borsa fará parere il vecchio giovane alla donna: le
darò danari al doppio.
CRICCA. È vero che non la pagherete se non di doppioni.
PANDOLFO. Il malanno che ti venga! io vorrei che tu mi alleggerissi e
non mi aggravassi i miei guai. Per che ti dissi al principio che tu hai
sempre avuto dell'asino.
CRICCA. Se ho avuto dell'asino in consigliarvi, da or inanzi avrò del
savio nel tacere. A' padroni bisogna dire che i suoi vizi e mancamenti
sieno virtú, se vuoi sperare utile; ché facendo il contrario, è molto
pericoloso. Vorrei che vi valeste di quei consigli con li quali consigliate
gli amici vostri.
PANDOLFO. «Sempre fu grand'abondanza di consiglieri e carestia
d'aiuti». Vorrei piú tosto che mi escusasti che reprendesti: vo' aiuto e
non consiglio. Se vuoi consigliarmi, ammazzami e finiscila presto:
tanto è possibile lasciare questo capriccio quanto me stesso. In somma
Artemisia....
CRICCA. Artemisia? proprio erba per i vostri denti!
PANDOLFO. «A cavallo vecchio erba tenerella».
CRICCA. Ben che lo confessiate che sète cavallo. Che volete donque?
che vi sia ruffiano?
PANDOLFO. So che a te non si potrebbe fare piú gran piacere che
essere richiesto di ruffianeria; ma io ti vo' per aiutante.
CRICCA. Dite su.
PANDOLFO. Tu sai che ci convenemmo insieme con Guglielmo, io
dargli Sulpizia mia figliuola per moglie, ed egli a me Artemisia sua
figliuola, chiedendomi due mesi a fare le nozze, finché andasse e
tornasse di Barberia....
CRICCA. Ed in un'ora non poteva andare e ritornare dalla barberia?
PANDOLFO. Come in una ora si va nell'Africa?
CRICCA. Io pensava dalla barberia a farsi radere la barba.
PANDOLFO. ... Or io passava questo tempo al meglio che poteva con
la speranza del suo ritorno, quando ecco nel piú bello delle speranze
vien nuova che è sommerso nelle sirti. Quanto dolor n'abbi sentito lo
lascio considerare a te.
CRICCA. Seguite.
PANDOLFO. Non potendo io piú sopportare, la feci chiedere a Lelio
suo figliuolo, il qual mi fe' rispondere che in casa sua non si dilettavano
di anticaglie ma di modernaglie, e molte altre parole ingiuriose. Né a
me per tante ingiurie si è raffreddato l'amore, né posso lasciare d'amarla;
ma or mi s'appresenta una occasione di conseguire il mio desiderio a
dispetto di Lelio....
CRICCA. L'occasione avrei io caro d'intendere.
PANDOLFO. ... È giunto in Napoli un certo todesco indiano di lá della
Trabisonda, dalla fin del mondo, astrologo mirabile e negromante;...
CRICCA. Come uno negromante vuole acquistar nome si finge di
lontani paesi, come ne' nostri non vi fussero di simili animalacci.
PANDOLFO. ... e chiamasi Albumazzaro metereoscopico....
CRICCA. Il nome solo bastarebbe a farlo essere appicato senza
processo!
PANDOLFO. ... Come è solo nella scienza, è cosí solo nel nome. Prima,
mi vo' far indovinar se Guglielmo sia morto o vivo. Se è morto, che lo
faccia risuscitare per un giorno, finché conchiuda il mio matrimonio, e
poi farlo tornare a morire;...
CRICCA. E voi credete a queste bugie?
PANDOLFO. Le credo, arcicredo, stracredo.
CRICCA. Non sapete che la negromanzia è refrigerio di quelli miseri
che si trovano in qualche strabocchevole desiderio?
PANDOLFO. Overo che trasformasse qualche persona in Guglielmo....
CRICCA. Che non trasformi voi in una bestia!
PANDOLFO. ... e che quel facesse le mie nozze. Ma di quanto ti ho
detto, non bisogna che lo publichi e bandischi, ché mi rovinaresti i
disegni, e giocarebbeno poi fra noi de' sgrognoni senza discrezione e di
bastonate straordinarie: e giá te le puoi por nel libro delle ricevute.
CRICCA. Vi prometto operarmi in tutto quel poco che posso.
PANDOLFO. Ed un poco manco ancora, purché non vogli tradirmi. Or
andiam a casa sua.
CRICCA. L'ora è tarda: sará meglio andarci domani.
PANDOLFO. Il «domani», il «farò» e l'«andarò» sono figli del niente:
bisogna andare ora.
CRICCA. Or riposano i vecchi.
PANDOLFO. L'innamorato non ha riposo mai.
CRICCA. Informatevi prima chi sia, ché forse sará qualche truffatore.
PANDOLFO. Guarda nol dire, ché intende quanto si dice di lui e ci fará
andare in visibilium.
CRICCA. Chi?
PANDOLFO. L'astrologo.
CRICCA. E che, gli astrologhi sono Orlandi?
GRAMIGNA. (Arpione, va' a casa e riferisci ad Albumazzaro quanto
hai inteso, ché io restarò alla porta).
CRICCA. Or andiamo dove volete.
PANDOLFO. Ecco la casa: dimanda costui.
CRICCA. Costui mi pare da Fuligno.
PANDOLFO. Che vuol dir «fuligno»?
CRICCA. «Degno di una fune e d'un legno»!
SCENA III.
GRAMIGNA, PANDOLFO, CRICCA.
GRAMIGNA. Che dimandate voi?
PANDOLFO. Sète di casa?
GRAMIGNA. Son servo dell'astrologo divino.
CRICCA. Avrá ben bevuto l'astrologo, poiché è di vino.
GRAMIGNA. «Divino», cioè che sa delle stelle, delli cieli e di cose
celestiali, e perché indovina.
PANDOLFO. Si potria parlare col vostro indovino?
GRAMIGNA. È ritornato stracco dalla caccia de spiriti e di intelligenze,
e n'ha portato piú di cento carafelle piene; e or sta con quadranti,
astrolabi e metereoscopi e altri stromenti, osservando
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