senso di libert��, di amore inconturbato, di obl��o terreno che d�� quella fuga. Non esistono pi�� n�� lo spazio, n�� il tempo, n�� l'uomo, n�� la vita: esiste solamente l'amore, nella sua massima condizione d'indipendenza, trasportato lontano, lontano, dove non vi sia che amore. Che dirsi? Ogni tanto ella sentiva che Ferrante la chiamava per nome, ripetendone due o tre volte le sillabe incantatrici: ma forse non la voce di Ferrante, era l'anima che parlava e l'anima di Grazia stava a sentire. Due o tre volte, a un lembo di paesaggio illuminato di sole, a un piccolo paese sospeso lungo i fianchi di una collina, innanzi a una grande pianura maestosa, i due volti si accostavano, dietro allo stesso cristallo, per vedere come era bello il mondo esteriore, non quanto quello che portavano nel cuore. Tacevano. Sentivano che era quella l'ora invocata tante volte, nelle insonnie della notte, nelle vuote mattinate, nelle sere affannose; sentivano che era quella la realt�� del loro infinito desiderio, l'amore nella solitudine suprema; e sembrava loro che qualunque parola dovesse turbare questo sacro raccoglimento, questa concentrazione di felicit��. Niuno sapeva pi�� nulla di loro: essi non sapevano pi�� nulla, di niente: e poteano dire che il mondo era scomparso, o era stato assorbito nella incommensurabile dolcezza del loro amore. Solo quando il sole cominci�� a discendere sulla poetica campagna toscana, un senso di malinconia si mescol��, naturalmente, a tanta dolcezza. Era una mestizia fuor di loro, che veniva dalle cose: il paesaggio verde, i colli cos�� pittoreschi, e le bianche case, e il fiume mormorante sul greto, e i campanili dei villaggi si fecero prima rossi, poi violacei, poi bigi: tutti i veli avvolgenti, misteriosi, malinconici del tramonto salirono dalla terra al cielo. Parve che il treno corresse meno rapidamente, come preso anch'esso da una fiacchezza; le voci delle stazioni erano meno vivaci, meno allegre, alcune sembravano rauche, altre fioche; il fiume, apparendo, riapparendo, assunse un aspetto tragico, di acqua traditrice gorgogliante; la stretta di mano di Ferrante che teneva nella sua quella sottile di Grazia, si allent��, come se lo cogliesse una improvvisa, crescente debolezza e la mano sottile si raffredd�� sotto il guanto. Videro un cimitero: un piccolo cimitero di paesello a mezza costa, con quattro o cinque cipressi e poche lapidi bianche.
--Beati i morti--ella disse sottovoce quasi parlasse a s�� stessa.
--Chiss��!--le rispose lui, sul medesimo tono.--Forse amano ancora.
--Tu hai tombe, per il mondo?--gli domand�� lei, piegandosi a guardarlo, in quella penombra crepuscolare.
--No: ma tutti abbiamo delle tombe, in noi.
--Molte cose hai veduto morire?
--Molte cose e molte persone che son vive.
--�� triste, �� triste--diss'ella ributtandosi indietro, sulla spalliera.
--La tristezza �� in fondo alle anime: non bisogna andarla a cercare--soggiunse Ferrante, come se pronunziasse una sentenza.
Tacquero. Ella aveva abbassato il velo sul viso di nuovo e il capo sul petto. Egli si lev��, guard�� dallo sportello opposto, nella penombra, per qualche tempo; poi ritorn�� vicino ad essa, sedendosi.
--Grazia?
--Ferrante?
--Che hai?
--Nulla--fece lei, con un gesto largo.
--Dimmi, dimmi che hai.
--Quello che hai tu--rispos'ella, enigmaticamente.
--Non parlare di me: io sono una quercia fulminata. Tu non puoi essere come me; sei cos�� giovane, e cos�� bella, Grazia, e cos�� destinata alla felicit��!
--Io ho paura.... paura....
--Di che, amore, hai paura?
--Della vita.
--Fole!--egli esclam��, sorridendo nella penombra.
--E della morte, della morte, assai pi��.
--La morte �� lontana--fece lui.
--Taci, taci--mormor�� Grazia--forse passiamo innanzi a un altro cimitero.
Quasi presa da un vago ma forte terrore, ella si era stretta a lui, infantilmente, poggiandogli la guancia sulla spalla, chiudendo gli occhi. Quei due sportelli su cui non erano tirate le tendine di lana, quegli sportelli oramai neri, nella sera fitta, affascinavano la donna, come se fossero aperti sull'infinito. Egli se ne accorse, vedendola immobile, estatica, con gli occhi sbarrati sul nero orizzonte che fuggiva dietro i cristalli: volle fare un moto per levarsi, per tirare le altre due tendine.
--No, no--lo supplic�� lei, stringendosi ancora, socchiudendo gli occhi.
Restarono cos��: il lumicino ad olio del vagone tremava, pareva dovesse spegnersi ogni momento. Bizzarre ombre danzavano. sui divani: tenendola stretta a s��, bimba spaurita, Ferrante sentiva che Grazia affannava un poco. L'aria si era raffreddata. Una angoscia li opprimeva, entrambi, angoscia ignota, angoscia di chi ha intravvisto il negro problema dell'infinito. Due o tre volte egli volle muovere una mano per carezzarle i bruni capelli: ma ella temendo che Ferrante la lasciasse, rabbrivid�� di paura. Due o tre volte egli disse, sottovoce, come un soffio amoroso:
--Grazia! Grazia!
Ma ella fremeva, fremeva, e gli diceva:
--Taci, taci, taci.
Tanto che il lungo, sonoro fischio, triplicato fischio della vaporiera, le fece gittare un grido di spavento.
--�� il fischio di allarme, nevvero--domand��, piena di ambascia, quasi che non fosse possibile, in quel momento, altro che una grande catastrofe.
--No, no, �� Firenze.
--Tre fischi, grave pericolo--balbett�� lei ostinata.
--�� Firenze, �� Firenze, cara.
L'arrivo spezz�� l'incubo. La carrozza in cui essi viaggiavano avrebbe proseguito sino a Venezia, attaccandosi, al

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