La pergamena distrutta | Page 8

Virginia Mulazzi
di eterne lagrime, il carattere eccezionale della duchessa poteva spiegare in parte l'ascendente ch'ella aveva su don Francesco. Per altro, se non ne fosse stato tanto innamorato, è certo che la temerità di donna Livia, com'ei la chiamava, avrebbe potuto costarle assai cara: e questa volta, nell'affrontare la volontà del marito, ella aveva pensato poter correre pericoli reali.
Dopo averla lasciata, il duca si era dunque occupato del padre benedettino.
Ma il monaco poteva essere ancora al capezzale del morto: e prima di recarsi al convento, don Francesco se ne informò dai domestici.
Gli fu risposto che il frate era partito da qualche tempo per un paesello vicino, che gli nominarono, e ch'ei doveva essere ancora per via.
Don Francesco pensò che con un buon cavallo gli sarebbe facile raggiungerlo. Preferiva parlargli sulla strada, anzichè entrare nel convento, ove la sua presenza farebbe un chiasso che non si curava di provocare. Poi il segreto sull'affare, che tanto gli premeva, verrebbe certo più facilmente serbato.
Ordinò dunque gli si sellasse tosto un cavallo, e quando questo fu pronto, gettatosi sulle spalle un ricco mantello, partì.
Era nel mese di gennaio, come fu detto. L'aurora, spuntava appena; sicchè il freddo era abbastanza vivo.
Il duca cavalcava pensieroso, colla maggior rapidità che consentisse il terreno ineguale: poichè il villaggio additatogli era situato nella direzione dell'Etna, di cui il sole cominciava a colorire la vetta.
Ma tratto tratto don Francesco si arrestava, onde osservare innanzi a sè. Cominciava ad impazientarsi di non scorgere il frate. Finalmente lo vide; mise il cavallo al galoppo, ed in pochi istanti gli fu vicino.
Quegli si era già rivolto, e si scosse riconoscendo il duca. Che vorrebbe da lui? Ahi, che temeva d'indovinarlo! Indirizzò al cielo una muta e calda invocazione, e salutò rispettosamente don Francesco.
Questi rispose con un leggiero cenno del capo; indi:
--Devo parlarvi, padre, gli disse, e con accento alquanto imperioso, senza perdere tempo continuò:--Mi risponderete come vi parrà; ma, rammentatevelo bene, con precisione, con chiarezza.
In quell'istante il povero benedettino aveva a sopportare non soltanto l'abituale alterigia del duca, ma anche tutta la collera che questi sentivasi in cuore per tante cagioni, e che desiderava sfogare contro qualcheduno.
Quel frate non poteva davvero trovar don Francesco in un'ora peggiore.
--Vi ascolto, Eccellenza, rispose.
--Voi, riprese il duca, avete confessato mio padre, ed egli vi ha confidato un segreto.
--Ebbene?
--Ebbene, quel segreto io voglio sia sepolto per sempre: sicchè, mi comprendete.... Guai a voi se lo aveste a svelare!
--Ma la mia coscienza....
--Che coscienza! interruppe don Francesco: cosa c'entra la vostra coscienza in un affare che riguarda soltanto la mia famiglia? Vorrei vedere che ve ne immischiaste!...
E volse sdegnosamente il capo.
--Vostro padre dopo la confessione, disse il benedettino, mi aveva incaricato di svelare quel segreto; dunque....
Anche questa volta il marito di donna Livia non lo lasciò continuare, e:
--Questo non è affar vostro, ve lo ripeto: d'altronde il povero duca non ragionava più: era fuori di sè:... e voi dovete convenirne, se vi preme la vostra vita: od almeno dovete obbedirmi.
--La mia vita è consacrata a Dio, e nulla mi dorrebbe perderla in servizio suo,--rispose il frate con qualche esaltazione.
--Oh, non declamazioni, ve ne prego! Vi ho già prevenuto; vi ho detto di rispondermi con precisione, con chiarezza. Alle corte, tacerete?
Il benedettino rimase silenzioso.
--Che? pensò il duca, avrei dato anche in un frate che non ha paura? Non so cui mi tenga dal finirla a dirittura con costui!... Ma....
Ei seppe contenersi.
Don Francesco non era uno di quei signori scapestrati che si gloriavano delle loro prepotenze. Egli invece desiderava coprire con un velo abbastanza fitto le sue. Sino ad allora non aveva avuto occasione di usarne molte, grazie al suo carattere freddo e pochissimo inclinato ai piaceri. Assai gli premeva d'altronde esser tenuto per degno capo di una casa illustre: e siccome la venerazione, che circondava i benedettini, e quella in particolare che si aveva per quel predicatore era grandissima, ei non volle per allora porre le minacce ad effetto, benchè ne sentisse gran voglia.
Pertanto non rinunciava certo allo scopo che si era prefisso. Solo pensò tentare altra via; poichè non era riescito subito, come lo aveva sperato, ad atterrire il frate.
Si volse a lui con una certa benevolenza mista di ironia, e:
--Credo comprendere, padre, le vostre reticenze, gli disse: voi non volete mancare alla promessa fatta al duca moribondo, senza che ciò torni.... a profitto di Dio--non è così!
--Che intendete? chiese il monaco un po' confuso.
--Intendo che con una buona somma data a voi.... perchè.... l'adoperiate.... come crederete.... in servigio del Signore.... vi disfereste dei vostri scrupoli.
--No, Eccellenza! esclamò il benedettino con indignazione.
Don Francesco fece un gesto di vivissima impazienza.
--Osereste rifiutare? chiese con alterigia anche maggiore del solito.
--Ma io non devo, non posso mancare a' miei doveri!
In quell'istante il duca riflettè che il monaco non era presente quando donna Livia aveva dato alle fiamme la pergamena: pensò approfittare di tal circostanza.
--Del resto,
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