Laeroplano del papa | Page 5

Filippo Tommaso Marinetti
drammatico di questo vulcano...
Ora mi vedo ann��mbato?d'una sontuosa polvere fosforea...?Ardo e mi fondo come un metallo,?in mezzo a incessanti combustioni d'idrogeno.?Ohe �� mai questo formidabile schianto??Certo sono lo ossa dei 3000 leoni, che scricchiolano?sfracellate sotto pezzi di monti!...?Si propaga intanto?la meticolosa carneficina delle belve.?Tutte le loro zanne d'avorio crescono, s'esagerano,?ricoprono d'un bianco graticcio?la poltiglia scarlatta e i suoi rantoli che schizzano orrore, Son zanne immensificate, o sono invece?candidi fumi?... No! no....?�� avorio, veramente, poich�� infatti?proboscidi d'elefanti ora partecipano alla rissa.?Degli elefanti vanno posando?qua e l�� le loro zampe, obelischi,?diguazzando nella salsa gialla di quel liquido zolfo?ed in quel tumulto rosso di grappoli d'uva?che frana agli angoli e sprizza altissimo?in corolle di vino,?per inaffiare gli spettatori....
Sopra la vendemmia calpestata,?scivolano veloci in equilibrio su fili invisibili?i fumi variopinti, come clowns,?scaricando a destra o a sinistra le loro rivoltelle,?che esasperano l'inaudita follia?dei colori inviperiti!...
O Vulcano! il tuo spettacolo m'inebbria,?Scendo pi�� basso per contemplarlo meglio....?Ho alle reni la mia cintura di salvataggio.?e posso ben nuotare, se me ne prende vaghezza,?in questo tenero e fresco mare di fuoco.?Ohi mai, chi mai seppe dunque annientare con un soffio?i continenti di porpora?e i liquefatti grovigli di leoni?
Lentamente, fuori dalle palpitanti ferite delle onde,?emergono le chiglie mostruose di tre nere corazzate,?masticate o rimasticate, e respinte alla superficie?dall'insolenza delle profondit�� sottomarine.?Lentamente, a uno a uno i tre vascelli da guerra?ricominciano a vivere con lunghi brividi.?Riannodano le loro membra morte,?raddrizzano la loro alberatura e s'equilibrano,?mentre le caldaie che s'accendono?mettono in moto le larghe torri d'acciaio.
Il mal di mare afferra alle budella i cannoni?che sussultano con un continuo vomito di piombo.?Sono grugn�� irti d�� scintille,?che grugniscono sputando in bordate accanite?silicati, cristalli e blocchi vitrei?sugli scherzosi tuffi, e l'incrociarsi?delle torpediniere e dei pescicani.
Questi bizzarramente si mutano in isole fragili?intermittenti, rapide apparse e rapide scomparse,?che lottano contro le onde succhianti!?Frattanto una corazzata s�� sventra e cola a picco?facendo scoppiare la santabarbara del suo cuore?che s'apre, mugghiante braciere, contro il cielo.?Gi�� non �� pi�� che un inaffiatoio vagabondo?di liquido azzurro, ventaglio di frescura.
Io sono finalmente nel paradiso degli alberi violetti?che si lamentano sotto il peso?delle troppo larghe stelle in fiore?e di troppo grevi lampi, farfalle accanite?che suggono la luce.?Quel paradiso �� allacciato da tutte le parti?da tonde cascate di smeraldi colanti.?�� la tua anima, o Vulcano, che si slancia nel mezzo,?con un enorme getto d'argento vivo pulverulento?la cui forza verticale resiste?ai colpi raddoppiati della raffica?
O Vulcano, io odo da molto tempo?il rotolare continuo della tua voce turbolenta?che freme nel rauco camino della tua gola,?E tanto mi dimentico a contemplare?l'eruzione delle tue parole arroventate,?che non ho ancora sgrovigliata?la sfolgorante matassa del tuo pensiero!
Oh! la maestr��a e l'ispirazione?che il tuono scoppiante della tua voce palesa?sulle torride pareti del tuo studio d'artista!?Con questi massi di gesso fumante scolpisci?mostri simbolici e grandi bassorilievi?acciecanti di luce, che potrebbero spiegare?subitamente, quali comete,?un fogliame di raggi sull'insonnia dell'oceano!...
Odo finalmente una parola! Una formidabile parola?si gonfia e balza fuori dalla tua bocca,?in pieno cielo, alla cima d'un lungo tubo?di nerissimo fumo,?simile a quei molli globi di vetro in fusione?che i vetrai soffiano, gonfiando le gote,?tra la furia incandescente d'una vetreria!
_Il Vulcano._
Io non ho mai dormito, Lavoro senza fine?per arricchire lo spazio d'effimeri capolavori!?Io veglio alla cottura delle rocce cesellate?e alla vitrificazione policroma delle sabbie,?cos�� che fra le mie dita le argille?si trasformano in ideali porcellane rosate?che io frango coi miei buffetti di vapore!
Sono incessantemente commisto alle mie scorie.?La mia vita �� la fusione perpetua dei miei frantumi.?Distruggo per creare ed ancora distruggo?per modellare statue tonanti?che subito spezzo con lo schifo e il terrore?di vederle durare!
Il sole d'oro pesante che le tenebre scatenano?ogni mattina, e che a stento s'innalza?sui monti di Calabria,?proietta invano il cono della mia ombra opprimente?fino al centro della Sicilia,?per seminare in giro spavento e prudenza.?Ognuno ha la speranza d�� sapermi domato?come una grossa bestia morfinizzata.?Il mio vello d'ermellino e la m��a bianca criniera?sono pegni d'innocenza e di lenta agon��a.
Ho per complice lo stretto di Messina?che sonnecchia all'alba, allungato bianco e l��scio?come un gatto d'��ngora....?Ho per complice lo stretto d�� Messina,?col suo aspetto stanco d�� materasso di seta?color turchese,?e con le dolci parole arabe ricamate?dalle scie delle nuvole e delle pigre vele,?tessute, suppongo, in silenzio,?con un filo d'argento sulla veste del mare.?Ho per complice la luna menzognera,?la pi�� imbellettata delle cortigiane siderali,?che in nessun luogo mai �� tanto carezzevole,?lusinghiera e persuasiva.
In nessun luogo mai la luna �� cos�� attenta?a sedurre i rossi e duri fanali dei piroscafi,?passanti burberi che se ne vanno?con un grosso sigaro tra i denti?cacciando fumo contro l'azzurro.
In nessun luogo mai la luna versa una cos�� tenera?e molle cenere violetta,?per ammorbidire la lava ossificata?delle case nere aggrappate ai miei fianchi.?In nessun luogo mai la luna ha cos�� commoventi?inondazioni d'estasi o di luce?sulle incisioni dei sentieri?fatte dal mio fuoco chirurgo.
Guai a coloro che seguono la luce belante?della luna e i lamentevoli clarini delle mandre,?e i flauti amari dei
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