Larte di prender marito | Page 3

Paolo Mantegazza
solitarie, di questi duelli misteriosi fra un libro e una fanciulla, essa si adirava con sè stessa, giurava di non rilegger più il Canto V dell'Inferno e per una settimana al più, manteneva il giuramento... con grande stento però, con immenso sagrifizio.
Quel libro, quelle pagine erano per lei un frutto proibito, che diveniva più saporoso, più desiderato, quanto più lungo era il digiuno che ella si imponeva; e quando, vinta alfine, ripigliava il libro che pareva aprirsi da sè sempre allo stesso posto, vi si gettava, anima e corpo, guardandosi intorno, per assicurarsi che era proprio sola; sola col proprio peccato, colla propria passione, a cui si abbandonava coll'impeto di un amore infinito, colle lascivie di un vizio.
* * *
Ma per Emma non era solo l'Inferno di Dante, che fosse un libro galeotto. Lo erano tutti quanti, o per essere più precisi, vi era in tutti una pagina galeotta; quella cercata, quella letta e riletta con crescente fascino, con insaziata curiosità.
In quella pagina galeotta vi era sempre un bacio o una carezza, un innamorato o uno sposo. Vicina o lontana era l'eco sempiterna del bacio della ferrovia.
I personaggi dei romanzi, delle commedie, dei drammi si facevan vivi e palpitanti agli occhi di lei, quando erano uomini e giovani e belli; ed essa li vestiva cogli occhi del desiderio e della simpatia. Di giorno le tenevan compagnia gioconda nelle lunghe ore, che voleva solitarie, e di notte le popolavano di lieti fantasmi i sogni d'amore.
Era vergine, era pura come l'ignoranza; ignorava il sesso. Eppure aveva dieci, cento, mille amanti, che amava ad uno ad uno e poi raccolti tutti in un esercito, che metteva l'uno contro l'altro, l'uno accanto all'altro; facendone dei rivali o degli avversari. Era infida ora all'uno ed ora all'altro, e colla fantasia commetteva tradimenti e adulterii; santa e odalisca; pura come una vergine, libertina come un'eteria.
* * *
Nella nostra educazione mistica, ipocrita, tutta quanta fondata sulla tradizione teologica dell'uomo, abbiamo sempre fatto dell'ignoranza e dell'innocenza una stessa cosa; e pur troppo sono invece due cose molto diverse; avendo noi moltissime donne ignoranti, che non son punto innocenti, e parecchie innocenti senza ignoranza.
Emma era innocente e ignorante; non per colpa sua, ma per quella dei suoi genitori.
Il babbo lasciava fare queste cose alla mamma e giustamente; ma la mamma, che era tra quelle, che dell'ignoranza e dell'innocenza fanno due sinonimi, non aveva mai detto nulla alla figliuola sul gran mistero d'amore, sull'augusta e terribile funzione dei sessi. Aspettava per farlo, che Emma fosse divenuta una donna, e intanto essa lo era divenuta inconsciamente, e i solitarii martirii la tormentavano orribilmente, senza che la parola e la carezza materna l'aiutassero alla grande iniziazione.
Essa era divenuta donna nell'anima prima che nel corpo, e nessun segno esteriore aveva annunciato l'alba nuova.
Ma un giorno a un tratto anche nel corpo vergine e delicato la natura brutale le inflisse quella ferita misteriosa e crudele, che nessuna ragione di darvinismo può giustificare e che sembra consacrare l'amore della donna al martirio.
Emma arrossì e si sgomentò, e trepida e paurosa corse dalla mamma, narrandole colle lagrime agli occhi il caso strano.
La mamma dovette parlare.
Con lunghe meditazioni si era preparata ad affrontare quella rivelazione, che aspettava da un giorno all'altro dalla sua figliuola. Essa aveva preparato tutto un discorso fatto di mezze bugie e di mezze verità, con cui ella confidava di poter far andare a braccetto l'ignoranza e l'innocenza; ma lì per lì dimenticò il discorso preparato da tanto tempo e le accadde ciò che suole avvenire al deputato poco eloquente, che dopo aver imparato una lunga orazione da recitarsi al primo pranzo politico dei suoi elettori, la dimentica nel momento più opportuno ed è costretto a improvvisare per davvero, ma molto malamente, un altro discorso.
---Sai, figliuola mia, non è nulla, proprio nulla....
--Ma....
--No, no; è una cosa che hanno tutte le donne e che....
--Ma dunque non è una malattia....
--No, no, tutt'altro; anzi è un segno di salute.... Calmati, non ti inquietare; sta allegra....
E non seppe dir altro e cambiò discorso....
Alla sera però la mamma confidava al babbo il grande avvenimento, chiedendo consigli.
Il medico andò in collera colla mamma, perchè non aveva già detto tutto alla figliuola, e lanciò una filippica lunga, eloquente, persuasiva contro il mal vezzo di tener le fanciulle nella più oscura ignoranza, mostrando tutti i danni, che ne vengono alla salute del corpo e a quella dell'anima....
La buona signora rimase convinta più che persuasa e:
--Dunque devo dirle tutto?
--Tutto.
--Ma proprio tutto, anche ciò che verrà poi....
--Sicuramente; tutto deve sapere.
--E perchè non glie lo dici tu?
--Io no: tocca a te il farlo. è dal labbro della mamma, che la fanciulla deve imparare a conoscere i terribili misteri del sesso, coi suoi pericoli e il suo fascino. Tu devi dirle tutto semplicemente, senza emozione alcuna, senza nasconderle nulla, proprio nulla; come se si trattasse della
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