appare immobile nel campo telescopico per tutto il tempo che si vuole. I molti organi sussidiari, che si veggono nella parte inferiore del tubo a portata dell'osservatore, servono alle diverse specie di operazioni, che con questo strumento si devono compiere.
�� questo il massimo dei telescopi esistenti in Italia[7] ma otto o dieci altri di esso maggiori sono stati costrutti o si stanno costruendo in diverse parti. Fra tutti giganteggia quello dell'Osservatorio di California, eretto sulla cima del Monte Hamilton, presso S. Francisco per legato di James Lick, ricco negoziante, che in tal modo volle assicurata presso i posteri la sua memoria. L'obbiettivo di questo colosso dell'ottica moderna ha 91 1/2 centimetri di diametro, e da s�� solo �� costato l'egregia somma di 50 mila dollari (275000 lire a un dipresso). Tutto l'istrumento ��, nella sua generale disposizione, poco dissimile da quello che qui sopra fu descritto, ma �� due volte pi�� grande in ogni dimensione. Ma fra non molto il telescopio Californiano sar�� superato da un altro, per il quale gi�� si hanno fusi i vetri in America: questo avr�� non meno di 102 centimetri d'apertura, ed il suo costo �� calcolato in 200 mila dollari (1.100.000 lire). E sar�� collocato, non gi�� nei climi variabili della nostra zona temperata, e tanto meno poi in mezzo al fumo e alla luce elettrica di una citt�� grande; ma sopra una mediocre elevazione delle Ande peruviane, in un clima sereno, di aria tranquilla e temperata, bench�� posto nella zona torrida.
Quanto al telescopio di tre metri di diametro che si vuoi preparare in Francia per l'esposizione del 1900, e sul quale gi�� si �� mosso tanto rumore, aspetteremo a parlarne quando sar�� fatto. Non ha da essere un telescopio a vetri, come i precedenti, ma un telescopio riflettorenel quale la lente obbiettiva sar�� surrogata da un grande specchio. Senza dubbio, la maggior facilit�� e la minore spesa di questa maniera di telescopio permetter�� di raggiungere dimensioni molto maggiori che colle lenti di vetro: anzi esistono gi�� in Inghilterra ed in Francia parecchi di tali strumenti da uno a due metri di diametro, i quali prestano utillissimi servizi in molte ricerche e segnatamente in tutte quelle che richiedono gran copia di luce senza molto riguardo alla precisione dell'immagine ottica: per esempio nello studio del calore lunare e nella chimica celeste. Ma quanto a visione distinta, gli specchi di grande dimensione finora si son dimostrati troppo inferiori alle lenti di corrispondente potenza: e riguardo all'esplorazione dei mondi planetari non sar�� permesso di fondare sul futuro telescopio di Parigi molto grandi speranze.
III.
Gi�� i primi Astronomi, che studiarono Marte col telescopio, ebbero occasione di notare sul contorno del suo disco due macchie bianco-splendenti di forma rotondeggiante e di estensione variabile. In progresso di tempo fu osservato, che mentre le macchie comuni di Marte si spostano rapidamente in conseguenza della sua rotazione diurna, mutando in poche ore di posizione e di prospettiva; quelle due macchie bianche rimangono sensibilmente immobili al loro posto. Si concluse giustamente da questo, dover esse occupare i poli di rotazione del pianeta, o almeno trovarsi molto prossime a quei poli. Perci�� furono designate col nome di macchie o calotte polari. E non senza fondamento si �� congetturato, dover esse rappresentare per Marte quelle immense congerie di nevi e di ghiacci, che ancor oggi impediscono ai navigatori di giungere ai poli della terra. A ci�� conduce non solo l'analogia d'aspetto e di luogo, ma anche un'altra osservazione importante.
Come �� noto dai princip? di cosmografia, l'asse della terra �� inclinato sul piano dell'orbe che essa descrive intorno al sole; l'equatore pertanto non coincide al piano di detto orbe, ma �� inclinato rispetto ad esso piano dell'angolo di 23 1/2 gradi, detto l'obliquit�� dello zodiaco o dell'eclittica. Ed �� noto pure, come da questa semplice e quasi accidentale circostanza tragga origine una variet�� di fatti, che sono del pi�� grande influsso sui climi dei diversi paesi, producendo l'estate e l'inverno, e la diversa durata dei giorni e delle notti. Ora lo stesso precisamente avviene in Marte. Il suo equatore �� inclinato rispetto al piano dell'orbita di quasi 25 gradi; e da tal disposizione ha origine la stessa vicenda delle stagioni e dell'irradiamento solare, la stessa variet�� di climi e di giorni, che ha luogo sulla Terra. Marte ha dunque le sue zone climatiche, i suoi equinozi e i suoi solstizi, e simili vicende d'illuminazione. Per quanto concerne la durata dei giorni e delle notti il parallelismo �� quasi completo nella zona torrida e nelle temperate: perch�� mentre il giorno terrestre solare �� di 24 ore, il giorno solare di Marte �� di 24 ore e quaranta minuti prossimamente. Circa l'andamento delle stagioni e delle lunghe giornate e notti del polo vi �� questa differenza, che le nostre stagioni durano tre mesi ciascuna, quelle di Marte hanno una
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