Libro bizzarro | Page 3

Antonio Ghislanzoni
chiesi al precettore: sarebbe, Vostra Sapienza, tanto cortese da dirmi
il cognome dei proprietarii di questa casa?
--I proprietari di questa casa, rispose Spugna-di-Senno, discendono
dalla illustre prosapia dei Batti-l'-oro. Debbo però avvertirvi che
nell'isola nostra voi passereste per uomo di cattivo gusto chiamando le
persone col cognome collettivo di famiglia. Gli abitanti di questo paese
ci tengono assai al loro nome personale, il quale ritrae, come forse vi è
noto, le qualità più spiccate di ciascun individuo. A tal punto, il
maggiordomo ricomparve sulla porta del salotto ed annunziò
seccamente l'arrivo di Alba-di-maggio.
Era una donna di quarant'anni all'incirca, assai florida e bella.
Gallo-di-fuoco al vederla spiccò due salti per farsele incontro, ma il
precettore lo trattenne per un braccio.
Alba-di-maggio vide e comprese--e volgendosi amabilmente a
Gallo-di-fuoco: le prometto, disse sorridendo, che le mie figlie non si
faranno attendere lungamente.
--Le sue figlie!--esclamò il giovane arretrando--ma io mi ero quasi
innamorato della madre.... Ah! è pur bella, è pur seducente questa
Alba-di-maggio!
Il fruscìo di una veste di seta attrasse nuovamente i nostri sguardi verso
la porta, e una giovinetta leggiadrissima si fece innanzi salutandoci tutti
quanti con spigliatezza elegante.
--Ecco la mia figlia più adulta, sclamò Alba-di-maggio. Il di lei nome...
--Vediamo un po' se questo bel signore è capace di indovinarlo!
interruppe la giovinetta indirizzandosi a Gallo-di-fuoco che stavolta
avea fatto quattro giri di piroetta per dissimulare la propria
emozione.--Per agevolarvi un tal compito, vi dirò che il mio nome
riproduce un tratto caratteristico del mio volto.... dunque, fissatemi gli
occhi in viso... e poi... dite...!
--Il vostro nome, riprese Gallo-di-fuoco al colmo della emozione, non

può esser che Occhio-di-Anémone... ovvero...
--Abbasso l'ovvero!--gridò la fanciulla battendo le palme--avete colto
nel segno di primo tratto... Io mi chiamo Occhio-di-Anémone... come
voi, mio bel signorino, dovreste chiamarvi.... dovreste.... chiamarvi....
Via! Ajutatemi un poco...
--Nel mio nome, rispose il giovane con ansia mal dissimulata, si
riassumono due tratti caratteristici della mia figura e del mio
temperamento.
--To! To! strano davvero! sclamò la fanciulla ridendo--sta a vedere che
i vostri parenti hanno avuto il cattivo gusto di battezzarvi
Pollo-di-fuoco!» Il giovane arrossì e chinò la testa con aria
mortificata--poi disse: fra un pollo ed un gallo vi hanno poche
differenze apparenti--ma io ritengo che in ogni caso della mia vita farò
onore a quei presaghi osservatori della mia adolescenza che mi
chiamarono gallo.
Ciò detto, il giovane mi trasse in disparte per mormorarmi all'orecchio:
«io sono furiosamente innamorato di Occhio-d'-Anémone--ma vedo
che Ella non vorrà saperne di me, e che io dovrò morire di crepacuore.
Una voce melodiosa che augurava il buon giorno a tutti riscosse il
giovane isolano da quell'effimero abbattimento.
Era entrata nella sala la sorella di Occhio-d'Anémone.
Il povero giovane, ch'era rimasto poco dianzi in tale atteggiamento da
assomigliar per davvero ad un pollo uscito dall'acqua, si rifece gallo al
suono di una voce argentina, alla vista di un volto che vinceva in
bellezza la idealità più fantastica.
--Bocca-di-fragola! esclamò il giovane più che mai ringalluzzito.
--Bocca-di-fragola per lo appunto, rispose la giovinetta battendo le
mani.

--La mia secondogenita, soggiunse amabilmente Alba-di-maggio.
In quel punto la porta della sala si riaperse per dare accesso ad altre
donne.
--Tu qui, Biscia-d'avorio!...
--E tu pure, Conca-di-perla!
--Voi... Pan-di-buttiro!...
Mentre le donne e le damigelle si baciavano allegramente, il precettore
mi trasse in disparte e mi disse: «vedete come accorrono, quelle brave
ragazze, al richiamo di un gallo...! Ciò mi è di buon augurio.
Gal-di-fuoco, malgrado le sue vesti di tulle leggerissime e
trasparentissime, sudava dalla commozione.
--Se queste signorine lo permettono, disse balbettando, io spalanco le
invetriate che danno sul giardino...
--In giardino! in giardino! strillò all'unissono quel festevole coro di
fanciulle. E senz'altro, circondarono Gallo-di-fuoco, lo afferrarono per
le mani; per le code del soprabito, e saltando, ridendo, trillando, lo
trassero fuori del salotto.
Io rimasi nel salotto col precettore.
--Che ne dite? mi chiese Spugna-di-Senno; a voi, nato e vissuto in
Europa, i nostri costumi parranno alquanto singolari...
--Tanto singolari, che se voi, sapientissimo e facondissimo precettore,
non mi porgete qualche schiarimento, io non saprò mai spiegarmi
quanto ho veduto ed udito in questa casa. Ciò che più mi ha sorpreso,
ciò che quasi mi ha scandalizzato, fu la petulanza, o piuttosto (scusate
s'io parlo franco), la impudica sfrontatezza di quelle fanciulle. Da noi in
Europa...
--Conosco, conosco la vostra vecchia Europa, interruppe

Spugna-di-Senno. Non parlatemi dei vostri costumi. Se poi volete
formarvi un giusto criterio dei nostri, mettete da banda i pregiudizi e le
ipocrisie; e innanzi tutto fissatevi ben in capo quanto vado a dirvi, che
qui da noi nessun legislatore o ministro del culto s'è mai sognato di
infliggere una nota di infamia a quell'atto di propagazione che la natura
si piacque imporre a tutti gli esseri organizzati. Anche noi abbiamo
poetizzata questa istintiva e provvidenziale attrazione
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