i cibi e i vestiti che si hanno oggidí con poca spesa, chiedo in grazia che si permetta senza disprezzo di poter proccurare nell'uomo un commercio di buona fede, quanto quello della cociniglia e dell'endico; che si permetta senza disprezzo, che si possano animar nell'uomo le bell'arti della virtú, de' costumi, dell'eloquenza quanto le manifatture de' panni e delle stoffe; che si permetta senza disprezzo che si possa coltivar l'animo e il cuore dell'uomo almeno quanto un gelso ed una patata. Consoliamoci con le nostre reciproche lusinghe d'esser utili alla societá, con le nostre reciproche speranze di renderci immortali, e tronchiamo le nostre prefazioni seccatrici reciprocamente.
CANTO PRIMO
ARGOMENTO.
La pace, l'ozio e i nuovi libriccini?cambian re Carlo Magno di natura.?Dietro al re quasi tutti i paladini?di poltrir solo e di sguazzare han cura.?Si fa nel primo canto agli Angelini,?agli Orlandi, a' Rinaldi la pittura,?agli Olivieri e all'altre alme famose,?perché il lettor s'informi delle cose.
1
Se non credessi offender gli scrittori?che han rotto con lo scrivere ogni sbarra,?e son fatti del mondo inondatori,?io canterei di Marfisa bizzarra.?Ma appena m'udiranno, usciran fuori?con gli occhi tesi e con la scimitarra,?gridando che lo stil non è moderno,?e daran di gran colpi al mio quaderno.
2
Io non vo' rattenermi tuttavia,?e farò come il Cardellina e Svario,?c'hanno l'interruttore dietrovia?al loro arringo che grida il contrario,?e seguono il parlar con energia,?con le ragion fondate del sommario,?buffoneggiando le voci accanite,?e finalmente vincono la lite.
3
Sien le ragioni del sommario mio,?se degli antichi autor seguo la traccia,?che invan per tanti secoli l'obblio?con essi ha fatto alle pugna, alle braccia.?Spesso in soccorso il vostro lavorio?egli ha chiamato a dar loro la caccia,
? susurroni, o scrittorei di paglia, ed ha sempre perduta la battaglia.
4
Ché dopo un breve tuono e un parapiglia?v'andaste in fummo o dileguaste in guazzi;?e fu la vostra quella maraviglia?delle cittá di neve de' ragazzi.?Cosí va chi aver fama si consiglia?dal rumorio di stolti popolazzi,?ch'oggi al poeta fan plauso e decoro?con la ragion che poi lo fanno al toro.
5
Segua che vuole a questo mio libretto,?di Marfisa bizzarra io cantar voglio.?Cantolla un altro e non ebbe concetto,?perché non dice il ver d'essa il suo foglio,?e 'l buon Turpino non aveva letto,?disprezzando gli antichi con orgoglio;?onde rimase con Paris e Vienna?ad aspettar qualche moderna penna.
6
Voi, che non isdegnate i versi miei?e de' nostri buon padri avete stima,?né vi curate de' furor plebei,?perché non giungon del Parnaso in cima;?voi, brigatella, in soccorso vorrei?sola all'oppressa mia povera rima;?voi ricogliete il parto, e fate nulla?l'arte che i figli nostri affoga in culla.
7
Io vi dirò siccome i paladini?cambiassero l'antico lor costume,?come mutaron gli elmi in zazzerini,?la guerra in sonno e in sprimacciate piume,?e come l'ozio e i nuovi libriccini?tolsero loro la ragione e il lume,?come la vecchia bizzarria Marfisa?cambiasse in nuova e i suoi casi da risa.
8
Di Filinor, cavalier di Guascogna,?conterò fatti che non sian discari,?se care son le gesta che vergogna?fanno a' ben nati cavalier suoi pari,?Pur, se il mal non è ben, non vi bisogna?udir per farvi a Filinor scolari,?ma sol per dar riforma alla natura,
? voi che somigliate a sua figura.
9
Vinto avea Carlo Agramante e Gradasso?e Rodomonte e gli altri suoi nimici,?e si viveva in pace fatto grasso:?tutti i re gli eran tributari e amici.?Vecchio e della memoria quasi casso,?solo avea briga a dispensar gli uffici?e qualche volta a por nuove gabelle,?del resto a tener morbida la pelle.
10
Mancato il capo, male sta la coda.?I paladin, veggendolo poltrone,?si dierono a' piattelli ed alla broda,?la state al fresco e il verno ad un focone,?ed a lagnarsi ch'era troppo soda?d'asse la sedia, e danno al codione;?donde inventaron sedie badiali,?sofá di lana e piume e co' guanciali.
11
A poco a poco l'agio e la quiete?gl'intabaccava sempre maggiormente;?le loro illustri imprese che sapete?eran lor quasi uscite dalla mente;?anzi ridevan spesso (or che direte?)?quando sentian raccontarle alla gente.?Alcun si vergognava aver ciò fatto,?e giudicava d'esser stato matto.
12
Se qualchedun si sentía male a' denti
? tosse o doglia o qualche altra magagna, tosto diceva:--Ecco il frutto de' venti e delle piogge della tal campagna.-- Pur nondimen mangiava ognun per venti, beveva vin da Scopolo e di Spagna, dormiva sodo e tenea concubine, a' passati disordin medicine.
13
Della religione il zelo santo,?per cui la vita a rischio posta aviéno,?era scemato e raffreddato tanto?che parea non ne avessino piú in seno.?Ne' dí di festa alla messa soltanto?ivan con rabbia o sonnolenti almeno,?e sol per uso o per veder la dama?ed attillati per acquistar fama.
14
I romanzieri dall'eroiche imprese,?dalle battaglie e da' sublimi amori?piú non si nominavan nel paese,?perché i moderni eran usciti fuori?co' fatti de' baron, delle marchese,?che mille volte si tenean migliori?per certe grazie, e cosí piú alla mano,?e assai piú confacenti al corpo umano.
15
Leggeano in quei siccome entro alle mura?delle vergini sacre ivan gli amanti,?come fuggían da quelle alla ventura?le donzelle ivi poste, andando erranti.?E vestite come uomo, alla sicura?dormian co' maschi del fatto ignoranti,?e il loro imbroglio al terminar de'
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