La vita sul pianeta Marte | Page 6

Giovanni Virginio Schiaparelli
sono quelle di Giove e di Saturno.
Marte ha dunque una topografia stabile, come la Terra e la Luna, e per quanto si pu�� sapere, anche Mercurio. Tale stabilit�� si ravvisa tuttavia per Marte soltanto nelle forme generali, e non si estende agli ultimi particolari. Osservazioni continuate han posto fuor d'ogni dubbio negli ultimi tempi che molte regioni mutano di colore fra certi limiti, secondo la stagione che domina su quei luoghi, e secondo l'inclinazione, con cui sono percossi dai raggi solari. Tali mutazioni di colori hanno certamente luogo anche per molte parti della Terra, e sarebbero visibili ad uno spettatore collocato in Marte. Ma si osserva in questo una cosa, che certamente sulla Terra non ha luogo: i contorni delle grandi macchie possono subire cio�� leggiere mutazioni, piccole rispetto alle dimensioni delle macchie stesse, ma pur tuttavia abbastanza grandi per rendersi cospicue anche a noi. Anche questi contorni non sono sempre ugualmente ben definiti. Molte minutissime particolarit�� si vedono meglio in certe epoche, e meno bene in certe altre; e possono da un tempo all'altro anche variar d'aspetto e di forma, senza che tuttavia si possa concepire alcun dubbio sulla loro identit��. E finalmente �� da notare, che Marte ha un'atmosfera abbastanza densa, ed una propria meteorologia, come sar�� spiegato pi�� innanzi. Tutte queste variazioni annunziano un sistema grandioso di processi naturali, che conferisce allo studio di Marte un interesse molto pi�� grande di quello che deriverebbe dal semplice studio topografico di una superficie immutabile ed inerte, come sembra esser quella della Luna. Insomma il pianeta non �� un deserto di arido sasso; esso vive, e la sua vita si manifesta alla superficie con un insieme molto complicato di fenomeni, ed una parte di questi fenomeni si sviluppa su scala abbastanza grande per riuscire osservabile agli abitatori della Terra. Vi �� in Marte un mondo intiero di cose nuove da studiare, eminentemente proprie a destare la curiosit�� degli osservatori e dei filosofi, le quali daranno da lavorare a molti telescopi per molti anni, e saranno un grande impulso al perfezionamento dell'Ottica. Tale �� la variet�� e la complicazione dei fenomeni, che soltanto uno studio completo e paziente potr�� rischiarare le leggi secondo cui quelli si producono, e condurre a conclusioni sicure e definite sulla costituzione fisica di un mondo tanto analogo al nostro sotto certi rispetti, e pur sotto altri tanto diverso.
Non si creda tuttavia di poter accedere a questo studio cos�� attraente senza aiuto ottico proporzionato alla difficolt�� della cosa. La sempre grande distanza del pianeta, e la piccolezza relativa[6] del medesimo non permettono di usare con molto frutto amplificazioni inferiori a 200 e 300, n�� telescopi di lente obbiettiva inferiore in diametro a 20 centimetri: questo nellegrandi opposizioni, come quelle del 1877 e del 1892. Ma nelle opposizioni meno favorevoli (ed in quelle appunto suole Marte dispiegare i suoi fenomeni pi�� curiosi) lo studio dei pi�� delicati particolari non si pu�� far bene con amplificazioni minori di 500 e 600 diametri, quali si possono avere soltanto da telescopi dell'apertura di 40 centimetri o pi��.
Le due carte annesse sono state fatte appunto con istrumenti della forza che ho detto. L'emisfero australe, il quale a causa dell'inclinato asse di Marte suole presentarsi meglio alla nostra vista nelle grandi opposizioni, che nelle altre, �� stato rilevato principalmente negli anni 1877-1879, con un telescopio di 22 centimetri d'apertura. Ma per l'emisfero boreale, che si presenta in prospettiva conveniente soltanto nelle opposizioni meno favorevoli, si �� potuto negli anni 1888 e 1890 approfittare di un istrumento molto pi�� grande, il cui vetro obbiettivo ha 49 centimetri di diametro, e permette di spingere l'amplificazione di Marte fino a 500 e 650.
[vedi figura 02.png]
Non senza qualche interesse vedr�� il lettore rappresentato nell'annessa pagina quest'ultimo istrumento, il pi�� potente che sia uscito delle officine di Germania. La sua collocazione a Brera fu decretata dal Re e dal Parlamento nel 1878; ogni volta che lo consideriamo esso richiama a noi la memoria di quell'uomo non facilmente dimenticabile, che fu Quintino Sella, ai cui uffici la Specola di Milano deve questo suo principale ornamento. La lente obbiettiva, lavorata in Monaco da Merz successore di Fraunhofer, ha 49 centimetri di diametro nella parte libera; la macchina che porta il telescopio e permette di dirigere con tutta facilit�� in cinque minuti la gran mole verso qualunque plaga del cielo, �� un vero prodigio della meccanica moderna e fu lavorata in Amburgo dai fratelli Repsold. La sua parte mobile (che son parecchie tonnellate di metallo) pu�� essere mossa dalla pressione di un dito ed aggiustato su qualunque astro colla stessa esattezza che si potrebbe ottenere per il pi�� delicato microscopio. Un meccanismo d'orologio la porta in giro insieme al cielo intorno all'asse del mondo, per guisa, che diretto il telescopio ad un astro, segue di questo la rivoluzione diurna, e l'astro
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