La battaglia di Benevento | Page 7

Francesco Domenico Guerrazzi
lieto il castello, allorchè, condusse, a
Napoli Niccola Pisano, il più grande artefice del suo secolo, e gli
commise la cura di adornarlo. Ma il genio dell'architetto piegò suo
malgrado alla vista dello edifizio che migliorava, e i suoi trovati non
fecero che aumentarne l'orrore.--Così l'armonico Trovatore se nel
silenzio della notte si avvisa cantare la canzone giocosa, gli sfuggono
suo malgrado mestissime note, e finisce con la ballata del dolore.
La luna, che tutta lieta di trascorrere i cieli, non cura se in terra sia
maladetto o benedetto il suo raggio, e lo diffonde sul volto dell'amante
che accelera col desio l'ora del colloquio di amore, e sul volto del
sicario che si slancia dalla tenebra, stende il colpo, e ritorna nella
tenebra, manda la sua luce sul castello capuano. Le parti illuminate di
questo edifizio sembrano anche più grandi pel contrasto delle ombre in
cui le altre parti sono sepolte. Alcuni torrioni paiono non aver
fondamento sulla terra, e starsi così sospesi per l'aria; altri mezzo
rovinati; e presentano alla fantasia uno di quei castelli che i romanzieri
descrivono nelle loro leggende: dove gli spiriti maligni si ragunano a
celebrare il nefando sabbato e a inebbriarsi di sangue. La calda
immaginazione dell'osservatore può vedere avvolgersi per quelle rovine
lo spettro di Guglielmo il Malvagio condannato a visitare la casa da lui
eretta, abitata da stirpe non sua; e può sentire il singulto dell'ira, o della
coscienza, ch'ei manda nella disperazione dell'anima.
Tale era lo edifizio che il giovane considerava. Poichè l'ebbe con
lentissimi sguardi e più volte misurato, scosse la testa, e parlò: «L'opera
della tirannide è grande quanto l'opera della generosità.... La paura ha
dato il suo sublime, come lo ha dato la pompa.... il buono e il tristo

produssero parimente le maraviglie del volgo, che sono la compassione
della debolezza umana per coloro che han cuore.--Santa Maria! Che
cosa egli è mai questo castello? Che i tesori che trovò Manfredi in
Luceria? Che la potenza di Federigo Barbarossa, e di Federigo II? Essi
non poterono conquistare la Italia: quegli fu arrestato da mura di creta e
di paglia; questi disfatto da gente, dalla quale si allontanava per non
vedere la morte.¹ E poi che sarebbe l'impero d'Italia, quello del mondo?
Potresti essere il più grande di tutti i mortali, ma pur sempre mortale; il
più forte tra gli uomini:--ma chi vanta nel braccio la forza del turbine?
Il più sapiente dei figli della terra:--ma chi ha lo intelleto dei figli del
cielo? Pure l'anima mia potrebbe questo sentimento che mi travaglia la
vita obliare o almeno lenire, dove potessi posare la testa sul seno.... di
cui? Non l'ho io nominata? Non sono i passi di uomo questi che si
allontanano?--No... tutto è tranquillo. Fino tremare di nominarla! O
capuano! io sarei contento delle tue mura; o soglio del mio Re,
comunque angusto, mi giungeresti ben grato, dove io mi vi potessi
sedere con quella che ho fatto donna dei miei pensieri? Io ho amato
sempre il trono perchè mi sento nato per quello: ora poi questo
desiderio è diventato furore, perchè in altro modo che sul trono non si
può vivere con lei.... nè, se si potesse, il vorrei.... Ma io sono un
oscuro.... nudrito per pietà in casa non mia, costretto a servire con
mente da dominare.... non conosco padre nè madre.... e devo tremare di
conoscerli, perchè forse il mio nascimento va macchiato con nota
d'infamia.»
¹ Il Barbarossa nel 1175 fu costretto a levare l'assedio d'Alessandria
detta della Paglia per la ragione esposta. L'esercito di Federigo fu
disfatto nel 1248 dai Parmigiani, mentre egli sicuro del conquisto di
Parma si allontanava dal campo per sollazzarsi alla caccia del
falcone.--Vedremo in seguito questi fatti.
E qui tacque: un pallore mortale gli si diffuse pel volto: stette immobile
con intentissimi sguardi, e con la bocca mezza aperta, come il
tormentato dalla sete; giù per le guancie gli trascorrevano grosse stille
di sudore che gli scaturivano frequenti dalla fronte, quasi spremute dal
cervello compresso dall'angustia. Dopo alcun poco il sangue tornò
impetuoso per modo a infiammargli la faccia, che le vene inturgidite e i

muscoli dilatati pareano doversi spezzare alla violenza del moto: allora
tutto il suo corpo si agitò convulso, e si pose ambe le mani sul capo
quasi per impedire che si rompesse. Stato tanto miserabile non poteva
prolungarsi più oltre, ed egli cadde gemendo sopra un sedile di pietra.
«Oh questo non può durare,» dopo lunga ora riprendeva in fievole
accento «non può durare, nè durerà.--Poichè la morte è certa, proviamo
morire con ardimento, e sveliamoci.--Con ardimento! Ma questo
potrebbe fruttare l'onta del rifiuto; e mentre stimava morire da generoso,
sarò sprezzato dall'orgoglio, e forse vilipeso come stolto. Santa Maria!
Che vita è questa dove la pratica di una virtù partorisce il frutto del
delitto,
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