Libro proibito | Page 9

Antonio Ghislanzoni
che un mezzo onde voi possiate educarla in guisa che ella si renda
degna di mettersi a pari colle dame del buon genere. Obbligatela ad un corso di
rappresentazioni drammatiche al Manzoni o in altro teatro dove si recita la buona
commedia. Dopo venti o trenta serate di tal regime, vi prometto che ella comprenderà

perfettamente di esser stata una gran bestia ad appagarsi di voi, e quando meno ve lo
aspettate, verrà a declamarvi sul muso l'apologia dell'adulterio. Una donna onesta

null'altro può imparare alla scuola del teatro moderno.
[5] Qualcuno bramerà sapere chi sia questo Gellio, al quale sono indirizzati molti de' miei
epigrammi. Dirò: Gellio non è un individuo, sibbene il riassunto di molti individui. È un
composto di asino e di briccone; di asino che sa scrivere, di briccone che ha l'aria di
gentiluomo; sono tipi che abbondano. Io n'ho visti e praticati parecchi, e spero che
picchiandone uno, la battitura venga sentita da molti.
[6] In un mio recente viaggio lungo la penisola, soffermandomi in certi gabinetti che non
è bello nominare, ho dovuto convincermi che l'incarico della decenza pubblica e privata
oggidì viene esclusivamente affidato ai prodotti della stampa periodica. In molti casi,
sono due imbratti che si incontrano.
[7] In seguito alle perquisizioni praticate a Parigi l'anno 1871 negli Uffici della Comune,
venne trovata la seguente lettera, diretta da Giulio Vallés al cittadino Protot:
«Mio caro amico,
«Considerando che la più parte de' miei impiegati scrivono il francese come altrettanti
conduttori d'omnibus
«Considerando che la grammatica è il più grande dei pregiudizî, la più stupida delle
convenzioni stabilite dalla antica tirannide, ecc. ecc.
«La Comune di Parigi decreta:
«ARTICOLO UNICO.
«Il libro di Vöel e Chaptal, intitolato Grammatica francese, non verrà più insegnato nelle
scuole del Governo, essendo volere della Comune che tutti i cittadini dello Stato sieno
liberi di esprimere le loro idee come loro talenta meglio.
«GIULIO VALLÉS.»
Si comprende come in Italia non pochi giornalisti parteggiassero e parteggino ancora pel
liberalismo dei Comunardi.
[8] Le scandalose intraprese del padre Theöger direttore di un collegio di ignorantelli; le
prodezze altrettanto laide che valsero al Padre Ceresa un processo ed una grave condanna,
o i frequenti casi congeneri che si sviluppano ogni giorno da altri istituti maschili
governati dai molto reverendi, non valgono a dissuadere certi padri e certe madri dal
gettare in balìa di tali educatori i loro figli giovinetti. Questi padri e queste madri,
leggendo il mio epigramma, lo chiameranno indecente; io ritengo più indecente la loro
condotta. Essi diranno che i loro figli si guasterebbero il cuore a leggere i miei otto versi;
io ripeto, che in un collegio di barnabiti o di gesuiti accadrebbe loro di guastarsi.... il
cuore e tutto il resto. Ma pare che certi parenti il resto lo contino per nulla.
[9] È bene che le leggi impongano un freno al libertinaggio, ma vi ebbero in ogni tempo

dei galantuomini e degli uomini insigni, i quali amarono sfrenatamente il bel sesso e
peccarono d'ogni lussuria. Ho conosciuto dei libertini incorreggibili dotati delle più elette
virtù. Leggete in Plutarco le vite degli uomini illustri. I più famosi capitani, i più saggi
legislatori scandolezzarono il mondo colle loro disonestà. Di Giulio Cesare dicevasi che
era il marito di tutte le mogli, la moglie di tutti i mariti. Mostriamoci indulgenti a tali
debolezze. Questione di cervelletto e di midollo spinale.
[10] Nella Confessione generale di un critico ho sviluppato più largamente le idee
accennate in questo epigramma. Amo riprodurre un frammento di quell'articolo:
«Critico letterario suol essere ordinariamente uno scrittore dappoco, negletto dagli
editori e dal pubblico, inetto a concepire ed a produrre delle opere attraenti, epperò
nemico giurato di chi fa, di chi riesce coll'ingegno e collo studio ad
elevarsi--Critico
musicale è quasi sempre un musicista abortito, il quale, dopo aver pubblicato una dozzina
di polke pel consumo dei salumieri, od aver prodotta un'opera altrettanto elaborata che
stucchevole, pretende erigersi a maestro dei maestri, o avventandosi a quanti ottengono
dei luminosi successi, crede rivendicare, col disprezzo di ciò che è buono e generalmente
lodato, la propria impotenza e le sconfitte obbrobriose--_Critico d'arte_ è sovente un
pittore reietto dalle Accademie e obliato dai committenti, i cui quadri, venduti sulle
pubbliche aste e passati dall'uno all'altro rigattiere, vanno poi ad affumicarsi sulle ignobili
pareti di qualche osteria da villaggio.
«Non avvi idiota, il quale non sia in grado, al più o meno peggio, di esercitare il mestiere
del critico. È tanto facile stampare su un quadrato di carta: Manzoni è un gramo poeta,
Verdi fa della musica intollerabile. Vela è uno scrittore mediocre; ma non è dato che agli
artisti di genio scrivere il Cinque maggio, fare un'opera come il Rigoletto_ e trarre dal
marmo uno _Spartaco.
[11] Questo, e l'epigramma che segue, han preso argomento da un libro di Cesare
Tronconi apparso
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