La contessa di Karolystria | Page 4

Antonio Ghislanzoni

per me, l'altra per voi. Va bene così?... Mi occorrerebbe ancora, per
ingannare il tempo alla meglio, un buon sigaro di avana.... Nelle
taschette del mio soprabito ne troverete di eccellenti... Favorite!... Mille
grazie... Ora, non più indugi! Salite a cavallo, e partite di galoppo...
Cioè... aspettate!... Sarei io troppo indiscreto, o signora, se osassi,
prima che ve ne andiate, di informarmi del vostro nome?
--Eccovi la mia carta di visita... Oh! la smemorata...! Cercava la mia
carta nelle tasche del vostro soprabito... Ebbene: io mi chiamo Anna
Maria contessa di Karolystria.
Il visconte diede un balzo che proiettò sulla contessa una mitragliata di
foglie.
--Avete pratica della cittadella di Borgoflores? domandò egli con
qualche ansietà.
--Ci vado per la prima volta, signore.
--Ebbene, smontate all'albergo della Maga rossa. Spero fra un'ora di
raggiungervi, e di ridere un poco con voi della strana ventura che mi ha
procacciato l'onore di conoscere... personalmente una signora, la cui
fama era già pervenuta a me sulle ali della pubblica ammirazione.
Di là a pochi istanti, perfettamente abbigliata e più che mai seducente
sotto le flessuosità dell'abito virile, la contessa galoppava a briglia
sciolta verso la cittadella.

CAPITOLO II
«Lo giorno se ne andava» e il visconte sepolto nelle foglie, lo zigaro in
bocca, la rivoltella in pugno, attendeva colla fede del giusto, colla
sicurezza del forte, l'ora della liberazione.

Le tenebre non erano ancora tanto fitte, che l'occhio non potesse
discernere i contorni degli oggetti.
Un sordo calpestìo distrasse il visconte dalle erotiche fantasmagorie che
lo cullavano in quel letto ancora pieno di tepori e di profumi femminili.
--Così presto! pensò egli, rizzandosi sui gomiti. No! è inverossimile...
Non è scorsa mezz'ora dacchè la contessa è partita; impossibile ch'ella
abbia già rimandato il mio cavallo e i miei abiti. E poi, soggiunse il
visconte dopo aver ascoltato in silenzio, questo cavallo non batte la
strada maestra... lo scalpitìo è ammorzato dalle eriche e dalle foglie... A
buon conto, prepariamoci agli eventi!
Il visconte balzò in piedi, e appoggiandosi dietro un albero, prese di
mira, per quanto gliel consentissero le tenebre, il quadrupede che si
avvanzava alla sua volta.
Era una cavalla di purissima razza maltese, una cavalla che i nostri
lettori hanno già visto comparire in questo racconto; era, affrettiamoci a
dirlo, la elegante e baldanzosa puledra che poco dianzi aveva
costeggiato la selva, portando in groppa la contessa Karolystria.
Il visconte, vedendo la bestia soffermarsi, emise dal petto un _chi va
là?_ che avrebbe fatto indietreggiare un esercito di dragoni.
Nessuna voce. La cavalla scalpitava e dondolava la testa fiutando il
terreno.
L'intrepido visconte si slanciò, afferrò la bestia per le nari, e facendo
scattare il grilletto della pistola, proferì una minacciosa intimazione.
--Cos'è dunque codesto carico di stoffe addossato alla sella? esclamò il
visconte pienamente rassicurato di non avere a fare con malandrini.
Nulla più, nulla meno che un cumulo di stoffe; e i miei arguti lettori già
indovinano che quelle stoffe erano le spoglie della contessa di
Karolystria, il prezioso bottino di cui poco dianzi si erano impadroniti i
briganti.

Ed eccovi in poche parole la spiegazione dell'enigma. Mentre si
affrettavano verso il loro covo per dividere i gioielli e le vesti involate,
i tre aggressori della contessa erano stati sorpresi da una pattuglia di
carabinieri usciti in quel giorno stesso da Borgoflores a perlustrare la
foresta. Si impegnò una lotta tremenda. Fuoco di qua, fuoco di là, fischi
di palle, spezzature di crani, stramazzoni, capitomboli, urli di feriti,
bestemmie di moribondi. Frattanto, la puledra della contessa,
abbandonata ai suoi liberi istinti, avea ripreso il trotto per tornare sul
luogo dove i malandrini avevano consumata l'agressione, e appunto era
venuta a far sosta a pochi passi dal visconte.
Il visconte, rendiamo giustizia al di lui accorgimento, comprese in un
attimo ciò che in tal caso era ovvio a comprendersi. Si accostò alla
puledra, e accarezzandole il collo, le tolse di groppa la veste elegante di
amazzone, il bizzarro cappello ornato di piume azzurre, tutti gli
ornamenti, infine, e i gingilli preziosi che costituivano le spoglie della
mal capitata signora.
In quel luogo, in quell'ora, sotto lo stimolo della brezza che gli crespava
l'epidermide nuda, quegli indumenti muliebri erano pel visconte un
soccorso della provvidenza. Senza indugiare, egli se li pose
indosso,--gli andavano a meraviglia,--e dopo essersi abbigliato
completamente, spiccò un salto, fu in sella, e via di galoppo alla volta
di Borgoflores.
Quando il visconte giunse alla porte della città, le due sentinelle che
stavano di guardia incrociarono le alabarde, e un grosso commissario di
polizia, avvanzandosi, e trattenendo la cavalla per la briglia, intimò
pulitamente al nostro gentiluomo in gonnella di mostrargli il
passaporto.
Il visconte, leggermente turbato, riflette un istante e poi disse:
--È strano che in un paese tanto vantato pei suoi civili costumi, sussista
ancora la barbara
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