La rovina | Page 3

Angiolo Silvio Novaro
silenzi carichi di cose oscure, malaugurose, schiaccianti.--Ma un mattino ch'egli era uscito dicendo a Giuseppe che tornerebbe solo per mezzod��, m'ero risoluto ad un passo estremo. Ero penetrato nel suo studio, e m'ero messo a rovistare, a cercar febbrilmente sulla scrivania, fra le carte e fra i libri che la ingombravano. Avevo aperta la cartella ov'egli custodiva la corrispondenza; e avevo letto, con la faccia in fiamme, tutte le lettere, tutti i viglietti.--E poich�� non avevo trovato nulla, nemmeno l'ombra d'un vestigio, nemmeno l'ombra d'un indizio, m'ero lasciato cadere sul seggiolone, affranto. Avevo atteso lui per dirgli, supplichevole: ?Vedi a che mi costringi??--Egli aveva negato, aveva protestato che nulla mi nascondeva, pallido come un cencio. ?Sul nome della povera mamma? io aveva incalzato, ?me lo giureresti?? Allora egli s'era smarrito; aveva balbettato, a capo chino: ?Son scivolato nel fango. Mi sono avvoltolato nel fango. E non mi levo pi��!?
Povero Pietro! La sua mano brancicava convulsa sulla scrivania quelle carte, quasi fossero fango; e non se ne poteva staccare.--Ed io avevo preso quella mano, e l'avevo serrata forte nelle mie. ?Perdonami!? avevo singhiozzato.--Ed ero fuggito.
Dieci giorni appena eran passati da quella scena: e mi parevan cent'anni.--Avevo sempre aspettato lo scoppio definitivo con quel nascosto violento affanno con cui si aspetta, sotto un cielo saturo di elettricit��, l'esplosione del temporale.
?Che sia questa l'ora?? mi domandavo adesso, tutto sbigottito.
E non osavo rispondermi.
--Abbi pazienza!--aveva detto lui.--Una notte �� forse l'eternit��?
Ma io non potevo pi�� reggere a quell'ansia occulta. Impazientito insorsi:
--Che gusto sfruttare la curiosit�� fino a questo punto!
Egli ebbe un sorriso tenue, appena percettibile, che aument�� il mio affanno.
--�� una crudelt��!--rincalzai.
E poi ch'egli seguitava a tacer sorridendo, mi detti a implorare, come un mendico:
--Il titolo, almeno!
Allora vidi l'impronta di sofferenza ch'ei portava sul volto, acquistare--quasi alla luce d'un lampo--una evidenza lacerante.--Nel gran pallore egli profer��:
--La Rovina.
--Lo sapevo!--scattai, involontariamente, meravigliandomi tosto della mia esclamazione, poich�� in verit�� io nulla sapevo.
Si udiva nel silenzio lo stridore delle ruote d'un carro per lo stradone, e lo schiocco d'una frusta, fastidioso e insopportabile anch'esso.
D'un tratto una raffica di vento irruppe, impetuosa. Le rame del mandorlo, che incorniciavan la finestra, sussultarono. Le tende si gonfiarono. L'uscio, dietro a noi, ch'era rimasto aperto, sbatt�� forte.
Subito io mi levai. Chiusi l'uscio, chiusi la finestra; e mi soffermai un istante presso i vetri a guardar gli olivi travagliati dal vento e ad ascoltar la voce collerosa del mare che s'era repentinamente destato nel buio laggi��.
Come mi voltai a riprendere il mio posto, rividi lui immobile, con gli occhi bassi e una mano distesa sulla mensa accanto a un mucchietto di briciole.
La fiamma del gas, improvvisamente scemata, rendeva una luce assai povera, sotto la quale il quadro diventava tetro.
Preso da una grande inquietudine, io ruppi:
--Si spegne il gas, non te ne accorgi?
Egli lev�� la fronte, lento, a guardare, senza far motto.
(Che strazio riconoscere che non se n'era accorto!)
Fuori il vento fischiava, ululava. Il mandorlo si dibatteva forte, nel tormento: si curvava a' vetri, accennava, picchiava, supplice.
E la luce moriva.
E Pietro non si moveva, non si commoveva; teneva ancora gli occhi bassi e la mano scarna allungata in mezzo alla mensa.
Incapace di reggere quello strazio, mi slanciai all'uscio, l'apersi e gridai:
--Giuseppe, una candela!
Ma era tardi.
Un sibilo acuto, lamentoso, prolungato come il rantolo di un morente;--e la tenebra, la paventata tenebra ci avvolse.
Senza respiro, col cuore che mi martellava, io stetti,--aspettando che la riga gialla sul pavimento appi�� dell'uscio annunziasse la luce.
Quando Giuseppe entr�� con un mozzicone di candela e lo pos�� sulla tavola, apparvero sulle pareti le nostre ombre, mostruose.
--Ancora una candela!--ordinai, agitato da quella vista.
E fu portata un'altra candela; e la stanza si riemp�� di luce.
Allora Pietro mi guard�� rischiarato, quasi rasserenato anch'esso. Poi, subitamente accendendosi, mi fece:
--Vuoi un soggetto di quadro? Un soggetto semplice e grandioso insieme?--Immagina. Una nobile figura d'uomo su cui or ora s'�� posata l'ala della morte. Giace supino sul suo bianco letto: le braccia lungo i fianchi, e le mani distese in un dolce atto di riposo e di calma. Il viso, che la morte non ha deformato n�� contratto n�� oscurato, �� ancora fresco, ancora roseo. Vi �� sopra diffuso come un pacato splendore, lo splendore d'una luce interiore immensamente pura. Poich�� qui, intorno all'Immacolato, tutto �� mondo, tutto candido, tutto puro. Anche il lino del letto, anche la luce che inonda la stanza, anche l'aria mattutina che entra per la finestra spalancata, anche l'orizzonte laggi�� su cui s'inarca il concavo azzurro. La morte, cos��, l'esecrata morte non ha pi�� nulla di ributtante, di osceno, di orrendo. Nulla. �� il riposo dopo compiuta la giornata di lavoro: una giornata piena di nobili, generose, feconde fatiche; e soprattutto piena di candore.--Intendi?--Devi far questo quadro. Promettimi che lo farai!
A stento io abbozzai un sorriso e annuii.
Allora egli mi tese quella mano scarna.
--Giuralo sul nome dei nostri poveri morti!
Ed io
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