La Zaffetta | Page 9

Lorenzo Veniero
giu come balorda.
I Signor cinque e i capi de i sestieri, À cui n'ando la querela volando, Ridendo de i
carnefici cristeri, Di far l'esecution la van soiando; Onde i terrieri e tutti i forestieri Del
bene merto suo vanno parlando, Tal che per tutta Italia ognuno canta Numero otto, id est
numero ottanta.
L'Angela stassi peggio che romita In cordoglio, in silentio, sobbria e casta. Passan sei
giorni, è presso che guarita. Altro non dice, co i suspir, che: Basta. Gia la vergogna l'è di
mente uscita. Non sentendosi piu ne i sessi guasta, Piu sfacciata che prima, ladra e ghiotta,
In su'l balcon fa la Regina Isotta.

Forse che pensa diventar migliore, Non soiar, non tradire et non rubbare? Forse che pensa
al suo perduto honore, Ch'una puttana farla vergognare? Ma pensa piu che mai cavare 'l
core À quelli che la corron'à adorare, Et per una vestura in nuova foggia, Vol far la pace
col trentun da Chioggia.
Io non mai ho parlato à la Zaffetta, Et l'havea per Signora alta e divina. Ma 'l conte
Urluro in ca di Vienna, letta M'ha la ribalda sua vita assassina, Ond'io tengo piu buona et
piu perfetta La mia Errante Helena Ballarina; Et se l'Errante è da ben piu di lei, Iddio
Cupido, miserere mei.
Hor le puttane, c'han l'arlasso inteso, Si risseraron sbigottite tutte, Fra lor pensando s'han
qualch'uno offeso, Che caccan di mangiar di quelle frutte; Et s'un cento ducati havesse
speso, Non mai di casa fuor l'havria condutte; Ne à Lio, ne à la Zuecca, o in barca vanno,
Tanta paura di quel trentun'hanno.
Ma Dio volesse, puttane mie care, Che l'esempio di lei vi fosse in core, Che saria cosa
santa il puttanare, Et ci s'acquistaria spasso et honore. Se, quando un gentilhuom vi vol
chiavare, De la Zaffa pensaste al dishonore, Dicendo voi di si l'osservereste, Et le vie
d'ingrandirsi sarian queste.
S'un che v'ama, superbe cortigiane, Trovasse in voi punto di cortesia, Discretion ne la
bocca et ne le mane, Et stimare colui che vi disia, Con dir il vero anchuo, come domane,
Et non follate e soie tutta via, Senz'essergli ricchiesto, ei vi darebbe L'anima e 'l core, e
poco gli parrebbe.
Saria pur gran piacere à dir': Io amo Una donna ch'accetto ha'l mio servire, La qual vien
sempre à me quand'io la chiamo, Ne mi vol ingannar ne far fallire, Et senza lite ognihor
d'accordo siamo. S'io le do, piglia, et non ardisce à dire: Dammi, fammi, se non ti faccio e
dico, Ne à la taglia mi pon, come nimico.
Saria ben spilorcio e ben furfante, Un che la sua morosa ognihor chiavasse, E 'l suo
bisogno vedendol' inante, Come la vita sua non l'aiutasse. Ma gliè 'l bordel quest'esser
vostro amante, Et credo, se 'l thesoro un di v'amasse, Fallirebbe de l'altro, com'ha fatto
Per girvi dietro al cul questo e quel matto.
Un giunge in casa de la sua Signora, Et giunto à pena, vien via la massara Pe i soldi, pel
savon; poi esce fuora La madre, che par proprio il cento para; E tanto soia te la traditora,
Ch'uscir bisogna di natura avara. Eccoti adosso al fin la Diva corsa, Che bascia te, per
basciar poi la borsa.
Cuor mio, pare mio, vecchietto mio, Se mi vuoi ben, comprami trenta braccia Di raso, o
d'ormesin, c'hoggi 'l vogli' io. Ti bascia gliocchi, la bocca e la faccia, Tal che vi scapperia
Domenedio; Ne giova à te che tu 'l cattivo faccia, Perche 'l cotal, che ti si rizza, vole Che
le paghi co i fatti le parole.
Et mentre ti svaleggia e à sacco mette: Vien (dice) à dormir meco, e verrai presto; Et per
la propria sera ti promette; Et tu, coglion, corri à mandarle il cesto. Compri in persona
mille novellette, Che ti par che 'l tuo honor ricchieda questo, Et quel c'hai tu comprato,

un'altro cena: Tu stai di fuor, rodendo la catena.
Spassegiato quattr'hore pien di stizza, Tosto corri à vestirti à la foresta. Esci di casa, et
vuoi la slandra chizza Scannar, brusciar, con ira et con tempesta. Intanto il tabernacol ti si
rizza, Et à subbiar torni, et fai la voce mesta. La massara al balcon dice: Messere, State
un poco, e lasciatevi vedere.
In questo mezzo il martel, che lavora, T'apre la borsa, et volano i presenti, E al fin resti à
dormir con la Signora, Che ti squinterna mille sacramenti Che non puote cenar con teco
allhora; Et tu dici fra te: Porca, tu menti. Se Christo vuol ch'io mi snamori mai,
Com'un'huom s'assassina vederai.
La mattina ti lievi et mandi il fante Per la tua vesta, et lasci in casa à lei Da stravestir i
drappi, e la furfante Rubba ogni cosa con mani e co i
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