disse quindi al religioso, voi non potete far nulla. Mio padre ha dovuto dirvi che sta in mia mano un atto importantissimo, indiscutibile, e che senza il mio assenso....
--è vero! mormorò il frate.
--Dunque non comprendete che il vostro silenzio non mi è necessario, benchè ve lo abbia chiesto e lo desideri, onde evitare scandali inutili? Voi non volete tacere? Ebbene, sarete voi responsabile di quanto potrà accadere di male!... Se veramente vi premesse servire a Dio, come dite, capireste che vale assai meglio serbare un segreto, che non vi appartiene, anzichè mettervi sulla coscienza tutto ciò che io sarò forse costretto a fare, onde sostenere le mie ragioni ed il decoro della mia casa. Parlate pure!... Oh, farete la grand'opera meritoria!... aggiunse con motteggio sprezzante.
Il povero benedettino rimase interdetto: ignorando la distruzione della pergamena, trovava le parole del duca di una logica inesorabile.
Volle provarsi ad impietosirlo, benchè nulla sperasse.
--Non abusate, eccellenza, della vostra posizione elevata, gli disse: perdonate la mia arditezza, ma è a nome di Dio che vi parlo... Egli...
--Tacerete sì o no? è questo che vi domando.
--Io tacerò: tacerò con tutti, se voi stesso riparate a quella ingiustizia.
Chiamare ingiustizia ciò ch'ei voleva fare!...
Il duca si sentì tentato di far tosto pentire il frate d'aver pronunziata quella parola. Donna Livia l'aveva pronunziata anch'ella, è vero: aveva detto anche assai più; ma certo don Francesco non sopporterebbe dal benedettino ciò che aveva a suo dispetto sofferto da lei. Quel vecchio frate, coperto da un povero sajo, benchè fosse rivestito d'un carattere sacro, non faceva sul duca la centesima parte d'impressione della vezzosa sua sposa.
Don Francesco si guardò attorno adirato, e certo, se non avesse scorto alcuno, non avrebbe tardato ad insegnare al frate il modo di contenersi con uno dei più potenti baroni di Sicilia. Ma il mattino si avanzava: il sole appariva sull'orizzonte, e molti contadini passavano lì presso per avviarsi alla città.
Si propose dunque di rimandare la sua vendetta a tempo migliore, se il benedettino non avesse voluto assolutamente promettergli il silenzio: quel silenzio che, ad onta di quanto aveva detto, gli era indispensabile.
--Vi accordo una dilazione di quattro giorni, disse seccamente al religioso, grazie al vostro abito soltanto.
--Una dilazione!
--Sì: vi do tempo a decidervi; la riflessione vi persuaderà a tacere, giacchè comprenderete benissimo che il parlare, mentre non gioverebbe ad alcuno, e sarebbe affatto inutile, vi esporrebbe a funeste conseguenze. Guai se parlerete in questo frattempo! aggiunse con piglio minaccioso.... Guai!... Dunque?
Il frate riflettè un istante: indi:
--Per quattro giorni tacerò, disse.
--Bene, rispose il duca.
Volse la briglia al cavallo; lo mise al galoppo, e si allontanò come un fulmine.
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In breve giunse a Catania: entrò inosservato nel suo palazzo per una porta segreta, nascosta da un gruppo d'alberi del giardino, e di cui egli solo da lungo tempo teneva la chiave.
Diede il cavallo ad un palafreniere; indi si recò nel gabinetto ove suo padre serbava le carte d'importanza, e dove cavaliere di Malta aveva tolta la pergamena da uno scrigno.
Rinchiuso in quella stanza, don Francesco cominciò un minuto esame di tutto quanto essa conteneva; rovistando in ogni mobile che avesse dei cassetti, in ogni suppellettile che potesse nascondere qualche cosa.
Infatti vi potevano essere altre carte, delle lettere, che senza avere l'importanza della pergamena, riguardassero quel segreto, e gli convenisse conservare, o distruggere.
Ma nulla trovò che avesse rapporto col cavaliere dell'Isola.
Allora si assise dinanzi ad uno scrittoio, e vi rimase immobile, pensieroso. La sua fisonomia in quell'istante, tetra e cupa oltre ogni dire, faceva un singolare contrasto collo splendido sole che penetrava a larghi sprazzi nel gabinetto.
Sì!... mormorò finalmente: io voglio ottenere il silenzio di tutti, e l'otterrò!... Voglio che il fratello di mio padre, od i suoi eredi non vengano mai a reclamare ciò che... ciò che loro appartiene!.. direbbe donna Livia ed anche quel benedettino temerario.... Se veramente colui non vuole obbedirmi, se ne pentirà, lo giuro!... Ah! se il pensiero di alienarmi troppo donna Livia non mi trattenesse, avrei forse già castigato quel frate; ed in un modo o nell'altro obbligata donna Rosalia al silenzio!... Ed il conte, che questa notte osò quasi minacciarmi... Anche per lui lo troverei il mezzo!... Oh, sì lo troverei!... Eppure niuno è colpevole come mia moglie!... nessuno avrebbe ardito fare ciò che ella fece.... Ah, perchè sono io costretto ad essere seco lei tanto diverso da quello che sono con tutti gli altri?... Perchè mio malgrado sono trascinato ad amarla? più che ad amarla anzi; giacchè non è amore soltanto che io sento per lei... è delirio, è frenesia!... Arrossisco in pensarlo; ma... che fare?... Oh la ingrata!...
Egli si alzò.
Ma io non devo accusarla, aggiunse tra sè: non l'ho sposata forse contro il suo volere?... Non sapevo, non mi disse ella stessa che... Ah! ma come mi sorprendo ad occuparmi di lei sì sovente... per non dir sempre?... Ma sia
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