Linfedele | Page 3

Matilde Serao

senza che l'amore, anche a grandi altezze di temperatura, gli infliggesse
le torture che subiscono gli animi deboli: nessuna tragica lotta interiore
lo ha travolto. Egli si è incontrato in due o tre donne, qualcuna
semplice e umile, qualche altra superba e appassionata; ed egli ha dato
e ha ricevuto felicità, ha dato e ha ricevuto spasimo, ebbrezza, delirio,
in uno scambio abbastanza giusto. È stato amato, per quanto ha amato:
combinazione rara, rarissima, che è data in sorte solo a coloro che la
vita vuole favorire. Herz è stato molto innamorato, molto fedele, molto
passionale e insieme molto sentimentale, senza soffrire troppo, poichè
le donne che lo hanno amato, erano alla sua altezza. Così gli è entrata
nell'anima una fatale fiducia di se stesso e dell'amore; egli ha finito di
temere le debolezze del suo temperamento; egli è stato certo di vincere
sempre, vincere dandosi all'amore, naturalmente, tutto quanto, ma
dandosi in una perfetta armonia di abbandono, ricevendo per quanto
dava, inteso per quanto intendeva, compreso e preso per quanto egli
comprendeva e prendeva: e non soffrendo. I suoi amori, prima dei
trentaquattro anni, sono fioriti senza catastrofi, dolcemente, lasciando
nel suo cuore e nel cuore della donna già amata, già amante, un
profumo soave. Ciò ha ancora aumentato la sua fiducia nel sentimento
e in se medesimo, e lo ha imbaldanzito sino al punto di credersi
intangibile al dolore di amore; egli ha perduto ogni criterio della
infelicità e della miseria morale che viene dall'amore, massime di
quella miseria e di quell'infelicità, che noi stessi portiamo nell'amore.
Infine, Paolo Herz è diventato un essere fiero della propria forza morale
amorosa, della propria sapienza amorosa, fiero di tutto conoscere e di
tutto poter vincere, nulla temendo, nulla vedendo, nulla rammentando,
cieco come tutti i fortunati, sui moti improvvisi e inaspettati della vita e
sulle contraddizioni crudeli della fortuna.
In questa istoria d'amore, Paolo Herz è il traditore.

II.
Luisa Cima ha ventisei anni. È piccola di statura, minuta di linee ma
non troppo scarna: anzi le spalle hanno una curva molle, le braccia sono
rotondette, il collo è pienotto, tanto che ella guadagna sempre nei
vestiti da teatro e da ballo, dove tutto questo si può mostrare nudo. Però
sembra così esile, così fragile che un nulla pare debba spezzarla. La sua
carnagione è di un pallore trasparente che non è senza grazia, poichè si
attribuisce a malattia, di cui ella sia convalescente o ad emozione di cui
sia in preda: mentre quel pallore è naturale, ella è in perfetto stato di
salute e delle sue emozioni nessuno ha saputo mai nulla. Spesso, però,
quando Luisa Cima ride, o quando cammina presto, o quando balla,
ondate lievi di sangue passano sotto quella carnagione bianca e se le
tolgono la sua aria interessante, la fanno ridiventare giovanissima, una
fanciulla che sia sposa da un anno.
I capelli di Luisa Cima sono nerissimi, di una grande finezza, morbidi,
così lucidi che paiono bagnati e malgrado che sieno molti, per la loro
finezza e per la la loro morbidezza, si possono chiudere in un pugno:
ella li rialza poco più su della nuca, in molle disordine, con una grossa
forcinella di tartaruga bionda, una sola, che ne trapassa il nodo e lo
sostiene: qualche ciocchetta lieve ne sfugge: sotto la linea nera che essi
formano, rialzati tutti sulla fronte e sulle tempie, la fronte si distacca,
più vividamente pallida. Gli occhi di Luisa Cima sono oscuri, di tinta
incerta. Ma oscuri, non neri: vi è chi li ha visti marrone oscuro e chi
grigio scuri: mai neri. La loro espressione è sempre duplice: tenerezza e
malizia, miste insieme. Spesso vi è lotta intima, fra queste due
espressioni: vince l'una o l'altra, secondo il momento. Talvolta la
tenerezza degli occhi di Luisa va sino al languore e quasi quasi
vorrebbe far credere a un sentimento segreto: talvolta la malizia
sopraffà la tenerezza e diventa impertinente, prepotente, provocante.
Ma il loro stato naturale d'espressione, di questi occhi, è una dolcezza
infantile mista a una scintillante malizia. A guardarli bene, però, questi
occhi sono scoraggianti. La sua limpidità è assoluta. Mai profondità di
pensiero li fa maggiori di sè, mai velo di lacrime li intorbida, mai
nuvola di tristezza li appanna: quello sguardo non è mai errabondo, mai

sognante, mai vago: ha una nitidità, una precisione, che taglia di un
colpo solo, tutti i vagabondaggi della fantasia. Niente di segreto.--Essi
non mostrano che quello che sono. E così, questi sono sinceri, perchè
dicono, senza reticenze e senza indecisioni, lo stato di animo di Luisa
Cima: tenerezza molta mista di malizia. E sono sempre le stesse parole,
poichè gli occhi sono sempre gli stessi e non altro.
La bocca di Luisa è formata di labbra sottili e pallidette nel loro roseo
tenue: i minuti denti, bianchissimi, nel sorriso
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