deputati; questo è un ribollire di assurdi, perchè in una stessa caldaia
hanno buttato alla rinfusa giustizia, e interesse, libertà, e servitù,
berretti frigi e corone, diritto divino, e suffragio universale, Dio e il
Diavolo... guazzabuglio infernale! Noi siamo sempre nel caos, ma
poichè insomma creazione fu spartimento, le materie discordanti si
scevreranno da sè; ciò fie doloroso, e potrebbe avvenire anco tardi, ma
bisogna che avvenga.
Certo, il tempo nel quale viviamo non si può reputare felice, ma nè
anco vorremo dirlo infelice: però che se distiamo dal sentiero del
perfezionamento, pure siamo in procinto di metterci sul tramite diritto:
anco per ciò che spetta a gloria terrena possiamo non lamentarci,
perchè il tributo oneroso all'errore fu pagato; e se siamo lontani dal
frontone, che incoronerà lo edifizio, ci troviamo altresì lungi dalle
fondamenta; ormai gli uomini non passano tutti, mescolati in
moltitudine senza nome, e armonizzando nello insieme ci conserviamo
nella nostra individualità diversi.
Bene altramente infelici coloro che furono travolti nei fondamenti;
quante gagliarde nature di uomini, quanti ingegni supremi, quanti cuori
generosi ci caddero interi vita, e rinomanza! Verun poeta irradiò quella
che parve tomba, e fu culla del genere umano. Nella notte si udirono
due voci, ed una era della moglie che piangeva alla quale rispondendo
ululava il cane fedele.... poi cessò la prima, e l'altra tacque, ma non per
questo fu silenzio; al rumore delle singole creature sottentrò uno
strepito profondo ed infinito, la favella dei secoli.
Dov'è questa favella? Chi lo sa dire? Nelle nuvole, che passano, nelle
ale degli uccelli, che volano, nella terra che crepita screpolandosi
all'alito di primavera, nel granito di Mennone che dava responsi quando
il sole lo investiva: voci arcane popolano il cielo e la terra, che ascolta
solo colui il quale dai cieli fu destinato a sentirle; donde la voce che
annunziò la morte del gran Pane? E donde quella che avvertì Apollonio
Tianeo in Alessandria in quello stesso punto cadere trafitto Domiziano
a Roma? Vanno ingombre le storie di annunzi di vittorie portati dalle
ali dei venti. Chi per abito suole dubitare, afferma: le sono ciurmerie di
empirici;--veramente molti uomini, reputati illustri, a prova si
conobbero empirici; come taluno empirico poi si conobbe intelletto
divino,--e si conobbe rovistandone le ceneri dopochè fu arso per mago.
Orazio cantò molti forti essere vissuti avanti Agamennone; questo è
vero, come altresì vissero anime elette e grandi innanzi di Lino, e di
Orfeo; di loro non avanza memoria, anco il nome rimase sommerso, e
tuttavia quanta costanza mirabile, e trovati d'ingegno eccellente, ed
opere egregie, dolori, affetti, sventure, e tutto affondò nel mare del
tempo! Ed essi ebbero a scavare con le mani il granito che col ferro, e
con le polveri incendiarie domiamo noi!--
Ma se si dileguarono nella gloria dei secoli, essi stanno presenti a
quella di Dio: il ricordo di loro è scritto a caratteri di stelle nel volume
dei cieli: tanto maggiore premio conseguiranno, ed avranno diritto di
conseguire quanto meno potrà dirsi loro: avete ricevuto la vostra
mercede.
Il Giudice, all'occhio del quale nulla è nascosto, quando gli verranno
dinanzi le moltitudini degli spiriti senza numero, che pellegrinarono pei
mondi, a molti, che le genti salutarono magnanimi, dirà: andate, e
crescete la sostanza del Maligno: voi altri poi cui colse il desolato oblio
quasi seconda morte, transfondetevi nel mio seno ed aumentato la mia
divina sostanza.--
Questo, mi si oppone, è rimoto, e viaggia con le nuvole nel cielo della
poesia; certo io non lo nego rimoto, ed anco immaginoso; ma io vi ho
detto, che non procediamo per tempi felici, però che tali non sieno
quelli nei quali l'uomo o aderisce tutto al suolo, o tutto si esalta pei cieli;
dal primo stato scappa fuori il banchiere, il venditore di ciarpe, lo
scorticatore di capretti, il moderato; dal secondo, l'anacoreta della
Tebaide, e il bramino dell'India; solo avventuroso è il tempo dove con
giusta proporzione puoi compiacere alla materia e allo spirito, andando
appunto composto l'uomo di anima, e di corpo: e poichè questo adesso
non si può, colpa in molta parte altrui, e moltissima nostra, di concetti
divisi, e di forze infermi, meglio che curvarci alla terra, sarà bello
lasciarci trasportare colà donde la nostra stirpe ci comparisce un
brulichio di formicole divorantisi fra loro sopra una zolla di argilla.
Dunque tu ti commetti in Dio?--Veramente l'uomo deve confidare in sè,
ed in Dio; ma troppe cose vi hanno nel mondo a compire le quali
l'uomo solo non basta; perochè niente o solo torni lo stesso; e finchè
dura il flagello che disgrega le menti e i bracci dei mortali, ripariamo in
Dio. A Dio poi è più difficile discredere, che facile credere: creature
noi, use a vederci sorgere obietti dintorno creati per natura o per arte,
come possiamo immaginare cosa non creata? Se Dio
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