pi�� luminosi che illustrarono la prima met�� del corrente secolo, e a guadagnarsi il suo posto d'onore a traverso le prove dei pi�� difficili confronti; i grandi, i solenni trionfi non mancarono a lui, ma delle cento sue opere, dove a sprazzi rivelasi una gran luce di fantasia, sol'una, la Saffo, and�� famosa pel mondo e fu degna di assidersi fra i pi�� insigni capolavori dell'arte italiana.
La biografia di questo infaticabile maestro pu�� fornire degli utili insegnamenti. Noi la riassumeremo in poche pagine, studiandoci innanzi tutto di essere esatti e sinceri.
Pacini nacque a Catania, e non gi�� a Siracusa, come scrisse il Fetis in quel suo emporio di inesattezze e di assurdi che s'intitola Dizionario biografico dei musicisti.
Il padre di Pacini era artista di canto, e pi�� volte ebbe a prodursi nelle opere del figlio, dapprima in qualit�� di tenore, quindi di buffo. Giovanni era attratto allo studio della musica da una vocazione irresistibile. Iniziato in et�� giovanissima all'arte del canto sotto la direzione del maestro Marchesi di Bologna, in breve, per impulso proprio, apprese anche a suonare il cembalo ed a comporre qualche pezzo sacro.
Il maestro Marchesi si affrett�� a coltivare nel giovanetto i pronunziatissimi istinti, ponendolo a studiare l'accompagnamento pratico, e affidandolo poscia al celebre padre Mattei, che fu, si pu�� dire, il maestro dei pi�� insigni maestri dell'epoca nostra. Dalla scuola del Mattei, Pacini pass�� pi�� tardi, in Venezia, a quella di Bonavventura Furlanetto, e quivi fu compiuta la sua educazione musicale.
In et�� di sedici anni, Pacini produsse il suo primo spartito al teatro di Santa Radegonda in Milano. Non era che una farsa e portava per titolo Annetta e Lucindo; quindi pel medesimo teatro compose l'Escavazione del tesoro, che l'erudito signor Fetis nel suo voluminoso Dizionario intitola: Evacuazione. Questi due primi componimenti del maestro giovinetto ebbero il pi�� favorevole incoraggiamento.
Scrisse poi alla Pergola di Firenze una prima opera in due atti, intitolata l'Ambizione delusa; quindi, tornato a Milano, fece rappresentare al teatro Re tre operette, la prima col titolo: _Dalla beffa al disinganno, la seconda: Il Matrimonio per procura_ e la terza: Il Carnovale di Milano. La poesia delle tre farse era scritta dall'abate Anelli, poeta di argutissimo ingegno.
Ma le prime opere che davvero posero in luce il nome di Pacini, furono l'Adelaide e Comingio, l'Atala e la Sacerdotessa d'Irminsul, le quali vennero riprodotte in quasi tutti i teatri d'Italia, esclusi la Scala di Milano, il San Carlo di Napoli, il Regio di Torino e la Fenice di Venezia, che a quell'epoca erano considerati i soli teatri di cartello. Per ottenere al giovine maestro che una sua opera fosse prodotta in uno di questi insigni teatri, si volle il soccorso di una di quelle circostanze che decidono qualche volta le sorti di un individuo.
Nell'autunno del 1819 si era ammalato il basso De-Grecis che doveva sostenere alla Scala una parte di somma importanza nel _Finto Stanislao di Gyrowets_. Per supplire a questo celebre artista, l'impresario dovette ricorrere al buffo Pacini, il quale, assumendo di prodursi entro tre giorni colla parte destinata al De-Grecis, mise a patto che il proprio figlio venisse scritturato per scrivere un'opera alla Scala in quella stagione.--Cos�� furono aperte al giovane maestro le porte del grande teatro, dove con lieto successo venne rappresentata la sua opera: Il barone di Dolshein. La seconda opera che il Pacini compose pel teatro alla Scala fu il _Falegname di Livonia_. Nel libro pubblicato dall'illustre maestro che s'intitola: Le mie memorie artistiche, si legge una curiosa statistica delle paghe che a quell'epoca venivano retribuite ai compositori di musica. Pel Barone di Dolshein il maestro intasc�� cento zecchini; per la Sposa fedele trecento bavare, pel Falegname di Livonia dugento zecchini. Rossini, alla medesima epoca, della sua Bianca e Faliero ebbe cinquecento zecchini. �� da notarsi che la pi�� parte di queste opere, apparse in quella che noi chiameremo la prima epoca dell'illustre maestro, vennero composte in uno spazio brevissimo di tempo. Pacini, a' suoi primi anni, scriveva delle farse in tre o quattro giorni, e l'opera grandiosa, la Sacerdotessa d'Irminsul, composta su libretto del Romani, fu condotta a fine in ventotto giorni.
In musica Pacini era improvvisatore. Da ci�� forse la breve vitalit�� di molti suoi spartiti, quasi tutti ingemmati di felicissime melodie, quasi tutti improntati di un marchio originalissimo, ma nondimeno incompleti e in alcune parti meno che mediocri.
Gli ingegni come quelli del Pacini sono destinati a produrre l'oro greggio. Sono dessi che forniscono la ricca miniera, dove tutta una generazione di musicisti pu�� attingere dei tesori inestimabili. Questo spontaneo ed esuberante improvvisatore ha aperto un ricchissimo emporio ai ladri dell'avvenire. Chi sapr�� derubarlo per bene, otterr�� forse maggior fama e pi�� duratura.
Rossini diceva: ?Guai se quest'uomo sapesse la musica! nessuno potrebbe stargli a paro.? S'egli avesse meditate le proprie composizioni, e imposto un freno alla sua foga estemporanea, Pacini
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