Le nostalgie | Page 2

Luigi Gualdo
del vento,

Dall'amor della donna a quel del fiore.
Scrutar dovremmo arditi ogni problema,
Dall'eterno mister che su noi
libra
Il cielo limpido,
Fino al basso sentire che ne scema
L'intelligenza e
in noi la forza sfibra.
Se il robusto voler che l'alma eleva
Sentiamo sol per un fugace
istante,
Se manca al povero
Turbato spirto una possente leva,
Al nostro
core un palpito costante,
Troviamo almeno in tanto male istesso
Forme novelle all'arte
imperitura,
Cantiam l'angoscia
Del morbo arcano ond'è lo spirto oppresso
E i

dolor vani aggiunti alla natura.
Ma celar non dobbiam la brama intensa
Di purezza ch'è in noi--acre
rimpianto--
Nè il sogno roseo
Che ognor davanti all'occhio d'uom che pensa

Sorge soave tormentoso incanto.
Tentiamo sviscerar dalla moderna
Vita febbrile un'arte ultima e
nuova,
D'onde gli acrissimi
S'alzan profumi e dove chi s'interna

L'inconscïente suo mal or ritrova.
Ma ricordiam che batte eternamente
In petto all'uomo un immutabil
core,
E che negli ultimi
Stanchi poeti d'una smorta gente
Della lira
d'Orfeo l'eco non muore.
II.
SEPARAZIONE
Weary to death with the long hopeless keeping
The watch for day that
never morroweth.
JOHN PAYNE.
A GIUSEPPE GIACOSA
*
Sopra il vasto terrazzo in marmo bianco
Sta, seduta la dama altera e
bionda;
L'atteggiamento sul sinistro fianco
Rivela lassitudine
profonda.
Attraverso le fronde verdeggianti
Sereno è il cielo sull'immenso mare,


E s'ode l'eco dei remoti canti
De' pescator che van per l'onde
amare.
Ella è vestita di velluto rosso
Con ricche trine e gemme rifulgenti;
Il
suo corpo divin talora è scosso,
Rabbrividisce... eppur son dolci i
venti,
E all'azzurro lontan volge l'azzurro
De' suoi sguardi pensosi, ma
l'arcano
Indistinto pensier senza susurro
E senza gesto, va assai più
lontano.
0. *
Il suo pensier traverso il bene e il male,
Or chiaro or torbido,
Come nave sul mare a gonfie vele
Vola nel
sogno verso l'ideale.
Ella ha sete e vorrìa l'assenzio e il miele,
La manna e il tòssico,
E sente in seno l'onda d'una brama
Che or
soave diventa ed or crudele.
Ella giunge le mani e attende e chiama,
Tra speme e tedio,
Il presentito compimento ignoto
E la gioia fatal
che ha sol chi ama.
Chi ama e vive e più non sente il vuoto
Dell'ore rapide,
E la pace che fa invocar la guerra,
E l'avvenir che
ognora è più remoto.
E il suo core talor tutto si serra
E cessa il palpito,
Ma poi torna il desir senza la speme
E le sembra
esser sola sulla terra.

E mentre ignara del suo mal pur geme,
La solitaria
Dal cielo implora i tormentosi affanni,
Purchè vi sia chi
con lei pianga insieme.
E che dan le dovizie a' suoi vent'anni?
L'avito orgoglio
E le turbe inchinate al suo passaggio?...
Ella
vorrebbe dispiegare i vanni
Dell'alma ardente al fulgido miraggio!
--Ma resta immobile,
Schiava del fato, con la testa china,
Nè sa
perchè tanto l'attrista il maggio;
Nè sa perchè, quando il sole declina,
E malinconica
Scende la sera sulle umane cose
E par misterïosa la
marina,
E sullo stelo languono le rose,
E le mestissime
Note lontane dell'Ave Maria
S'odon venire in tra le
piante ombrose,
Ella sente un conforto ignoto pria,
Ed una languida
Pace discende sullo spirto stanco
E dormire per
sempre ella vorrìa,
Ma invano poi sull'inquieto fianco
Sonno benefico
Attende mesta fino alla mattina.
Oh! perchè
abbrucia il suo guanciale, bianco
Come la neve sopra vetta alpina?
E perchè pallido
Ogni dì più diventa il suo bel volto,
Più flessüosa

par quando cammina?
E che le fa l'aureo crin disciolto
Ad ogni zeffiro,
E che le forme pure e sculturali,
Se l'occhio
indarno all'orizzonte è vólto?
Se indarno sente che le batton l'ali,
Se niun può leggere
Le cifre arcane che il suo sen racchiude,
Le
aspirazioni giovani, immortali?
Tremando, con la mente ella dischiude
La strada al torrido
Lontan paese ove il suo sire ha vinto
Le barbare
tribù feroci e nude,
E d'onde dee tornar, di gloria cinto,
Al freddo abbraccio
Di lei che invano egli amerìa d'amore,

Mentr'ella ha il cor dal dover solo avvinto.
Ella tutto darebbe--e lo splendore
Delle sue caccie,
E le sale dorate ov'ella deve
Sotto un sorriso
ascondere il dolore,
(Mentre la luce le fa il cor più greve)
E le magnifiche
Gemme pesanti sulle bianche spalle,
Pari a rugiade
sparse sulla neve,
E le vesti per oro antico gialle,
E pur le candide
Storiche perle della sua corona,
E il feudo antico e
monte e piano e valle,
Per un dì sol di vita vera e buona.

0. * *
Sotto il terrazzo, per l'angusta via
Dalle libere frondi ottenebrata,

Un giovanetto pallido s'avvia
Verso la mèta della sua giornata.
La mèta incerta ov'ei sarà la sera,
La borgata ove forse avrà riparo.

Va col liuto ad armacollo e spera
Che il castellan non gli fia troppo
avaro.
La chioma bruna scende in molli anella
Sul collo bianco e sul farsetto
umile,
Ha l'occhio grande e ner, parvenza snella,
E il sorriso sul
labbro giovanile,
Mentre lo sguardo è già pensoso e triste
E il magro viso è contro il
mal già fiero
Come di chi traverso al duol persiste.
--Tal va l'ignoto
e bello passaggiero.

E andando per la strada polverosa
Egli fantastica
Come si suole nell'età primiera
Quando la vita appar
misteriosa.
E sente in
Continue reading on your phone by scaning this QR Code

 / 20
Tip: The current page has been bookmarked automatically. If you wish to continue reading later, just open the Dertz Homepage, and click on the 'continue reading' link at the bottom of the page.