La pergamena distrutta | Page 9

Virginia Mulazzi
più: era
fuori di sè:... e voi dovete convenirne, se vi preme la vostra vita: od almeno dovete
obbedirmi.
--La mia vita è consacrata a Dio, e nulla mi dorrebbe perderla in servizio suo,--rispose il
frate con qualche esaltazione.

--Oh, non declamazioni, ve ne prego! Vi ho già prevenuto; vi ho detto di rispondermi con
precisione, con chiarezza. Alle corte, tacerete?
Il benedettino rimase silenzioso.
--Che? pensò il duca, avrei dato anche in un frate che non ha paura? Non so cui mi tenga
dal finirla a dirittura con costui!... Ma....
Ei seppe contenersi.
Don Francesco non era uno di quei signori scapestrati che si gloriavano delle loro
prepotenze. Egli invece desiderava coprire con un velo abbastanza fitto le sue. Sino ad
allora non aveva avuto occasione di usarne molte, grazie al suo carattere freddo e
pochissimo inclinato ai piaceri. Assai gli premeva d'altronde esser tenuto per degno capo
di una casa illustre: e siccome la venerazione, che circondava i benedettini, e quella in
particolare che si aveva per quel predicatore era grandissima, ei non volle per allora porre
le minacce ad effetto, benchè ne sentisse gran voglia.
Pertanto non rinunciava certo allo scopo che si era prefisso. Solo pensò tentare altra via;
poichè non era riescito subito, come lo aveva sperato, ad atterrire il frate.
Si volse a lui con una certa benevolenza mista di ironia, e:
--Credo comprendere, padre, le vostre reticenze, gli disse: voi non volete mancare alla
promessa fatta al duca moribondo, senza che ciò torni.... a profitto di Dio--non è così!
--Che intendete? chiese il monaco un po' confuso.
--Intendo che con una buona somma data a voi.... perchè.... l'adoperiate.... come
crederete.... in servigio del Signore.... vi disfereste dei vostri scrupoli.
--No, Eccellenza! esclamò il benedettino con indignazione.
Don Francesco fece un gesto di vivissima impazienza.
--Osereste rifiutare? chiese con alterigia anche maggiore del solito.
--Ma io non devo, non posso mancare a' miei doveri!
In quell'istante il duca riflettè che il monaco non era presente quando donna Livia aveva
dato alle fiamme la pergamena: pensò approfittare di tal circostanza.
--Del resto, disse quindi al religioso, voi non potete far nulla. Mio padre ha dovuto dirvi
che sta in mia mano un atto importantissimo, indiscutibile, e che senza il mio assenso....
--È vero! mormorò il frate.
--Dunque non comprendete che il vostro silenzio non mi è necessario, benchè ve lo abbia
chiesto e lo desideri, onde evitare scandali inutili? Voi non volete tacere? Ebbene, sarete

voi responsabile di quanto potrà accadere di male!... Se veramente vi premesse servire a
Dio, come dite, capireste che vale assai meglio serbare un segreto, che non vi appartiene,
anzichè mettervi sulla coscienza tutto ciò che io sarò forse costretto a fare, onde sostenere
le mie ragioni ed il decoro della mia casa. Parlate pure!... Oh, farete la grand'opera
meritoria!... aggiunse con motteggio sprezzante.
Il povero benedettino rimase interdetto: ignorando la distruzione della pergamena,
trovava le parole del duca di una logica inesorabile.
Volle provarsi ad impietosirlo, benchè nulla sperasse.
--Non abusate, eccellenza, della vostra posizione elevata, gli disse: perdonate la mia
arditezza, ma è a nome di Dio che vi parlo... Egli...
--Tacerete sì o no? È questo che vi domando.
--Io tacerò: tacerò con tutti, se voi stesso riparate a quella ingiustizia.
Chiamare ingiustizia ciò ch'ei voleva fare!...
Il duca si sentì tentato di far tosto pentire il frate d'aver pronunziata quella parola. Donna
Livia l'aveva pronunziata anch'ella, è vero: aveva detto anche assai più; ma certo don
Francesco non sopporterebbe dal benedettino ciò che aveva a suo dispetto sofferto da lei.
Quel vecchio frate, coperto da un povero sajo, benchè fosse rivestito d'un carattere sacro,
non faceva sul duca la centesima parte d'impressione della vezzosa sua sposa.
Don Francesco si guardò attorno adirato, e certo, se non avesse scorto alcuno, non
avrebbe tardato ad insegnare al frate il modo di contenersi con uno dei più potenti baroni
di Sicilia. Ma il mattino si avanzava: il sole appariva sull'orizzonte, e molti contadini
passavano lì presso per avviarsi alla città.
Si propose dunque di rimandare la sua vendetta a tempo migliore, se il benedettino non
avesse voluto assolutamente promettergli il silenzio: quel silenzio che, ad onta di quanto
aveva detto, gli era indispensabile.
--Vi accordo una dilazione di quattro giorni, disse seccamente al religioso, grazie al
vostro abito soltanto.
--Una dilazione!
--Sì: vi do tempo a decidervi; la riflessione vi persuaderà a tacere, giacchè comprenderete
benissimo che il parlare, mentre non gioverebbe ad alcuno, e sarebbe affatto inutile, vi
esporrebbe a funeste conseguenze. Guai se parlerete in questo frattempo! aggiunse con
piglio minaccioso.... Guai!... Dunque?
Il frate riflettè un istante: indi:
--Per quattro giorni tacerò, disse.

--Bene, rispose il duca.
Volse la briglia al cavallo; lo mise al galoppo, e si allontanò come un fulmine.
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In breve giunse a Catania:
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