venga qua e discorriamo. Prima di tutto, ci diamo del tu, dunque?
RAIMONDO.
Te l'ho già detto: con gran piacere. Sei tu che pare non ci riesca....
NICOLETTA.
Io riesco in tutto quello che voglio. Soltanto, per riuscire più in fretta, ho bisogno di sapere se siamo amici.
RAIMONDO.
Che domanda!?
NICOLETTA.
Sino a ieri l'altro tu non eri un amico per me!
RAIMONDO.
Da capo! è un'idea fissa!
NICOLETTA.
Non negare; a che serve?
RAIMONDO.
Io non so che diavolo ha potuto dirti, o lasciarti credere, o supporre Piero. Già, un innamorato come quello perde la testa e non sa più quello che dice.
NICOLETTA.
L'hai sconsigliato, o no, dallo sposarmi?
RAIMONDO.
Se non ti conoscevo? Se non sapevo chi tu fossi?
NICOLETTA.
Ti sei informato, hai scritto, di laggiù, a degli amici di qui.
RAIMONDO.
Questo è abbastanza naturale. Quando Piero mi annunziò che aveva conosciuto la signorina Nicoletta De Rienzi, e che se n'era innamorato e che pensava di chiederla in isposa...
NICOLETTA.
E ti hanno dato, i tuoi amici fidati di Roma e di Milano, delle informazioni pessime....
RAIMONDO.
No. Mi hanno detto....
NICOLETTA.
Non ripeterlo. So quello che ti hanno scritto, e te lo ripeterò io stessa. E allora tu, naturalmente, hai sconsigliato Piero....
RAIMONDO.
Decisamente sei male informata. Gli ho scritto questo: "Non mi chiedi consiglio, nè posso dartene da qui. Ti dico soltanto: pensaci bene prima di decidere. Non sei più un ragazzo, sei un uomo serio, un galantuomo, un lavoratore; devi sapere qual'è la donna che ti ci vuole per farne la compagna della tua vita. Non lasciarti vincere da una passione che potrebbe essere passeggiera. Medita lungamente, studia bene la fanciulla di cui ti sei preso o ti pare di esserlo. Se è degna di te, sposala, Altrimenti rinunciavi, lascia Milano, fai un viaggio, distraiti, dimentica".
NICOLETTA.
Già, del resto, io non ti rimprovero, e non ti serberei rancore neppure se tu gli avessi detto chiaro e tondo: no, la signorina De Rienzi non è di quelle che si sposano, o, per lo meno, che un uomo come te deve sposare.
RAIMONDO.
E come glielo avrei detto?... Ma sai che quasi mi spaventi? Perbacco, mi faresti credere che le informazioni ch'io ricevetti furono molto.... ottimiste, o per lo meno, incomplete. Perchè ti assicuro che non furono tali da suggerirmi un simile consiglio. Tu vai più in là degli stessi informatori miei.
NICOLETTA.
Gli è che tutto è relativo. Chi mi conosceva bene a Roma, dove crebbi e vissi sino ai vent'anni, e a Milano dove venni ad abitare dopo, mi giudicava esattamente. Ma chi giudicava dalle apparenze, o per udito dire.... E poi, si sa, delle notizie sommarie che giungono da tre mila leghe di distanza, possono facilmente ingannare.
RAIMONDO.
Ma....
NICOLETTA.
Se ti dò ragione! In quello che hanno scritto ce n'era d'avanzo....
RAIMONDO.
Ma che cosa mi hanno scritto, in nome d'Iddio?!
NICOLETTA.
Vuoi che te lo dica io? Prima di tutto, che non avevo un soldo di dote.
Movimento di RAIMONDO.
No, scusa, per la gente seria e pratica, che ha esperienza della vita, questo è sempre un argomento fortissimo. E capirei perfettamente che tu....
RAIMONDO.
Mi giudichi male. Tutta la mia vita sta a dimostrare che sono un uomo disinteressato. La stessa mia rinuncia al grado e all'impiego, per ridurmi a vivere con quel poco che posseggo, e che spendo in gran parte per soddisfare una passione di viaggi istruttivi, è una prova di disinteresse. Ma ti dirò una cosa che non sai. Sono celibe perchè non ho potuto sposare, anni fa, una fanciulla che amavo e ch'era povera. E non la sposai perchè ella, lealmente, mi disse che amava già un altro uomo. Vedi?
NICOLETTA.
E sia! Andiamo avanti. Ti dissero ch'ero una ragazza cresciuta senza la mamma, poichè la mamma, pur non essendo morta.... più non esisteva.... per me; ch'ero stata allevata da una zia, sorella di mio padre, buona donna, ma niente altro che buona donna; e che il papà era uno spirito bizzarro, un misantropo, dedito soltanto ai suoi studi, certi studi di astronomia, ch'erano anch'essi una prova della stranezza del suo carattere. Il babbo non si occupava di me, e la povera zia non riusciva a frenarmi, a dominarmi, a educarmi.... all'italiana. E così, i più benevoli dicevano ch'ero allevata all'inglese. anzi all'americana, con una libertà di modi e una noncuranza delle forme da far strabiliare ogni onesto e assennato borghese? Nevvero? è così? Sono esatta?
RAIMONDO sorridendo.
Press'a poco.
NICOLETTA.
Entrando nei particolari, ti raccontavano dei fatti enormi, di una impudenza inaudita. Andavo a cavallo, sola, ogni mattina, a Villa Borghese, e non arrossivo e non svenivo per la paura se dei gentlemen o degli ufficiali mi si mettevano a lato, nei viali. Anzi, chiacchieravo con loro, e, incredibile ma vero, accettavo delle sfide di corsa, nelle quali, e non per troppa bontà dei cavalieri, giungevo prima, sovente, per varie lunghezze. Te l'hanno scritto questo?
RAIMONDO.
Come sopra, accendendo una sigaretta.
Sì.
NICOLETTA.
Togliendone una dall'astuccio.
E che fumavo?
RAIMONDO.
Sì.
Le offre il fuoco
NICOLETTA.
In pubblico?
RAIMONDO.
Questo particolare non lo ricordo. Ma non ha importanza. Sono sempre meno gravi le cose che si fanno in
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