monti Tifata, Vesuvio, e degli Appennini che lo ricingono da un lato, ardono di luce vermiglia, che a mano a mano degradando nelle montagne pi�� lontane si smarrisce nel buio della notte sorvegnente, come il tempo si confonde nella eternit��. Soave spira il venticello della sera, che ora sommuove a fior di ala la marina, ora lambisce l'alito odoroso del melarancio, dell'alo��, e di ogni pi�� doviziosa pianta dell'orientale vegetazione, che allegra le coste di Posilipo e di Mergellina, e quasi per vaghezza ne circonda il passeggero, e lo sospinge al cielo come un tributo che offre la terra al suo Creatore. Dolce suona il canto della sera col quale il vassallo si annunzia da lontano alla sua famiglia. Dolce s'inalza l'inno del saluto che il pescatore volge alla luna sorgente dai monti opposti, mentre co' remi percuote a misura le onde del golfo di Napoli. Bella �� la tua terra, o infelice contrada, bella quanto il paradiso terrestre nei primi giorni della creazione!
Ma sotto una volta del castello capuano, splendida dimora del Re Manfredi, che mena ai giardini reali, un giovane insensibile a tanta magnificenza della Natura traccia sopra la sabbia disordinati segni con la punta della spada. Bello e maestoso si presenta allo aspetto: i biondissimi capelli divisi in mezzo alla fronte gli pendono gi�� per le spalle; il volto per ogni parte leggiadro; ma i suoi grandi occhi azzurri spesso si avvolgono ferocemente sotto le ciglia abbassate, spesso si fissano immobili, e in diversa direzione, per la intensit�� del pensiero, come se osservassero alcuna cosa al di l�� di questo mondo. Sopra la sua fronte sta un segno che non vide mai la fronte della giovinezza. Qual cosa pu�� avere impresso questo marchio inamabile degli anni su la testa di colui che ne vide trascorrere venti soltanto? L'amarezza dell'anima numera gli anni nel volto del travagliato, e quel segno sta sopra il suo capo come la corona del dolore.
Sciagurato! Non carezza materna acquiet�� mai il suo pianto; non bacio di padre lo rallegr�� nei giorni della infanzia; egli non conobbe padre, n�� madre. Sta nella vita come pianta nel deserto.--Ricerca la sua memoria, e trova in quella la solitudine dell'intelletto: solo lontano lontano alcune rimembranze di sangue.... ma confuse, ma oscure per modo, che invano si sforza richiamarle pi�� specialmente al pensiero. La sua anima arde quanto il sole sotto il quale egli nacque; la sua nascita lo affanna: un senso segreto di grandezza lo travaglia; anela una cosa che neppure egli conosce; vorrebbe con uno sguardo penetrare nei misteri della creazione, vorrebbe con un moto dominare i popoli della terra, vorrebbe essere un Dio con gli attributi dell'uomo, o un uomo con la scienza e la folgore di Dio. Ma l'alta fantasia, considerando il suo misero stato, sviene nello ardore della immagine; il suo cuore allora geme straziato dall'angoscia, sente tutto il tormento del delirio dell'ambizione. Forse questo fuoco avrebbe da gran tempo consumato la sorgente della vita, dove una forma di celesti sembianze non gli sorgesse nell'anima, e ne acquietasse alcuna volta le tempeste. Certo, quello �� un amore disperato; e ben degno di lui. Il solo pensiero, se gli uomini potessero conoscere il pensiero, sarebbe punito. Uno scudiero osa sollevare lo sguardo alla figlia de' Re? Quali sono le sue speranze? Confida che la vergine del sangue svevo piegher�� il cuore fino a lui? Conosce i pericoli, pensa ai tormenti che sono per occorrergli? Egli ama, e disperatamente ama.
Ma i suoi sguardi da lungo tempo insensibili a quanto di pi�� solenne gli profferiva la Natura, si affissano a un tratto su la magione del figlio di Federigo. Il castello capuano sembrava veramente dimora da Re: ma se per la mole appariva quale la creatura memore esser parte del Creatore pu�� immaginare, per la sua fortezza era pur quale il tiranno nell'agonia della paura pu�� eleggere: conciossiach�� Guglielmo il Tristo della stirpe normanna a difesa della propria vita lo fabbricasse. Mura grossissime, frequenti torrioni, cavalieri, baloardi, e tutti gli accorgimenti che l'arte nel dodicesimo secolo consigliava, erano stati adoperati per sicurare il tiranno tremante: ma invano!--dove la vendetta degli uomini manchi, veglia il giudizio di Dio: egli moriva, e non di ferro: ma la sua stirpe fu spenta; il trono fondato dal valore di Roberto Guiscardo, e dal Conte Ruggiero, cadde sotto la eterna giustizia, che i delitti di Guglielmo I fece scontare allo sventurato Guglielmo figlio di Tancredi Conte di Lecce.
Federigo II volle rendere pi�� lieto il castello, allorch��, condusse, a Napoli Niccola Pisano, il pi�� grande artefice del suo secolo, e gli commise la cura di adornarlo. Ma il genio dell'architetto pieg�� suo malgrado alla vista dello edifizio che migliorava, e i suoi trovati non fecero che aumentarne l'orrore.--Cos�� l'armonico Trovatore se nel silenzio della notte si avvisa cantare la canzone giocosa, gli
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