la terra i fiori: Gli dan nome d'amor l'anime accese Dei
parlanti mortali; ed ei su tutte Anime impera, e solo e senza legge Il
mar penetra e i monti e la selvaggia Cute degli olmi e il petto aspro del
tigre, Chè spirto è desso, e qual raggio di sole Splende e s'agita in tutto,
e l'alme e il tutto Con secreta armonia mesce e ritempra. Era per l'aria
un fluttüar d'ardenti Atomi mobilissimi di luce, Una confusa, fluvïal
fragranza Di sconosciuti balsami, e suave Musica di parole e di
concenti Misterïosi. Un'irrequieta e nuova Delizïosa voluttà di sensi
Vaganti per immenso ètera, come Rondini in cerca di lontani lidi, Una
dolcezza non provata mai Di lagrime e di sogni, al primo arrivo, Sentì
l'Eroe nel petto; e lo stupito. Sguardo volgendo per la vasta luce, Muto
restò, di giovinetto a modo, Che raggiante di vita alfin ritrova La
sognata beltà dei suoi vent'anni. Ma, poi che in lui l'alto stupor primiero
Al fier proposto e a la ragion diè loco, L'incredul'occhio ai firmamenti
spinse, --E, dove sei, sclamò, tu che presumi Regnar l'anime eterno?
Alzati, e pugna! L'uman genio ti sfidai-- Il pugno strinse Superbamente,
eresse il fronte, e stette Il fulmine aspettando, o la risposta. Tacito
intanto dal soggetto mare S'apre l'indifferente occhio del sole Su le cose
create, e si ridesta Giù per le valli intorno e la pianura Il lieto suon de le
fatiche umane. --Sorgi, la terra è tua, proruppe allora L'inclito Pellegrin,
sorgi, o gagliarda Possa de l'uomo! Assai d'ombre e di sogni Preda al
mondo tu fosti; e dal terreno Pugno di fango, onde t'han detto uscito,
Non ti redense ancor la tua cotanta Vita de l'alma audace e la sventura
Tua perpetua compagna. E che ti valse Al par di te, trar da la creta i
Numi, Se al cospetto dei freddi simulacri Dechinasti il ginocchio, e la
superba Libertà del pensier serva fu fatta Di codarde paure? Or sorgi ed
osa: Il tron del mondo è tuo; numi e fantasmi Son fuor de la Natura, e
non ha vita Tutto che il vol de la ragion trascende. A che tra larve
ìnesorate e vane Cercare un che t'aggioghi e ti spauri, Se muta al cenno
tuo trema e si prostra La possente Natura? Ama e combatti! L'opra de
l'uomo è amor, vita è la
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