sue pupille.
Ella l'am�� e l'uccise.
Dei prigionieri poi fiss�� la sorte;?Prescrisse strane leggi; ogni coorte?Vide sfilare in una polve d'oro.?I serti vinti chiuse nel tesoro?E prodig�� le gemme. Poi le sale?E i cortili s'aprir�� a colossale?Festa.
Nel colmo del gioir furente,?Ella scomparve. And�� per la silente?Aperta scala al sommo del palazzo?D'onde scorgeva l'assordante e pazzo?Spettacolo dell'orgia impicciolito.?E allor pens��, pens�� con infinito?Ardire. Ed un des��o sent�� dolente?E acuto; e assorta sulla sala ardente,?Che avea per v?lta il cielo imperturbato,?Ora volgeva l'occhio ancor velato?Da torve ebbrezze, ora mirava invece?Le calme stelle scintillanti. Fece
Un gesto stanco, indi la mano stese?E lentamente una gran coppa prese,?E la vuot�� con un gesto demente.?S'accese la pupilla stranamente,?Spar�� dinanzi agli occhi suoi la festa,?Curvossi indietro la sua bella testa?Smorta e bramosa sotto il diadema,?E cadde morta in una ebbrezza estrema.
XIV.
LA BARCA
Vidi una rotta barca sopra l'umida?Spiaggia caduta, e giunta ai giorni estremi;?Dall'albero pendea una vela lacera,
Eran perduti i remi.
Smarrito �� ormai il vessillo che fluttua,?Franto il timon, le sarte--e la sirena?Scolpita sulla prua, ridente al p��lago,
Ahi! giace nella rena.
E gli arabeschi, e le dorate, ingenue?Pitture son raschiate, e nulla resta?Della prima parvenza e del bell'impeto
Delle sere di festa.
Triste rovina avvolta nella polvere,?Pur bella ancora per le svelte forme!?--Simile all'uom che all'avvenire torbido
Stanco rinunzia e dorme.
Tra le nubi del ciel, beffardo irrompere?Scorgeasi un raggio sulla terra serena.?Guardai. Sconnesse erano ormai le fradicie
Coste della carena.
Era quella la barca che l'oceano?Dovea meco solcar cercando i lidi?Dove viviam felici nell'orgoglio
Dei sentimenti fidi.
Era quello il navilio delle fervide?Speranze nelle imprese ardimentose?Per cui s'attese invan vento propizio
Mentre appassian le rose.
Non indugiate mai, voi che la gondola?Tenete in riva pronta per salpare.?Furioso irride con lo scherno orribile
Agli aspettanti il mare.
Varate pur tra la bufera rapida?In tra i lampi ed i tuoni e le saette,?Fidate pur le vostre gioie al turbine,
A un fragil alber strette!
Per chi parte tra i fulmini e le tenebre,?Sfidando il mar con una fede ardita,?Spesso si snebbia il cielo e azzurro illumina
Una novella vita.
XV.
. . . . .
Alta e superba nella sculturale?Perfez?on delle sue forme pure,?Pare una statua greca--eppur sa il male
Delle tristezze oscure.
Divine son le linee del suo volto,?Le curve altere della sua persona.?--Nel bianco petto �� un cor che soffr�� molto
E al soffrir s'abbandona.
Invano nel mirare il suo profilo?Scorre il pensiero ai lieti d�� d'Atene?E ricordiam la Venere di Milo.
--Le ore non son serene.
A poco a poco sul marmoreo viso?Nuovo pallor pose la vita. Antica?�� la bellezza sua, ma il suo sorriso
Conosce la fatica.
XVI.
RESURRECTA
Che la vostra miseria non mi tange,
N�� fiamma d'esto incendio non m'assale.
DANTE
*
Ella gi�� visse nell'antico Egitto,?Tra le citt�� che sembran vis?oni,?Allor che gloriosi nel delitto
Trionfavan superbi i Faraoni;?E guard�� calma col gran d'occhio nero?Le feste immense e l'orride tenzoni.
Pallida e bruna, col sorriso altero,?Della immobile Sfinge colossale?Sfid�� lo sguardo bianco ed il mistero
Con la serenit�� d'una rivale.?--E degli amori sempre pi�� implacati?Conobbe il peso e il f��scino letale;
E gli ascosi desir negli abbagliati?Occhi d'intera folla plaudente?E le brame che lottano coi fati.
--Poscia spar�� d'in mezzo a quella gente,?La splendida sua vita ebbe una fine;?Crebbe il pallor, f?r le pupille spente,
S'irrigidir le sue forme divine?Qual prodigio che subito s'arresta,?E nel sonno cal�� senza confine.
In bende avvolta fu dai pie' alla testa,?E sotto la piramide, in l'eletto?Sepolcro preparato come a festa,
Dorm�� mill'anni con lo stesso aspetto.
? *
Ora �� fra noi. Per mistica e segreta?Legge rinata sotto nuovo clima,?Come una evocazione di poeta,
Bellezza tal che realt�� sublima!?I dolori dell'oggi ed i desiri?Guardando senza sprezzo e senza stima.
Ahi! non cura le gioie ed i martiri?Di quest'epoca folle ed ammalata,?Ed ignora la causa dei sospiri.
E resta calma e pensierosa, e guata?Tra le piccole feste e il triste amore,?Nel trionfo paranco trasognata.
Della sua vita e morte anter?ore?Un vestigio sul viso l'�� rimasto;?Vi si scorge il ricordo che non muore
Dei sogni ardenti e del suo sonno casto.
XVII.
FRA I MONTI
*
Giovani e gi�� dalle uniformi grevi?Vicende affranti e dal tornar dei giorni?Inesorabili,?Dagli anni lunghi e dai d�� troppo brevi?Ora tumult��osi or disadorni,
Risospinti dal caso, ancor riuniti,?Ma pi�� divisi assai che dagli eventi?Dal sentir intimo,?Un istante obliavano, smarriti?In te, Natura, che il cuore addormenti.
? *
Andavan soli come ai d�� passati?In una valle chiusa in mezzo ai monti.?Era il meriggio,?Ma sui verdi sentier dal sol dorati?Nell'alme loro v'eran due tramonti.
Ei camminava mesto, lentamente.?Guardando le pupille dolorose?D'azzurro limpido?E la purezza del profilo, e spente?Quasi sul volto a lei le belle rose.
Gli antichi d�� parean tornati ancora;?Ei credeva sognare un sogno vero.?Le foglie tremule?Mormoravan su lor come in allora?Che Amor li precedeva sul
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