corpo mi s'�� mosso e dole, Anima mia, hor che vorra dir questo? E del letto esci, e senza piu parole E 'l lume piglia, et va ratto, e par mesto. Come la turba, che l'aspetta, il vide, Da compagnona smasselando ride.
Dopo le risa, si conchiude ch'uno Gentil giovane vada �� principiare Il meritato honorevol trentuno, Col qual s'ha la Zaffeta �� disgradare. Hora 'l buon sotio senza indugio alcuno In camera entra, e comincia �� cantare Con il Priapo in man sodo in un punto Questa canzone allegro in contrapunto:
La vedovella, quando dorme sola, Lamentarsi di me non ha ragione... Quand'ode il suono d'una tal parola La traditrice di tante persone, Che piu fuggir non puo, s'ella non vola, Ne i capelli et negliocchi le man pone, Che ben s'accorge che 'l trentun vien via, Per castigar la sua poltronaria.
Eccoti il sotio, c'ha in mano un ferale, Che vol veder pur la Zaffetta in viso, Visto ch'ei l'ha, con bel parlar morale Disse: Signora, i vengo �� darvi aviso Come sta notte un trentuno reale Quel che v'adora vuol darvi improviso; Et pregha, se non �� qual meritate, Ch'accettando 'l buon cor gli perdoniate.
Quand'ella sente la festa annontiarse, Al minacciar zaffesco �� un tratto corre, Et vol del sangue di colui satiarse Che la verginita l'ardiva �� torre. Con puttanesco pianto �� humiliarse Comincia poi, perch'�� savia, e discorre Che 'l gentilhuom secondo del trentuno Chiavato ha dietro Borrino et ognuno.
Dicea la Zaffa borse �� una Signora, Ch'in Vinegia ciascun la prima tiene, Ch'�� fanciullina e 'l latte ha in bocca anchora, �� dar questo trentun non fassi bene. Deh Dio! ah Dio! volete voi ch'io mora, Magnifico Messer dolce e da bene? Se sta notte salvate l'honor nostro, Questo dritto e riverso �� tutto vostro.
E duo sessi squinterna, in cui le frappe D'alcun che l'ama ogni vertu colloca. Ma 'l trenton, che le tocca e coscie e chiappe, Disse ch'ell'ha carne di grua e d'oca, Riccamata di brozze, come cappe, E negre, e schiffe in morbidezza poca. Non puzza, no, perche caccia i fetori De la bocca et de i piei con mille odori.
Il giovin nontio del trentun gentile, Ch'�� la libera vive per natura, La conforta �� far animo virile, Tal che la Zaffa stringhe, entra in bravura, Et chiama un'atto di persona vile Chi vendetta di far con donne cura; Ond'ei, ch'entreria in colera con Dio, Disse: Voltati in la, potta di Dio.
Voltassi in la col capo humile e basso Sua Signoria, et ei, drizzato 'l stocco, Dietro �� la porta glie 'l messe per spasso, Non da lussuria, ma da un grizzol tocco. E qui ��, Signor, da notar un bel passo, Per cui �� Chioggia invidia ha Malamocco. Non so s'�� me' tacerlo o meglio dirlo, Ma serri gliocchi chi non vuole udirlo.
Lo stocco di quel giovane ch'io dico, Essendo duro, parea proprio un sasso; L'ostreghe che 'nghiotti la Zaffa amico Andando vive pel suo corpo �� spasso, A quello s'aggrappar con forte intrico. Sentendo questo il gentil'huomo, un passo Tirossi in dietro; e 'l stocco dischiavato, D'ostreghe 'l vide tutto riccamato.
Et cosi, com'egli era, uscendo fuora, Il miracolo �� i sotii mostro chiaro. Le risa che di cio fur fatte allhora, Non ve le contarebbe un calendaro; E mentre le reliquie la Signora Tenea scoperte, e facea pianto amaro, Eccoti un pescator pazzo e bestiale, Ch'un mezzo braccio ha lungo il pastorale.
Et senza dir: Cor mio, ne dar conforto, �� lei s'aventa e la gran lancia arresta, E con un guardo villanesco e torto Le coscie l'apre, et incartolla �� sesta. Grido la Zaffa: Matti, tu m'hai morto; E su la sponda inchinando la testa, Stette tanto in angoscia et in dolore, Che venne un'altro in cambio al pescatore.
Questo quarto �� chiavarla parse �� lei Pur pescator, ma di natura pia, E 'nginocchioni lanciosegli �� i piei, Dicendo: Huomo da ben, chi tu ti sia, Se mi scampi di man de i farisei, Facendomi fuggir per qualche via, Queste gioie et catene vo donarti, Et diece e venti volte contentarti.
Non voglio gioie, non voglio catene: Vo fotter, disse Marcon �� la pace; Et voltatala in giuso con le schiene, La balestra scarco due volte in pace. Dopo costui un barcaruol ne viene, Che 'l chiavar di buon core piu gli piace, Che la merenda non fa su la barca, Se bee senz'acqua al boccal vin di Marca.
Mentre Ser barcaruol facea i suoi fatti, Ecco �� la porta una quistione appare, De la camera dico, perche ratti I Chioggiotti son corsi per chiavare, Come su i coppi di Genaro i gatti Corron con incazzito imagolare; E la Zaffa barette ahime dicea, E 'l gentilhuom di fuor le rispondea:
Madonna mia, il mondo �� fatto �� scale. Sempre non ride del ladro la moglie. �� Chioggia
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