Linfedele | Page 2

Matilde Serao
cui appoggiava così volentieri il capo. A
Paolo Herz è restato, dall'adorazione per sua madre, una invincibile
inclinazione a tutte le delicatezze muliebri, un bisogno di tenerezza
quasi morboso, un desiderio di blande e innocenti carezze, una
necessità di chinare la testa sovra un petto femminile e di udire un
cuore tenuemente palpitare sotto il suo orecchio. Malgrado questo,
Paolo Herz, come si supponeva dovesse fare, non ha preso moglie. Una
sola volta nel suo segreto, ha avuto l'idea di sposare una fanciulla
intelligente e affettuosa, ma al momento di parlare, ha esitato,
dolendogli di lasciare una libertà tanto piacevole a un giovane: poi, la
vita lo ha condotto altrove. La creatura prescelta intimamente
dall'anima sua, ha avuto qualche vago presentimento di questa
probabile elezione: ha atteso lungamente e vanamente il segno reale:
ma ha finito per stancarsi e ha dato il suo cuore e la sua vita ad altri.
Paolo Herz sa di aver perduto per sempre l'occasione di essere
onestamente felice: ma il suo rammarico non è nè acuto, nè grande, nè
continuo. Invece, la libertà di cui dispone ampiamente, è una delle
maggiori gioie della sua esistenza, nè egli commette l'errore di gusto di
lagnarsi, mai, delle ore solinghe, mai egli invoca borghesemente le
dolcezze familiari, nella sua vita. Forse, nel matrimonio più perfetto,
con la persona che più egli aveva sognata di far sua, egli ha sempre
temuto un misterioso pericolo.
Paolo Herz è ricco. Egli ha avuto da suo padre e da sua madre una
magnifica fortuna, senza impicci, senza noie, perfettamente liquida,
denaro e denaro, cioè. In verità egli ne ha mangiato una parte, vivendo,
cioè amando, viaggiando, giuocando, spendendo il suo denaro in
piaceri alti, mediocri, e anche qualche volta, bassi: non prodigo,
generoso. A trentaquattro anni rimane ancora ricco: mentre ha già
percorso una metà del mondo; mentre ha già esaurito le tre o quattro
follie costose della giovinezza e della età meno giovane; mentre ha già
quasi toccato il fondo e anche assaporato un po' la feccia di quel

programma di lusso, di godimenti, di squisite ed estreme raffinatezze
che fa fremere ogni temperamento nobile e ardente. Egli non è, dopo
tutto questo, nè un vizioso, nè uno scettico, in fatto di sensazioni umane.
Ha avuto del gusto, un vivacissimo gusto per tutti i piaceri; ma non ha
lasciato che la depravazione toccasse il suo cervello; ma la sua
stanchezza delle cose è malinconica, non cinica.
Paolo Herz è un uomo eminentemente portato all'amore. Dopo aver
percorso tutte le vie dove vibra la vita, egli ha ritrovato, non so in quale
pozzo, la Verità; ed Essa gli ha detto una cosa antichissima: solo
l'amore vale la pena di vivere. Dotato di un temperamento caldo e
vivido, di una fantasia esuberante e gagliarda, di un profondo segreto
senso di poesia, queste sue qualità che, applicate a un'ambizione, ad
un'arte, a un apostolato, avrebbero reso illustre il suo nome, gli sono
servite solamente per amare e per essere amato, per ricercare, per
raccogliere e per chiudere nell'amore tutte le varie forme della felice
attività umana, per serrare nel piccolo giro di un amore muliebre ogni
desiderio, ogni speranza, ogni finalità.
Egli, però, non è un Don Giovanni. Nella sua anima esiste una limpida
corrente sentimentale che viene a temperare tutte le fiamme troppo
improvvise, troppo violente, troppo fugaci. Sentimentalità costante,
latente, intimissima, conservatrice di dolcezze miti e nascoste,
evocatrice di dilette e predilette immagini, rammentatrice di una figura
femminile, ahi, indimenticabile, la figura materna, tutta piena di grazia
e di modesta seduzione. Sentimentalità persino eccessiva, in un uomo
come Paolo Herz, e anche non scevra di strani tranelli e destinata a
procurargli le più elevate gioie del cuore, ma, fatalmente, anche a
condurlo su per l'erta tribolata del dolore. Forte della sua salute, della
sua bellezza, della sua fortuna, della sua libertà, corazzato in questa
lucente e salda armatura che gli ha concesso Iddio, destinato alle
vittorie, figliuolo primogenito del trionfo, Paolo Herz non ha che
questo lato debole, in sè, questa sentimentalità celata, ma prepotente
sovra ogni altro istinto, sovra ogni altra inclinazione. Ciò che rende
quest'uomo altero e robusto, fragile come un fanciullo, è appunto
questa larga fiumana sentimentale che confonde e affoga le sue forze,
in qualunque ora di battaglia. Quante volte, nell'orgoglio maschile, egli

ha tentato di liberarsi, di diventare duro e freddo, di non tremare per un
ricordo, di non impallidire per un nome, di non vibrare di pietà per uno
sguardo velato di lagrime, di non fremere di tenerezza dinanzi a un
volto smorto di malata: vanamente. I suoi avi di Germania gli hanno
trasmessa questa eredità del sentimento, molle e rorida, e il sangue
bruciante meridionale, col suo effuso ardore non è giunto a inaridirla.
Pure, sino a trentaquattro anni, Paolo Herz ha amato ed è stato amato,
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