La disfatta | Page 7

Alfredo Oriani
nella sua semplicità scientifica,
nessuno rispose. Poco dopo il dottore, andandosene con De Nittis,
passò nella camera di Bice.
Ella aveva ubbidito, era a letto. Invece di tastarle il polso, egli le pose
carezzevolmente una mano sulla fronte.
--Ho detto a Rosa che domattina vi prepari la polenta cogli uccelletti:
ho indovinato?--gli domandò due volte sorridendo.
Bice aveva sul cuscino un magnifico gatto, con la testa quasi più grossa
della sua, e due grandi occhi chiari.
--Almeno non leggere;--egli le rispose brontolando.
E uscì, dopo averle rimboccato la punta delle coperte sotto il capezzale.

II.
La mattina a colazione Bice pareva più calma. Nullameno il suo pallore
aveva quei toni cerei, che fanno quasi dubitare della presenza del
sangue, dando alla pelle l'apparenza di una cosa morta. Invece il dottore,
sempre in piedi per tempissimo, e a quell'ora già collo stomaco alacre,
divorava ogni cosa con appetito giovanile cercando d'incitarla; poi era
venuta anche la contessa Ghigi per condurlo da una sua protetta povera.
Quella mattina Ambrosi era di buon umore, giacchè solamente a sera,
dopo aver girato ed altercato cogli infermi della sua vasta clientela, lo
riprendeva una stanchezza irritata della vita.
Nessuno aveva ancora fatto la più piccola allusione alla visita del
tenente Lamberto volendo, per una squisita raffinatezza, lasciare più
libera Bice in quella suprema decisione della sua vita. Anche la vecchia
Rosa, sempre colla solita cuffia e quel fazzolettone sulle spalle,
mangiava coi padroni.
A tavola serviva un altro cameriere, attempato, corretto nei modi, senza
quella affettazione dei domestici di grandi case, che pare un
complimento imposto alla loro servilità verso l'importanza dei signori.
Le due dame parlavano vivamente di un'impresa, che le preoccupava da
lungo tempo: l'idea era stata della contessa Ginevra, ma senza l'aiuto
dell'amica non vi si sarebbe mai accinta. Si trattava di una casa, nella
quale accogliere i bambini, che le mamme operaie sono costrette ad
abbandonare nel giorno, andando al lavoro; occorreva quindi un buon
numero di brave donne, ed alcune fra esse al caso di fare da balie, per
custodire ed allattare i piccini nella giornata. Al momento, da casa
avrebbe servito una delle molte, che la contessa Ginevra possedeva
nella città; ma la somma per adattarla a tale uso, e per pagare le spese
vive di esercizio, mancava, giacchè si sarebbero dovuti nutrire ad un
tempo i bambini e le sorveglianti. Di notte lo stabilimento resterebbe
chiuso.
Il problema maggiore era però, se le mamme avessero o no a versare
una minima quota giornaliera per bambino: la contessa Maria avrebbe

preferito una beneficenza compiuta, l'altra con intenzioni più moderne
sosteneva, che non si dovesse esonerarle anche da tale piccolo
sacrificio per non diminuire in esse il già scarso sentimento della
responsabilità materna.
La loro discussione si accalorava, senza che il dottore, incredulo in
fatto di beneficenza, mostrasse di interessarvisi; ma siccome Bice era
ricaduta in un silenzio inquietante, le due signore si arrestarono. Il
dottore s'impazientò: uso ad attaccare sempre di fronte malattie e malati
credette bene di eccitare Bice.
--A che ora verrà il tenente Lamberto?
La contessa Ginevra gli fece un cenno inutile.
--Alle due.
--Va benissimo.
Ella lo guardò curiosamente.
--Questa notte dormirai, ecco tutto, o io sono più bestia che medico: il
caso è frequente nella nostra professione.
--Voi dunque sapete quello che risponderò?
--Te lo dirò stasera, prima che tu mi racconti la cosa: vedrai se ho
indovinato.
La ragazza guardò la zia Ginevra e la contessa Maria, quasi
interrogandole se fossero anch'esse della medesima opinione.
Un sentimento di rivolta le saliva dal cuore a vedersi così prevenuta
nella decisione suprema della propria vita, ma sui loro volti affettuosi
non scorse che una preoccupazione repressa: Bice indovinò che
temevano una risoluzione contraria a quella del dottore.
--Dottore,--disse Bice appoggiando un gomito sulla tavola ed
abbandonando la testa sulla palma della mano,--checchè avvenga mi

darete sempre la vostra approvazione?
--Sì,--egli rispose francamente.
Non parlarono più.
Il dottore, accorgendosi di aver fatto tardi a tavola, si alzò bruscamente,
ma dovette promettere alla contessa Maria di lasciarsi trovare alle tre
nella solita farmacia; ella passerebbe a prenderlo colla carrozza per
accompagnarlo dalla sua nuova protetta, un caso straziante, forse
irrimediabile. La contessa Ginevra doveva fare delle visite.
--Vuoi che resti teco?--chiese a Bice cingendole con un braccio l'esile
vita, e baciandola sulla fronte.
--No, zia, andate pure.
La contessa era indecisa; un'onda d'affetto le traboccò dal cuore.
--Oh, Bice mia, sii forte!
Quando tutti se ne furono andati, ella tornò con Rosa nel proprio
appartamentino, e si fece vestire. Malgrado la sua sgraziata figura, Bice
era sempre di una eleganza tanto più squisita che non ne traspariva
alcuna civetteria; laonde molti dicevano che vestiva all'inglese per
satireggiare con questa parola male appropriata la severità delle sue
stoffe e l'indifferenza colla quale le portava. Appena le due cameriere
ebbero finito, sotto
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