so che cosa al piano
superiore e, per rabbonirmi, mi propose di mettere un'altra persona al suo posto,
aggiungendo:
- Non è una cattiva donna e quando le avrò raccomandato di essere piú discreta, non le
darà altro motivo a lagnanze.
Nel desiderio di dimostrare che non davo alcuna importanza alla persona incaricata di
sorvegliarmi, mi dichiarai d'accordo di sopportarla. Sentii il bisogno di quietarmi, levai di
tasca la penultima sigaretta e la fumai avidamente. Spiegai al dottore che ne avevo prese
con me solo due e che volevo cessar di fumare in punto alla mezzanotte.
Mia moglie si congedò da me insieme al dottore. Mi disse sorridendo:
- Giacché hai deciso cosí, sii forte.
Il suo sorriso che io amavo tanto mi parve una derisione e fu proprio in quell'istante che
nel mio animo germinò un sentimento nuovo che doveva far sí che un tentativo intrapreso
con tanta serietà dovesse subito miseramente fallire. Mi sentii subito male, ma seppi che
cosa mi facesse soffrire soltanto quando fui lasciato solo. Una folle, amara gelosia per il
giovine dottore. Lui bello, lui libero! Lo dicevano la Venere fra' Medici. Perché mia
moglie non l'avrebbe amato? Seguendola, quando se ne erano andati, egli le aveva
guardato i piedi elegantemente calzati. Era la prima volta che mi sentivo geloso dacché
m'ero sposato. Quale tristezza! S'accompagnava certamente al mio abietto stato di
prigioniero! Lottai! Il sorriso di mia moglie era il suo solito sorriso e non una derisione
per avermi eliminato dalla casa. Era certamente lei che m'aveva fatto rinchiudere pur non
accordando alcuna importanza al mio vizio; ma certamente l'aveva fatto per compiacermi.
Eppoi non ricordavo che non era tanto facile d'innamorarsi di mia moglie? Se il dottore le
aveva guardato i piedi, certamente l'aveva fatto per vedere quali stivali dovesse
comperare per la sua amante. Ma fumai subito l'ultima sigaretta; e non era la mezzanotte,
ma le ventitré, un'ora impossibile per un'ultima sigaretta.
Apersi un libro. Leggevo senz'intendere e avevo addirittura delle visioni. La pagina su cui
tenevo fisso lo sguardo si copriva della fotografia del dottor Muli in tutta la sua gloria di
bellezza ed eleganza. Non seppi resistere! Chiamai Giovanna. Forse discorrendo mi sarei
quietato.
Essa venne e mi guardò subito con occhio diffidente. Urlò con la sua voce stridula:--Non
s'aspetti d'indurmi a deviare dal mio dovere.
Intanto, per quietarla, mentii e le dichiarai ch'io non ci pensavo nemmeno, che non avevo
piú voglia di leggere e preferivo di far quattro chiacchiere con lei.
La feci sedere a me in faccia. Proprio, mi ripugnava con quel suo aspetto da vecchia e gli
occhi giovanili e mobili come quelli di tutti gli animali deboli. Compassionavo me stesso,
per dover sopportare una compagnia simile! È vero che neppure in libertà io so scegliere
le compagnie che meglio mi si confacciano perché di solito sono esse che scelgono me,
come fece mia moglie.
Pregai Giovanna di svagarmi e poiché dichiarò di non sapermi dir nulla che valesse la
mia attenzione, la pregai di raccontarmi della sua famiglia, aggiungendo che quasi tutti a
questo mondo ne avevano almeno una.
Essa allora obbedí e incominciò col raccontarmi che aveva dovuto mettere le sue due
figliuole all'Istituto dei Poveri.
Io cominciavo ad ascoltare volentieri il suo racconto perché quei diciotto mesi di
gravidanza sbrigati cosí, mi facevano ridere. Ma essa aveva un'indole troppo polemica ed
io non seppi ascoltarla quando dapprima volle provarmi ch'essa non avrebbe potuto fare
altrimenti data l'esiguità del suo salario e che il dottore aveva avuto torto quando pochi
giorni prima aveva dichiarato che due corone al giorno bastavano dacché l'Istituto dei
Poveri manteneva tutta la sua famiglia. Urlava:
- E il resto? Quando sono state provviste del cibo e dei vestiti, non hanno mica avuto tutto
quello che occorre!--E giú una filza di cose che doveva procurare alle sue figliole e che io
non ricordo piú, visto che per proteggere il mio udito dalla sua voce stridula, rivolgevo di
proposito il mio pensiero ad altra cosa. Ma ne ero tuttavia ferito e mi parve di aver diritto
ad un compenso:
- Non si potrebbe avere una sigaretta, una sola? Io la pagherei dieci corone, ma domani,
perché con me non ho neppur un soldo.
Giovanna fu enormemente spaventata della mia proposta. Si mise ad urlare; voleva
chiamare subito l'infermiere e si levò dal suo posto per uscire.
Per farla tacere desistetti subito dal mio proposito e, a caso, tanto per dire qualche cosa e
darmi un contegno, domandai:
- Ma in questa prigione ci sarà almeno qualche cosa da bere?
Giovanna fu pronta nella risposta e, con mia meraviglia in un vero tono di conversazione,
senz'urlare:
- Anzi! Il dottore, prima di uscire mi ha consegnata questa bottiglia di cognac. Ecco la
bottiglia ancora chiusa. Guardi, è intatta.
Mi trovavo in condizione tale

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