Larte di prender marito | Page 6

Paolo Mantegazza
che così facilmente si alternano colle sonore e squillanti risate, qual fonografo ci serba le delizie e gli incanti?
Non rimpiangiamo l'impotenza del profumiere e del fonografo!--Nulla muore di ciò che nasce, e solo gli atomi nell'eterna ridda d'una vita che non posa mai, mutano forme e armonie. I fiori della primavera si dissolvono nella terra, che alimenta gli uomini, e nuove giovinezze succhiano gli umori dei nostri petali avvizziti; mentre lentamente matura il frutto sul nostro ramo invecchiato.
* * *
Quanti di quei fiori s'aprivano e s'avvizzivano l'un dopo l'altro, alternandosi in una continua festa nell'anima giovinetta di Emma!
Essa non li numerava, perchè eran troppi, e mentre ne coglieva uno, cento e cento altri sbocciavano e se ne empiva le mani e il grembo e se ne incoronava il capo e vi cacciava dentro la testolina innamorata, nascondendo nel seno i più preziosi e i più cari.
Non aveva mai parlato a Enrico, non ne aveva neppur udito la voce,--e l'amava. Enrico era giovane ed era un uomo!
Non ne conosceva il carattere nè il pensiero. Avrebbe potuto essere un farabutto o un imbecille; e l'amava; ma Enrico era giovane ed era un uomo!
Sapeva lei, se Enrico avrebbe compreso le astruserie isteriche del suo cuore, sapeva lei se egli intendeva i palpiti della gloria, le tenerezze della pietà, le sante fratellanze del dolore?
No, davvero; ma Enrico era un giovane ed era un uomo.
Come non poteva, come non doveva essere buono e intelligente e caldo dì tutti gli entusiasmi, se essa lo amava? Se essa sentiva, che quell'uomo era cosa sua, era carne della sua carne? Se essa lo indorava tutto quanto, irradiandolo con un'aureola di tutti i suoi sogni, di tutti i suoi desiderii, che per tanto tempo avevano sognato e desiderato invano!
Anche la rondine, dopo i lunghi suoi voli, dopo aver saettato l'aria per ore ed ore, posa un istante sopra un filo, dove adagia voluttuosamente la sua lunga stanchezza.
E così Emma posava i suoi voli affaticati lungamente nel vuoto del desiderio sopra un filo. Quel filo era Enrico.
Pensa forse la rondine, se il filo su cui posa è sicuro o sarà travolto? bada forse se è di canape o di ferro, d'oro o di stoppa?
E così è il primo amante, su cui la fanciulla posa la stanchezza dei suoi lunghi desiderii.
* * *
Emma soprattutto avrebbe voluto soffrire per lui.
L'uomo, nella donna che ama, vede e sogna e cerca sempre la voluttà.
La donna vede e sogna e cerca il sagrifizio, la dedizione tutta e intera di sè a lui.
Quante volte sognava di vederlo cadere per la via travolto da un cavallo o da una carrozza! O lo vedeva assalito da un assassino, sull'orlo di un precipizio....
Ed ella allora, rotto ogni rispetto umano, avrebbe avuto il diritto di correre a lui, di sollevarlo caduto o ferito, di asciugargli il sangue, di posare la sua testa adorata nel proprio grembo, dì curarlo e di guarirlo.
Ma anche il fargli da infermiera gli pareva troppo poco e avrebbe desiderato un accidente impossibile, in cui ella potesse col proprio pericolo, anche col sagrifizio di sè stessa salvar lui; e morendo per lui, sentirsi ringraziare e potergli dire:
--Vedi, anima mia, io muoio per te. Dammi un bacio, il primo e l'ultimo....
E morire sotto quel bacio, esalando la vita per lui e disciogliersi nell'infinito colla certezza di rivedersi in cielo.
* * *
Invece di tutti questi sogni, un mattino dalla finestra aperta entrò un involtino pesante, che cadde sul tappeto.
Prima di raccoglierlo, Emma corse alla finestra, sperando di vedere di faccia chi, aveva gettato quel proiettile innocente. Invece egli era già scomparso.
Allora essa si gettò sull'involtino, ma tardò assai ad aprirlo.
Aveva forti palpitazioni di cuore; aveva paura e curiosità; impazienza di sapere e paura di commettere un peccato.
Quell'involtino era per lei una cosa viva e nello stesso tempo un corpo di delitto. Non dubitava un sol momento chi lo avesse lanciato e perciò appunto credeva, che fosse un peccato l'aprirlo; perchè essa sapeva un'altra cosa, cioè che in quell'involto c'era una lettera.
Infatti, quando ebbe raccolto tutto il suo coraggio e l'ebbe aperto, vi trovò una pietra e una lettera chiusa, colle stesse parole che erano state scritte invano sul mazzolino: Enrico alla sua adorata Emma.
Ma quella lettera non fu aperta. Fu nascosta convulsivamente nella tasca. E là rimase per tutto quel giorno e la notte appresso, presa, ripresa, guardata e riguardata contro il sole per vedere se si potesse leggere qualche parola, senza bisogno di aprirla.
Quella lettera dormì sotto il cuscino di Emma, ma non dormì lei, che con quel foglio sotto il capo vegliava in un letargo convulso pieno di dolci torture e di sogni fantastici.
Quante volte accese il lume, decisa a rompere il suggello per deliziarsi nel mare delizioso delle cose ignote e per tanto tempo sognate.
E quante volte spense la candela per resistere alla tentazione del peccato.
Ma
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