il portamento libero e spedito,
La mano bianca del lavoro schiva,
Il volto pallido?Ed i bruni capelli inanellati,?La mente tanto imaginosa e viva?
Perchè il suo spirto aspira ai grandi fati,
Alle battaglie,?All'avventure ed ai perigli strani,?Alle pene sublimi, ai dì beati?
Contento ei già vorrìa morir domani
Purchè una pioggia?D'amor sentisse scender nel suo core,?E tener fra le sue due bianche mani
Potesse nella calma che in amore
Segue la torbida?Divina ebrezza che fa l'uomo altero?E gli fa rinnegare ogni dolore.
Oh! se trovasse in mezzo al suo sentiero
La mesta e giovane?Castellana sognata lungamente?Nelle malsane gioie del pensiero,
Superba e di bellezza risplendente,
Ma resa languida?E impietosita da un accento vero,?Dal suo liuto o da un sospiro ardente,
Ei non vorrìa parlar, ma l'occhio nero
A lei rivolgere?Saprìa soltanto, e col ginocchio al suolo?Offrirle alfine il suo core sincero.
E tutto dirìa poi con voce lenta:
Il lungo attendere,?L'antica speme ed il suo giovin duolo,?E la brama divina che il tormenta,
E della fantasia il mesto volo,
E il caldo irrompere?Dei desideri immensi e trionfanti?Dal cielo giunti in amoroso stuolo:
E tra le varie note de' suoi canti
La dolce ed unica?Nota che torna sempre inesorata,?Fra l'acre gaudio dei soppressi pianti
E il balsamo dell'alma innamorata,
E allor la fulgida?Dama un sol bacio gli porrìa sulli occhi?Ed ei con l'alma lieta ed affannata
Il volto asconderìa nei suoi ginocchi.
Egli andrà in fondo al lungo suo sentiero?Senza trovare il dolce dì sognato.?Ella all'oceano?Calmo o furente volgerà l'altero?Languido sguardo interrogando il fato
Che non si può mai compiere.
Oh! chi può dir di questi amori, ignoti?L'uno all'altro qui in terra, il compimento?Paradisiaco??Oh! quando fiano i lor desiri immoti?E in un confuso il duplice lamento
E l'ineffabil gaudio?
Quanti tramonti ancora e quante aurore,?Quanti voli da questo a quel pianeta,?Oh! quanti secoli?Dovran fuggire pria che il dì d'amore?Sorga a riunire il giovane poeta
Alla sua dama pallida?
. . . . . . . . .
III.
STORIA DI MARE
Spuntava il dì sereno; non aleggiava vento?Sulla spiaggia che il flutto batteva molle e lento,?Da breve ora soltanto s'era levato il sole.?La pura aura marina, che spira fresca ed ole?Con un profumo amaro, facea ondeggiar la tela?D'una tenda costrutta con una vecchia vela.?Non una voce. Solo come un punto in distanza?Qualche barca da pesca che lentamente avanza.?Ma a un tratto dalla tenda una fanciulla bionda,?Bella come la Venere che sorge in mezzo all'onda,?Uscì qual vis?one luminosa, inattesa.?Sulle spalle superbe la chioma avea distesa,?Ed il vestito bianco svelava la bellezza?Delle sue forme pari alle antiche in purezza.?I piedi sulla rena lasciavan delicata?Orma di piante e dita che parevan di fata.?Con gli occhi color d'aria dalle arcuate ciglia?Guarda la giovin scena a cui ella somiglia?Con una espressione di gioia giovanile.?--O la freschezza lieta d'un bel giorno d'aprile!?Per toccar le conchiglie s'abbassava talora,?Ed una ne ammirava tutta rosea, e sonora.?Si soffermò un istante, gettò uno sguardo intorno?All'orizzonte chiaro dove brillava il giorno,?Formando una visiera della sua aperta palma,?E poi ridente, piena d'una letizia calma?Corse nel mar, siccome da alcun desir fatale?Attratta, e avviluppata da un fascino ideale.?--Poi le mancò il terreno ed allungò le braccia,?Le aprì, le riallungò, seguendo una sua traccia,?E cominciò a nuotare con leggiadra baldanza.?Già nelle prime mosse pervenne a una distanza?Incredibil dal lido--elegante e veloce.
Non si sarìa potuta richiamar con la voce.?Dritto davanti a lei, rapida e risplendente?Ella fendeva i flutti, e ognor magistralmente?Alzandosi e abbassandosi nel variato suo corso,?Talvolta si voltava e nuotando sul dorso?Guardava il vasto cielo, e sul fianco talvolta?Al lido la dolcissima faccia tenea rivolta,?Giuocando e andando sempre, come fosse rapita?Dai venti--e poi talora in estasi infinita?Parea dormisse, chiusi gli occhi azzurri e belli,?Sparsi sul bianco viso i biondi suoi capelli.
Quest'era dall'infanzia il solo suo piacere.?Sempre la si vedeva e per giornate intere?Correre verso il largo. Preferiva il mattino,?L'ora in cui è deserto il lido ed il cammino.?La conosceva appena un vecchio marinaro.
Al bacio sol dell'onde fremea quel corpo ignaro.
Non si potea per essa conoscer la paura.?Appena circondata dall'acqua amara e pura,?Era nel suo elemento; e quando poi serena?E allegra uscìa dai flutti, simile a una sirena,?Il suo bel corpo bianco destava meraviglia.?Pareva il mar sua culla, ella del mar la figlia;?Del vasto oceano ignoto ognor sentiasi amica?Ed ignorava ancora che fosse la fatica.?Con le braccia sublimi qual di marmo animato?L'Ellesponto ella pure avrìa attraversato?Senza paura--ed anco senza desir d'amore!?E spesso nella calma estiva e verso l'ore?Pesanti del meriggio, scotendosi le goccie,?Usciva tutta gaia, e in sulle ardenti roccie?Si coricava offrendo del sole ai caldi baci?Le giovanili forme innocenti e procaci.?Là rimaneva a lungo placidamente, l'alma?Sentendosi confondere alla natura calma.?L'ira degli elementi per lei era una festa?E sorrideva altera in mezzo alla tempesta.?Era una dolce musica per lei lo spaventoso?Rumoreggiar dei flutti che non hanno riposo?E fra le nubi oscure il sibilar dei venti!?--Ma preferìa l'arcano amor degli elementi,?Il lungo bacio queto del pelago alla terra?Allora che dei nembi s'è calmata la guerra,?La molle ondulazione che ne viene dal largo?Quando tutto s'addorme in un lento letargo,?E quando, per
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